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Il Medioevo contemporaneo: I "Vattienti" di Nocera Terinese.
Aprile 7, 2015

Vi racconto una storia: quella del paese Nocera Terinese e dei suoi abitanti. Il piccolo borgo è situato in provincia di Catanzaro, circondato da monti lussureggianti del verde incolto dei suoi alberi e dei suoi rovi. Qui e lì si vedono pascoli di pecore e contadini. Un borghetto particolare, molto carino e ben curato dagli abitanti ospitali e molto gentili, come spesso accade nei paesini dell’entroterra calabrese, che hanno fatto della loro cultura mitica un punto di forza.

Nocera Terinese durante la Settimana Santa si anima grazie alla presenza di “fuori sede” tornati a casa per le vacanze, di turisti e reportagisti che giungono per ammirare il famosissimo rito dei “vattienti” (i flagellanti), che tingono il paese di color rubino, quello del loro sangue.

Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.
Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

Appena giunti all’ingresso del borgo si ode il vociare dei fedeli e subito tra la folla si scorge la bellissima statua della Madonna con il Cristo portata a spalla dai membri della Confraternita vestiti in bianco con un serto sul capo che con grande devozione la fanno sfilare per le stradine inerpicate del paese molto lentamente, fermandosi sotto i balconi per benedire i suoi abitanti che bisbigliano delle preghiere percettibili solo per il muoversi incessante delle labbra.

Ad un certo punto in quella che potrebbe sembrare una normale processione ecco spuntare il primo vattente. Esce dal portone di casa con al seguito la madre che bacia molto dolcemente. L’uomo è vestito con una maglietta nera e con un pantaloncino della stessa tinta arrotolato al pube, porta in testa un panno tenuto da una pesante corona di spine, in una mano porta il “cardo”, un disco di sughero su cui sono fissate con uno strato di cera indurita tredici schegge di vetro appuntite a simboleggiare i dodici Apostoli e la figura di Cristo, le punte sono di egual altezza fatta eccezione di una, più acuminata raffigurante Giuda e il tradimento. Nell’altra mano tiene in mano la “rosa”, un secondo disco di sughero liscio con cui percuote le gambe. Il vattente è legato con un laccio ad un giovane simboleggiante l’Ecce Homo, proprio per sottolineare l’unitarietà delle due figure, di solito è un bambino con petto nudo e avvolto dalla vita in giù da un panno rosso che porta in braccio una croce rivestita da un nastro e sul capo porta un serto. Accanto a queste due figure vi è un terzo uomo, di solito un parente o un amico che versa sulle gambe del vattente un infuso di vino e aceto per disinfettare le ferite e prevenire la formazione di croste.

Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

Il suono del cardo percosso sulla carne è inconfondibile e subito sgorgano rivoli di sangue che creano una pozza rossa ai piedi del vattente mentre i muscoli vibrano visibilmente per la tensione. E ancora: la rosa passata sulla gamba, il vino versato e di nuovo il suono del cardo e così fino all’inchino alla Madonna per poi proseguire nella sua corsa verso le diverse stazioni religiose del paese.

Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

Mentre la Madonna prosegue il suo percorso, noi decidiamo di fare un giro per le stradine e arriviamo alla grande piazza che è ricolma di sangue secco sulle pareti, sul lastricato e sulle scale. Visiatiamo la bellissima chiesa e ad un certo punto di nuovo il suono del cardo sulla carne, esco di corsa e questa volta i vattienti sono tre, piuttosto giovani, che dopo aver sacrificato la loro pelle riprendono la corsa incessante, mentre le impronte dei piedi nudi sull’asfalto tradiscono la loro direzione.

Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

Nel momento in cui la statua della Madonna rientra in chiesa un grande applauso risuona per le stradine del borgo e i vattienti sono ormai rientrati in casa dove le madri, le moglie e le famiglie nel frattempo hanno preparato un infuso caldo con rosmarino che lava la carne flagellata e cicatrizza i minuscoli fori sulla carne.

Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

Alla visione del primo vattente mi sono molto stupita, non riuscendo a scattare nemmeno una fotografia nei primi minuti a causa della scena surreale del sangue che scorreva copioso sulle sue gambe, come se all’improvviso fossi stata trasportata nel Medioevo a mia insaputa, ma realizzato ciò che stava accadendo è stato un momento molto emozionante. Sono stata percorsa da un brivido, cercando di capire il perchè di questa flagellazione e di questo male auto-inflitto, ma poi capisci che ciò a cui stai assistendo, non è una finzione come un fotogramma tratto dal film Shining di Kubrick, con le strade e le pareti impregnate con impronte di sangue, ma l’autenticità di un sentimento, quello religioso dei devoti, che comprensibile o meno che sia, adempiono ad un voto fatto per ottenere una grazia o perchè già ottenuta. Una speranza, un patto da assolvere ad ogni costo.

Questa è la storia di alcuni fedeli ed è la storia di credenze antiche avvolte da un’aurea mistica che oscilla tra sacro e profano, infatti diverse sono le teorie sull’origine del rito, storie di vita paesana e di riti popolari che continuano a vivere in un piccolo paesino calabrese, da visitare e condividere con i suoi abitanti, i noceresi, che di storie e leggende ne hanno da raccontare.

Testo e immagini ©Claudia Stritof. All rights reserved.

***

Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.
Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

 

Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.
Nocera Terinese, 4 Aprile 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

Foto e testi © Claudia Stritof. All rights reserved.

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Diario di viaggio  / Eventi  / Fotografia  / Tradizioni

Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da Le straordinarie avventure di Penthotal di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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6 Comments


Max
March 6, 2016 at 9:36 am
Reply

Racconto incredibile. Avevo sentito di questa storia in TV. Ora con le tue parole e immagini son riuscito ad immergermi in quella “scenografia”….. Veramente incredibile!
Grazie!



    Claudia Stritof
    March 6, 2016 at 9:59 am
    Reply

    Si, Max. E’ veramente incredibile. Quest’anno sarei dovuta tornare, ma purtroppo non posso, basta una volta per innamorarsi del luogo e delle persone. Grazie a questo scritto, e andando lì prima, ho conosciuto delle persone meravigliose, pronte ad aprirsi con te senza chiedere nulla in cambio, pronte a condividere un aspetto della propria intimità interiore con il cuore in mano. Se un giorno ti dovesse capitare, vai a Nocera, è un paese umile ma ricco di racconti. Un abbraccio

Claud
April 13, 2015 at 9:06 am
Reply

Certo Sasi… viaggio e scritto a quattro mani… lo sai, volentieri, sempre se non sei in giro per il mondo 😀 Un bacio



Farah - Viaggi nel Cassettof
April 8, 2015 at 12:58 pm
Reply

non avevo idea di questo rito, così vicino a noi. Lo racconti in modo stupendo Claudia, le tradizioni e le credenze sono così radicate nella nostra terra e io spero davvero non muoiano mai…
Ti abbraccio forte**



    Claud
    April 8, 2015 at 1:06 pm
    Reply

    Grazie Sasina, se non sbaglio all’epoca delle elementari si studiavano in questo periodo, ma poi le cose si dimenticano. Era da molti anni che volevo andare, ed è stato bello. Pensavo fosse una tradizione un po’ “commercializzata” e invece mi sono totalmente ricreduta. E’ stata proprio una bella esperienza, da ripetere il prossimo anno. Per quanto possano essere “primitive” sono vive e forti, affascinanti e vissute con genuinità. Un bacione Sasi.

      Farah - Viaggi nel Cassetto
      April 10, 2015 at 8:35 am

      Spero davvero di andarci il prossimo anno allora… magari ci si torna insieme 🙂 un bacione!

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