Giuseppe Rotunno, nato a Roma il 19 marzo del 1923, è uno storico direttore della fotografia il quale ha contribuito alla realizzazione di grandi capolavori della cinematografia italiana e internazionale.
Tra questi: La grande guerra di Mario Monicelli, Rocco e suoi fratelli di Luchino Visconti, Cronaca familiare di Valerio Zurlini, Il Gattopardo di Visconti, Ieri, Oggi e Domani di Vittorio De Sica, La terra vista dalla Luna di Pier Paolo Pasolini, Fellini Satyricon di Federico Fellini, All That Jazz di Bob Fosse, Non ci resta che piangere di Benigni e Troisi, e ancora Le avventure del Barone di Munchausen di Terry Gilliam, Sabrina di Sydney Pollack e La sindrome di Stendhal di Dario Argento.

Burt Lancaster, Giuseppe Rotunno e Luchino Visconti durante la lavorazione del film Il Gattopardo. Foto di Giovan Battista Poletto. Fonte: Titanus
Se si va a spulciare nella filmografia di Rotunno si rimarrà stupiti dalla quantità dei film a cui ha partecipato come direttore della fotografia ma soprattutto ciò che emerge a prima vista è l’altissima qualità artistica e l’ecletticità del suo lavoro.
Una storia lunga la sua, fatta di esperienze, sperimentazione e prima di tutto di passione, un’evoluzione che ha inizio nella camera oscura del laboratorio fotografico di Cinecittà con Arturo Bragaglia il quale nutriva una sincera stima verso lo spirito sperimentale e innovatore dell’allora giovane Giuseppe Rotunno.
Nel 1938 dopo la morte del padre, titolare di una sartoria, Rotunno decide di lasciare la scuola per iniziare a lavorare, così un amico lo informa che proprio in quei giorni a Cinecittà si stavano svolgendo dei colloqui per elettricisti. “Mentre ero in fila” – dice Rotunno – “passarono due o tre miei coetanei che si lamentavano di un certo Bragaglia, che aveva uno studio fotografico. Sentendo che per ragioni di carattere non ci andava nessuno, allora sono andato io. Sono andato da lui, ho fatto amicizia, mi ha preso a ben volere come un padre. A fine settimana mi dava una Leica, io facevo le fotografie per conto mio e il lunedì, quando tornavo allo studio, le sviluppavo e le stampavo, insomma ho cominciato a fare il fotografo”.

Giuseppe Rotunno, Luchino Visconti, Annie Girardot e Alain Delon durante la lavorazione del film Rocco e i suoi fratelli. Foto di Giovan Battista Poletto. Fonte: Titanus
Con il sopraggiungere della seconda guerra mondiale il giovane Peppino, come spesso veniva chiamato dagli amici, parte per il fronte con al seguito l’attrezzatura e si dedica alla realizzazione di documentari da inviare al comando generale dello Stato Maggiore del Regio Esercito, ma nel settembre del 1943 viene catturato in Grecia e deportato in Germania fino al 1945.
Dopo aver vissuto il traumatico evento della guerra torna in patria e prosegue la sua carriera come aiuto-operatore per poi diventare in breve tempo operatore della macchina e infine direttore della fotografia, proprio durante gli anni floridi del cinema neorealista, cinema impegnato culturalmente e “libero di esprimersi” a differenza del cinema dei telefoni bianchi degli anni ’30.

Giuseppe Rotunno e Luchino Visconti sul set de Il Gattopardo (1963).
E’ il 1955 quando Rotunno debutta come direttore della fotografia per il film Pane, amore e… di Dino Riso e da allora non si è più fermato tanto che da abile sperimentatore quale è, oltre ad occuparsi della fotografia di film a mio avviso bellissimi, Rotunno non poteva che diventare anche un sapiente insegnate per il corso di fotografia alla Scuola Nazionale di Cinema del Centro Sperimentale di Cinematografia, dove giunge nel 1988 per volere di Lina Wertmüller, all’epoca commissario della Scuola.

Sophia Loren, Mario Carotenuto, Tina Pica e Vittorio De Sica in Pane, Amore e... Foto di Giovan Battista Poletto. Fonte: Titanus
Sempre nello stesso anno Giuseppe Rotunno viene chiamato dal regista Terry Gilliam, ex Monty Python, per partecipare alle riprese de Le avventure del Barone di Münchausen, film tratto dai bellissimi racconti settecenteschi di Rudolf Erich Raspe.
Il film, che rientra nella mia personale classifica delle pellicole viste mille volte, vanta un cast tecnico di tutto rispetto: Gabriella Pescucci per la realizzazione dei costumi, Dante Ferretti per le scenografie e naturalmente Giuseppe Rotunno per la fotografia.
In uno dei molti dialoghi tra Karl Friedrich Hieronymus von Münchausen e Sally Salt, il Barone alla domanda posta sul perché cerchi disperatamente di morire risponde: «Perché, perché, perché! Perché tutto è logica e ragione oggigiorno! Scienza, progresso… Bah, dahhh! Leggi dell’idraulica, leggi della dinamica sociale, leggi di questo, leggi di quell’altro! Non c’è posto per i ciclopi a tre gambe dei mari del sud, non c’è posto per alberi di cetrioli e oceani di vino… Non c’è posto per me!»

Robin Williams ne Le avventure del Barone di Munchausen di Terry Gilliam, 1988.
Una semplice e, al giorno d’oggi, inconfutabile verità. Qualche volta nella nostra vita dimentichiamo di sognare e allora il cinema è lì a ricordarcelo grazie al lavoro svolto da coloro che si celano dietro ogni pellicola facendo in modo che ogni singolo elemento diventi funzionale al racconto. E’ lo stesso Giuseppe Rotunno a spiegare come il mestiere del direttore della fotografia consista proprio in questo: trovare i difetti che vi sono nella luce “che ci accompagna nella vita [e] trasformarla alle nostre esigenze di racconto. Non sempre la luce che si trova nella nostre città è utile al racconto che stiamo facendo per cui se contrasta con la storia impariamo a tradurla a trasformala in modo tale che rappresenti meglio le emozioni della storia che stiamo girando”.

Uma Thurman ne Le avventure del Barone di Munchausen diretto da Terry Gilliam, 1988.
In poche parole il direttore della fotografia e il regista lavorando sinergicamente rendono possibile il sogno e permettendo allo spettatore “di entrare in un racconto cinematografico senza essere distratti” da altri elementi perché in fondo aveva ragione François Truffaut quando affermava “fare un film significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi dell’infanzia”.
© Testo a cura di Claudia Stritof
***

Federico Fellini e Giuseppe Rotunno sul set di Amarcord.
***
Fonti: Centro Sperimentale di Fotografia, Associazione Italiana Autori della Fotografia Cinematografica Cinematographers, Treccani, Artribune.
6 Comments
L’avevo immaginato che fosse questo il blog giusto. Abbiamo una passione in comune a quel che vedo e leggo, la fotografia e sul fatto di essere divorati dal tempo, beh, in un certo senso quel furbacchione di Miller aveva ragione, anche se penso che il tempo siamo noi, e dovrebbe aiutarci viverlo con un sorriso.
Comunque, e giusto per essere in tema, condivido questo tuo post sul mio canale di Google. 🙂
Sono d’accordo con te. Il tempo lo “creiamo” noi ma alcune volte è anche vero che si è condotti verso strade inaspettate.
Grazie mille… ho visto la tua condivisione mi fa molto piacere. Buona giornata
MI ha pubblicato il commento? 🙂
Si si… 😀
E quindi hai due blog a quel che vedo. ho visto le tue foto su INSTAGRAM e devo dire che sono davvero belle, così come è interessante l’articolo che ho appena letto e poi Giuseppe Rotunno era un grande.
Ti leggerò un po’ per volta e mi sa che non me ne pentirò. 🙂
Ciao e buona serata.
Ciao Arthur… no, in realtà ho solo questo. Mi sa che ho fatto un macello con il vecchio dominio.
Quello precedente era l’inizio… ma dopo oggi mi sa che devo migliorare sul mio utilizzo di wordpress.
Grazie mille, certo un pò alla volta. Mi fa molto piacere.
Buona serata anche a te.