• Home
  • Caleidoscopio culturale
  • Sguardi d’Autore
  • AulaCult
  • Life in Progress
  • About CultMag
  • Fotografia
  • HOME
  • CALEIDOSCOPIO CULTURALE
    • FOTOGRAFIA
    • Recensioni e Mostre
    • Itinerari d’Arte
    • Sguardi d’Autore
    • Scaffale digitale
  • AULA CULT
    • Spazio Cult Studenti
    • La valigia dell’insegnante
    • Trame interdisciplinari
  • LIFE IN PROGRESS
  • ABOUT ME
Jumanji: viaggio nella fantasia
20.10.2016

“Jumanji, un gioco che sa trasportar chi questo mondo vuol lasciar.
Tira i dadi per muovere la pedina, i numeri doppi tirano due volte e il primo che arriva alla fine vince”.

Chris Van Allsburg, Jumanji
Chris Van Allsburg, Jumanji, Houghton Mifflin Company, Boston 1891.

Per chi, come me, è cresciuto negli anni Novanta, avrà sicuramente visto (e amato) il film Jumanji, pellicola del 1995 diretta da Joe Johnston e interpretata dal mitico Robin Williams.

Film dalla sceneggiatura avvincente e mai banale, è tratto dall’omonimo libro del 1981 di Chris Van Allsburg, raffinato scrittore e illustratore di libri per ragazzi, il quale annovera nel suo curriculum storie indimenticabili come The Polar Express, Il fico più dolce e Zathura (sequel di Jumanji).

Le regole del gioco sono semplici ma gli effetti imprevedibili. Non a caso lo scrittore ha intitolato il libro Jumanji, che in lingua zulu significa “molti effetti”, alludendo alle conseguenze che ogni lancio di dadi ha sui quattro protagonisti e sugli abitanti della città.

Nella versione cinematografica – la cui direzione della fotografia è affidata all’abile mano di Thomas Edward Ackerman – Alan Parrish è un figlio modello, vittima di bullismo, che soffre tremendamente per la lontananza emotiva dei genitori, in particolare del padre.

Alan litiga con il padre e prepara la valigia per scappare di casa, ma un suono di tamburi proveniente da uno strano gioco, trovato nel pomeriggio in un cantiere adiacente alla fabbrica del padre, lo ferma.

I tamburi vengono uditi anche dalla sua compagna di classe: i due ragazzi, incuriositi, aprono la scatola in legno e iniziano a giocare, un po’ annoiati e un po’ impauriti. Sul tabellone compare la scritta: “Vola di notte. Meglio scappare. Con queste creature non c’è da scherzare.” Si odono strani rumori, ma non succede nulla, fino a quando Alan non tira nuovamente i dadi: “Nella giungla dovrai stare finché un 5 o un 8 non compare.”

Alan inizia a smaterializzarsi e, mentre urla “Sarah!! Tira i dadi, Sarah!! Saraahh!”, dal caminetto compaiono dei pipistrelli che spaventano la sventurata compagna di classe, che scappa terrorizzata.

Alan scompare! Con un salto temporale di quasi trent’anni, lo spettatore si ritrova nuovamente nella casa della famiglia Parrish, che ora viene acquistata da Nora Shepherd, trasferitasi con i due nipoti Judy e Peter, rimasti orfani da poco tempo. Il resto si può ben immaginare: i due fratelli sentono il rumore dei tamburi, scovano il gioco e inizia la loro avventura in Jumanji, che altro non è che la continuazione della partita iniziata molti anni prima da Sarah e Alan.

Jumanji è il gioco di chi vuole fuggire da una vita di solitudine, perché obbliga i giocatori ad affrontare caparbiamente “ogni sconvolgente conseguenza del gioco” affidandosi ai propri compagni. Solo così Sarah, Alan, Judy e Peter raggiungono la fine del gioco.

Se il film è avvincente ed emozionante, le illustrazioni di Van Allsburg sono assolutamente uniche: caratterizzate da un tratto morbido ma ben definito, tanto da tratteggiare scene realistiche con una prospettiva fortemente scorciata. L’accentuato linearismo si traduce in una caratterizzazione attenta degli ambienti e dei personaggi, con un’attenzione al dettaglio quasi da miniaturista. Le immagini in bianco e nero, ricche di particolari epifanici, trasportano il lettore in un mondo al limite tra il reale e il fantastico, dove ad essere indagata è l’interiorità dell’uomo, con le sue paure, le sue fragilità e i suoi desideri.

Van Allsburg giunge all’arte dell’illustrazione dopo essersi dedicato per molti anni alla scultura, ed è solo grazie alla moglie – che alla fine degli anni ’70 mostra i suoi disegni a un editore di libri per ragazzi – che pubblica il suo primo lavoro, The Garden of Abdul Gasazi, seguito subito dopo da Jumanji.

Nel 2013 Jumanji è stato pubblicato per la prima volta in Italia da Logos Edizioni, con la traduzione di Francesca Del Moro, mentre nel 2017 è prevista l’uscita del reboot del film.

Testi © Claudia Stritof

2df8d211620b962918156f5075570d28
Chris Van Allsburg, Jumanji, Logos edizioni, Modena 2013.

 

Condividi con i tuoi amici:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) LinkedIn
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra) Telegram
  • Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra) Pinterest
  • Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Tumblr
  • Altro
  • Fai clic per condividere su Flipboard (Si apre in una nuova finestra) Flipboard
  • Fai clic qui per condividere su Reddit (Si apre in una nuova finestra) Reddit
  • Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra) Stampa
  • Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra) E-mail
  • Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra) Pocket

Correlati

Share

Behind the Scenes  / Fotografia e Cinema  / Scaffale digitale

Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

You might also like

What is Punk? Un libro divertente per spiegare il punk anche ai più piccoli.
03.01.2016
ALICE SOTTO TERRA: TACCUINO ILLUSTRATO DI UN VIAGGIO MISTERIOSO
01.01.2016
MUSTACCHI E CHIOME NELLE ILLUSTRAZIONI DI ANTONIO BONANNO
01.01.2016

Leave A Reply


Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.


  • About me

    Calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da 'Le straordinarie avventure di Penthotal' di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola.

    Read More

  • Follow CultMag

  • Per contattarmi, inviare comunicati stampa, segnalare mostre e concerti inviare una email all’indirizzo: cultmag.it@gmail.com


  • About CultMag
  • Disclaimer
©CultMag 2025
Website by Studio Mate