berenice abbott – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Fri, 12 Mar 2021 17:57:09 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Diane Arbus: vita e morte di un genio della fotografia https://www.cultmag.it/2019/12/22/diane-arbus-vita-e-morte-di-un-genio-della-fotografia/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2019/12/22/diane-arbus-vita-e-morte-di-un-genio-della-fotografia/#respond Sun, 22 Dec 2019 17:08:00 +0000 http://claudiastritof.wordpress.com/?p=155 «Penso che ci sia molta gente orribile nel mondo, e diventerà terribilmente difficile fotografare tutti, così se fotografo alcuni tipi generali di esseri umani ognuno li riconoscerà. Fu la mia insegnante, Lisette Model, che mi rese chiaro definitivamente che più specifici si è, più generali si sarà».

—  Diane Arbus

Da un po’ di tempo ormai mi sto dedicando alla lettura delle biografie di coloro che ritengo essere personaggi affascinanti, vuoi per la loro arte, vuoi per la loro vita, ma credo che si possano trarre molti insegnamenti utili comprendendo la forza e il coraggio di chi ha vissuto prima di noi.

Una biografia che consiglio di leggere è quella di  Diane Arbus, un’eccelsa fotografa, che fu d’ispirazione a numerosissimi artisti, uno tra tutti, Stanley Kubrick; infatti il regista si ispirò proprio a una sua fotografia per dar vita alle due famose gemelle di Shining.

La biografia scritta da Patricia Bosworth è veramente una lettura molto interessante se si vuole conoscere la vita della fotografa, anche perché lavoro completo di interviste e documenti originali consultati in prima persona dalla biografa, che ha deciso di arricchirla con dialoghi di amici, mentori e conoscenti di Diane.

© The Estate of Diane Arbus

Richard Avedon scrisse: «tutto quello che le accadeva sembrava misterioso, decisivo e inimmaginabile, naturalmente non per lei. E questo capita solo ai geni».

Diane Arbus amica dei più grandi artisti ma donna solitaria dallo sguardo vorace di verità, ha fatto del difetto una virtù, non camuffandolo ma facendolo emergere in tutta la sua imperfezione, perché «quello che cerco di descrivere è che è impossibile uscire dalla propria pelle ed entrare in quella altrui. La tragedia di qualcun altro non è mai la tua stessa» e ognuno di noi ha le proprie piccole ferite e le proprie piccole gioie che con il passare del tempo ci formano e vengono trasposte sulla propria epidermide o riflesse nei propri comportamenti.

Diane Nemerov, nasce a New York il 14 marzo 1923, da una ricca famiglia ebrea di New York, proprietaria dei grandi magazzini Russek’s. L’incontro con quello che diventerà il futuro marito, Allan Arbus, avviene molto giovane, alla sola età di 14 anni.

Durante la seconda guerra mondiale Allan lavora come fotografo per l’esercito, carriera che Diane e il marito decideranno di intraprendere una volta finito il conflitto bellico. All’inizio Diane fa da assistente ad Allan, ma ben presto grazie agli insegnamenti di Berenice Abbott, di Aleksej Česlavovič Brodovič e infine di Lisette Model, affina la tecnica e apprende l’arte della fotografia.

È soprattuto con Lisette che Diane trova la sua personale cifra stilistica e si avvicina ai primi soggetti da cui era particolarmente attratta, superando la sua grande timidezza.

© The Estate of Diane Arbus

Diane è ormai dedita alla fotografia e scatta incessantemente con una Nikon 35mm. In questo periodo conosce Kubrick, all’epoca un fotografo alle prime armi, poi Robert Frank e la moglie Mary, fino a quando nel 1960, entra in contatto con l’Hubert’s Museum, dove si esibivano molti personaggi particolari, di cui la fotografa diventa amica e confidente.

Il rapporto con Allan si incrina e Diane inizia la sua vita da sola, facendo sempre nuove scoperte, conosce anche Emile De Antonio, che le mostra il film Freaks di Tod Browning, uscito nel 1932, che per lei è una rivelazione.

Le sue immagini fanno fatica a essere pubblicate, se non grazie all’appoggio dell’amico Marvin Israel, all’epoca appena nominato art director di Harper’s Bazaar.

Chi conosce la biografia di Diane Arbus sa bene, che lei è anche conosciuta per l’uso che ha fatto della Rolleiflex, che utilizza dal 1962, vincendo l’anno successivo la sua prima borsa di studio data dal Guggenheim, fino al 1965 quando tre sue immagini vengono esposte in una mostra collettiva al MoMA, e ancora, nel ’67 trenta immagini esposte nella mostra New Documents.

La Arbus inizia a fare scuola e molti giovani fotografi apprezzano il suo stile e amano i suoi soggetti: prostitute, emarginati, giocolieri, gemelli, bambini, nudisti e disabili, tutti ritratti che le hanno fatto attribuire il soprannome di “fotografa dei mostri”, un appellativo che lei odiava, ma che sui malgrado non è mai riuscita a cancellare.

Si racconta che le modelle avevano paura a farsi ritrarre da lei perché riusciva a cogliere un’immagine senza veli, diretta, reale e talvolta anche crudele di chi si poneva davanti al suo obiettivo. Un ritratto vacillante tra repulsione e familiarità, così come ha confermato Viva, famosa modella degli anni ’60, quando la Arbus la colse nuda sul divano con gli occhi capovolti quasi come fosse svenuta.

New Documents allestimento della mostra tenutasi al MoMa di New York dal 28 febbraio al 7 maggio 1967. ©MoMa

Donna coraggiosa e grandissima fotografa, Diane si suicida il 26 luglio 1971, ingerendo un’ingente dose di barbiturici e tagliandosi le vene nella sua vasca da bagno, è stata la prima donna americana a esporre alla Biennale di Venezia, esattamente un anno dopo la sua morte. A celebrarla come grande maestra della fotografia altre mostre importanti da citare, come la mostra monografica ad Aperture e “Diane Arbus Revelations” del 2004.

Testo di ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati

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APPROFONDIMENTI CONSIGLIATI:

Il bellissimo archivio di Diane Arbus è conservato al Metropolitan Museum di New York.
Patricia Bosworth, Diane Arbus, A Biography, New York, Newton & Co.
Diane Arbus, An Aperture Monograph, New York, Aperture 1972.
Diane Arbus, Magazine Work, New York, Aperture 1984.
Diane Arbus, Family Albums, Yale University Press 2003.
Il film Fur: un ritratto immaginario di Diane Arbus di Steven Shainberg (2006).
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Berenice Abbott. Topografie https://www.cultmag.it/2017/02/23/berenice-abbott-topografie/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2017/02/23/berenice-abbott-topografie/#respond Thu, 23 Feb 2017 20:51:36 +0000 https://www.cultmag.it/?p=4530 “Innanzitutto definiamo cosa non è una fotografia. Una fotografia non è un dipinto, una poesia, una sinfonia, una danza. Non è solo una bella immagine, non un virtuosismo tecnico e nemmeno una semplice stampa di qualità. È o dovrebbe essere un documento significativo, una pungente dichiarazione, che può essere descritto con un termine molto semplice: selettività. La fotografia non potrà mai crescere fino a quando imiterà le altre arti visive. Deve camminare da sola, deve essere se stessa”.

Una frase famosa, più volte citata quando si parla della fotografa che l’ha pronunciata, Berenice Abbott, la quale non solo con queste poche parole esprime la sua posizione rispetto alla fotografia pittorialista d’inizio Novecento, ma è soprattutto un’esplicita dichiarazione di poetica personale e coerenza concettuale. Uguale solo a se stessa la fotografia, deve essere selettiva e indagatrice, deve cogliere i mutamenti in atto nella società e lo spirito del proprio tempo con il fine di comunicare al pubblico la concretezza e la scientificità del reale. Non poteva quindi che chiamarsi BERENICE ABBOTT. Topografie la prima mostra antologica a lei dedicata in Italia presso il Museo MAN di Nuoro, con la curatela di Anne Morin. 

L’esposizione presenta una selezione di ottantadue stampe originali realizzate dalla Abbott tra la metà degli anni Venti e i primi anni Sessanta, divise in tre sezioni ben strutturate attraverso le quali viene ripercorsa l’intera carriera della fotografa americana. Si parte dalla sezione dei ritratti che indubbiamente caratterizza l’inizio della sua carriera come assistente di Man Ray, che conosce a New York dopo essersi trasferita dall’Ohio per studiare scultura. Insieme decidono di partire alla volta di Parigi e qui sotto consiglio dell’artista dada realizza numerosissimi ritratti dei più importanti esponenti dell’avanguardia artistica e letteraria del tempo. La sua prima mostra personale si svolge alla galleria Le Sacre du Printemps nel 1926, un anno fatidico durante il quale apre anche il proprio laboratorio fotografico che diventa luogo d’incontro per intellettuali e artiste. Sempre a Parigi, la Abbott conosce il famoso fotografo Eugène Atget e subito rimane folgorata dalle sue bellissime immagini di una Parigi che sta scomparendo, fatta di angoli nascosti, mercatini delle pulci e insegne fatte a mano, tanto che sarà lei a fotografarlo in uno dei pochi ritratti pervenuteci dell’artista, così come sarà lei – dopo la morte del fotografo – ad acquistare molti dei suoi negativi promuovendone la conoscenza attraverso pubblicazioni e mostre sia in Europa che negli Stati Uniti.

Sotto l’influenza artistica di Atget la Abbott si dedica a progetti riguardanti gli importanti mutamenti che in quegli anni stanno avvenendo nelle grandi metropoli, e in particolare, con il ritorno a New York inizia il famoso lavoro Changing New York, a cui è anche dedicata la seconda sezione della mostra presso il MAN. Un progetto immenso e un archivio ricco di fotografie attraverso il quale la Abbott ha documentato giornalmente i mutamenti architettonici, topografici e urbanistici che negli anni Trenta hanno interessato la Grande Mela con “fotografie caratterizzate da forti contrasti di luci e ombre e da angolature dinamiche”. L’ultima sezione della mostra è invece dedicata alla fotografia scientifica, che ha caratterizzato la sua carriera dagli anni Quaranta in poi, prima diventando photo-editor della rivista Science Illustrated, poi durante gli anni Cinquanta dedicandosi alla realizzazione di illustrazioni sui principi della luce e della meccanica per il Massachusetts Institute of Technology. La mostra BERENICE ABBOTT. Topografie al MAN di Nuoro – realizzata grazie al contributo della Regione Sardegna e della Fondazione di Sardegna – celebra l’arte e la ricerca di questa straordinaria fotografa che morì il 9 dicembre 1991 lasciando ai posteri un corpus di opere di straordinario valore artistico e scientifico.

BERENICE ABBOTT. Topografie
a cura di Anne Morin
17 Febbraio 2017 – 21 Maggio 2017
Museo MAN, via S. Satta 27- 08100, Nuoro

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Testo di Claudia Stritof pubblicato su Juliet art magazine online (15/02/2017)

Dorothy Whitney, Paris, 1926 © Berenice Abbott_Commerce Graphics_Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York

Nightview, New York, 1932 © Berenice Abbott_Commerce Graphics_Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York

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