claudia stritof – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Sat, 29 Apr 2017 21:05:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Omaggio a Gae Aulenti https://www.cultmag.it/2016/08/16/omaggio-a-gae-aulenti/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/08/16/omaggio-a-gae-aulenti/#comments Tue, 16 Aug 2016 13:25:25 +0000 https://www.cultmag.it/?p=4088 S’intitola Omaggio a Gae Aulenti la mostra nata dalla collaborazione tra la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino e l’Archivio Aulenti di Milano, gestito dalla nipote e curatrice della mostra Nina Artioli. Un’esposizione che non vuole essere un resoconto freddo e distaccato sulla lunga carriera della Aulenti ma, come dice il titolo stesso, vuole celebrare una donna eclettica e indipendente.

La Aulenti studia al Politecnico di Milano, dove si laurea nel 1953, ed è in questa città che inizia la carriera come architetto dedicandosi con passione e caparbietà alla professione, il che le permette di affermarsi quasi subito sulla scena internazionale come progettista di nota fama, tra l’altro in un periodo in cui era molto difficile per le donne accedere al mondo del lavoro. La Aulenti, consapevole del proprio valore e delle proprie capacità, non si è mai fermata davanti agli ostacoli ma anzi ha sempre accolto positivamente le sfide che le venivano proposte, sperimentando brillantemente la contaminazione tra diverse arti: scenografia teatrale, allestimento, urbanistica, interior e industrial design.

Archivio Gae Aulenti, Milano – Foto di Santi Caleca

Archivio Gae Aulenti, Milano – Foto di Santi Caleca

La mostra Omaggio a Gae Aulenti non è solo una ricognizione dei progetti più famosi da lei realizzati nel corso degli anni ma una biografia visiva di una «delle personalità di maggior rilievo della cultura architettonica italiana del XX secolo», un percorso che si configura come un viaggio intimo, che inizia proprio dalla sua casa/studio di Milano, progettata nel 1974, e oggi sede dell’Archivio. Questo spazio per Gae Aulenti non era solo uno studio ma un rifugio dove ha condiviso gioie, idee e pensieri con i suoi amici e familiari, un grande spazio ove «c’erano tutti i suoi libri sistemati in lunghe librerie a suddivisione delle zone della casa, le lampade e i prototipi di molti dei suoi progetti di design, le opere di amici con i quali aveva collaborato o degli artisti per i quali aveva allestito mostre e che con lei avevano instaurato un rapporto speciale […] Una vera e propria stratificazione delle tracce del suo ricco percorso culturale, personale e professionale».

Omaggio a Gae Aulenti, Pinacoteca Agnelli, foto Margherita Borsano

Omaggio a Gae Aulenti, Pinacoteca Agnelli, foto Margherita Borsano

Le opere in mostra si susseguono come note su uno spartito, ben cadenzate e scandite secondo nuclei tematici e momenti salienti: dalla sala del design – in cui è esposta la famosa lampada Pipistrello disegnata nel 1965 – si passa a quella dedicata agli allestimenti che l’architetto ha curato sia per abitazioni private, sia per importanti mostre internazionali. Grande importanza è data anche alle scenografie teatrali e alle incredibili ristrutturazione museali come quella di Palazzo Grassi a Venezia, del Musée D’Orsay a Parigi e del Musée National d’Art Moderne al Centre Pompidou. Infine, non poteva mancare la celebrazione dei progetti architettonici come la realizzazione dell’Aeroporto di Perugia, dell’Asian Art Museum di San Francisco e del Museo Nazionale d’Arte Catalana a Barcellona.

Musée d'Orsay. Foto di Mario Carrieri

Musée d’Orsay. Foto di Mario Carrieri

Aulenti era una donna spinta da immensa curiosità e grande rispetto verso le altre culture, peculiarità che si nota fin dai suoi primi progetti internazionali, nei quali ha sempre rispettato il contesto di riferimento che naturalmente influenzava di volta in volta il suo stile architettonico. Più volte ha affermato come prima di progettare si dovesse «studiare la storia, la letteratura, la geografia, persino la poesia e la filosofia», con il fine di costruire architetture che eterne, e senza rischiare che queste diventino solo «un cumulo di macerie». Gae Aulenti le macerie le aveva viste e vissute in prima persona durante gli anni della ricostruzione post-bellica, un periodo cruciale per la definizione del tessuto urbanistico italiano che ha portato in molti casi a trasformare antichi luoghi ricchi di storia in borgate senza un’anima, un insegnamento importante per il suo essere architetto che ha reso il connubio tra cultura e arte un presupposto essenziale del suo lavoro.

La mostra Omaggio a Gae Aulenti è un racconto di vita intimo e privato, una mostra fortemente voluta non solo per celebrare il genio di un grande architetto, scomparso ormai quattro anni fa, ma per ricordare una donna che è stata madre, nonna, amica, confidente, lavoratrice instancabile, studiosa appassionata e curiosa viaggiatrice.

Articolo di Claudia Stritof pubblicato su Juliet art magazine (8 agosto 2016).

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Omaggio a Gae Aulenti
16 aprile – 28 agosto 2016
Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli
Via Nizza, 230/103 – Torino
www.pinacoteca-agnelli.it?utm_source=rss&utm_medium=rss

Gae Aulenti (1967), foto di Ugo Mulas

Gae Aulenti (1967), foto di Ugo Mulas

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Ritratti in pelle: storie d’amore e di vita. https://www.cultmag.it/2016/05/30/ritratti-in-pelle-storie-damore-e-di-vita/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/05/30/ritratti-in-pelle-storie-damore-e-di-vita/#respond Mon, 30 May 2016 13:03:20 +0000 https://www.cultmag.it/?p=3914 Ascoltare le storie degli altri è sempre affascinante perché queste fanno riflettere e molte volte regalano insegnamenti preziosi. Per quanto sia triste e incasinata la storia della nostra vita è bello poterla condividere con gli altri ed è per questo motivo che ho deciso di raccontarvi la storia di due fratelli: Sara e Marco.

Sara ha gli occhi e i capelli scuri, la sua pelle è di un colore bianco candido, come quella delle principesse di disneyniana memoria, ma ha l’epidermide ornata con molti disegni. Marco non capiva perché lei si facesse tutti quei tatuaggi e un giorno Sara decide di spiegarglielo con una fotografia, il filtro attraverso cui il fratello osserva il mondo.

Marco Alfredo Bressan, Sara & Ricky . ©Marco Alfredo Bressan

Marco Alfredo Bressan, Sara & Ricky . ©Marco Alfredo Bressan

Il 28 aprile 2011 Marco scatta una fotografia a Sara e al suo compagno Ricky: lei guarda il fotografo-fratello dritto in camera  mentre avvolge Ricky in un tenero abbraccio. In quel fatidico momento Marco capisce che quella era la storia di una principessa particolare, la quale vedeva il mondo con occhi diversi e di cui il corpo tatuato non era altro che il riflesso di un’anima desiderosa di emergere, di una storia da raccontare e di emozioni da esprimere.

Il fotografo Marco Alfredo Bressan dopo aver ascoltato la storia di Sara & Ricky è andato alla ricerca di altri racconti a cui appassionarsi e che a sua volta ha deciso di raccontare attraverso molte fotografie. Da questo insieme di storie è nato Ritratti in pelle, che non è solo un libro fotografico ma un racconto di vite fatto di immagini spontanee, effusioni d’amore e momenti quotidiani. Immagini indagatrici, che colgono il soggetto ritratto con grande empatia e mai con un atteggiamento distaccato perché ciò che ha voluto cogliere il fotografo è l’essenza, il racconto, la vita.

Evelyn riflessa in uno specchio ovale con la cornice dorata ha un sorriso contagioso, ciò che la caratterizza è il “tattoo, perché occhi, altezza, capelli…me li sono ritrovati, mentre l’inchiostro che ho sulla pelle l’ho voluto io ecco questa è pelle d’identità e vale più della carta! se esiste un’anima la mia è illustrata”.

Mik con la sua barba lunga è di profilo mentre si accende una sigaretta davanti al cavalletto, per lui il tatuaggio “è sacro quanto la bibbia, un marchiarsi per sempre quel che per noi è veramente importante, una tappa fondamentale, un ricordo, una sensazione, una persona, una preghiera o un semplice proposito per migliorare. Credo che a volte tatuarsi, “soffrire fisicamente” serva a distoglierci o anestetizzarci da “dolori mentali”, depressioni, sofferenze, apatie e problemi di vita odierna. Come disciplina antica quanto il mondo, penso quindi, che vada oltre il semplice lato estetico o ricordo, ma un Rito e una cura, un qualcosa di più sacro e simbolico, più potente di noi, che in un certo modo, da sempre ci appartiene […]”.

Francesca invece ha impresso sulla schiena una fenice a simboleggiare“una battaglia vinta, battaglia fisica e psicologica, la vittoria su una malattia”, mentre per Shelly il tatuaggio“è stato un traguardo importante di un lungo e doloroso percorso che non finirà mai: crescere. Perdersi per poi cercarsi, trovarsi e infine imparare ad accettarsi… Non senza soffrire il più delle volte”.

Ognuno ha il proprio racconto e la propria storia d’amore, di dolore e di lotta che Marco racconta con assoluta nitidezza attraverso il suo obiettivo. Altrettanto belle sono le “storie intrecciate”, ovvero quelle degli amanti, Sara & Ricky, Davide & Manu, Elena & Giovanni, Deborah & Daniel e molti altri soggetti che hanno deciso di condividere il loro amore e la vita.

Marco Alfredo Bressan, Ritratti in pelle. ©Marco Alfredo Bressan

Marco Alfredo Bressan, Ritratti in pelle. ©Marco Alfredo Bressan

Ritratti in pelle è tutto questo. Racconti visivi, verbali e illustrati. Storie di esistenza e  appunti indelebili di una vita inafferrabile, fatta di emozioni forti, apatie, sogni e speranze.

Ciò che risalta con assoluta immediatezza dalla serie è l’epidermide, che in questo caso diventa un sottile diaframma che separa l’interiorità dal mondo esterno, così come ha affermato l’antropologo David Le Breton:

“la pelle è un sottile foglio di tessuto che avvolge il corpo. Fisiologicamente essa è un organo piuttosto semplice; dal punto di vista sociale e psicologico, invece, è un organo altamente complesso. La pelle è un confine tra il mondo esterno e quello interno, tra l’ambiente e il proprio sé”.

Per alcune persone la pelle è emanazione diretta della propria interiorità pronta ad essere esternata, così come lo sono i pensieri su un foglio, un disegno su una tela o una musica incisa. Un qualcosa di innato, pronto a fuoriuscire al primo sintomo, “come se i tatuaggi ci fossero da sempre ma nascosti da strati di pelle”.

Testo di ©Claudia Stritof, fotografia di ©Marco Alfredo Bressan. Tutti i diritti riservati.

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Marco Alfredo Bressan, Ilaria & Riccardo. ©Marco Alfredo Bressan

Marco Alfredo Bressan, Ilaria & Riccardo. ©Marco Alfredo Bressan

Marco Alfredo Bressan, Giancarlo. ©Marco Alfredo Bressan

Marco Alfredo Bressan, Giancarlo. ©Marco Alfredo Bressan

Marco Alfredo Bressan, Miele. ©Marco Alfredo Bressan

Marco Alfredo Bressan, Miele. ©Marco Alfredo Bressan

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Un anno è passato… https://www.cultmag.it/2015/02/04/un-anno-e-passato/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2015/02/04/un-anno-e-passato/#comments Wed, 04 Feb 2015 10:20:16 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1610 Un anno è passato e rileggendo le parole scritte di getto, ad un solo mese di distanza dalla morte di Mari, la sensazione di spossatezza non è cambiata. Più attenuata, certo. Ma purtroppo rimane lo stesso dolore, che credo mai cambierà.

Ho imparato a pronunciare la parola MORTE, ma non l’ho mai fatta mia, riesco a dirla di rado. Per me Mari “è andata via”, forse sperando che ancora torni da noi. Forse sperando in un suo abbraccio e in una sua carezza. Ancora oggi, spero che lei mi chiami e come se fosse partita per un lungo viaggio mi racconti tutto ciò che ha fatto in questo anno. Faccio fatica a non poter parlare con lei e allora le scrivo messaggi come se potesse leggerli, proprio come facevamo una volta, speranzosa di ricevere una risposta, che so che non arriverà.

Se ripenso all’anno scorso, proprio in questi giorni le davo l’ultima carezza e toccavo per l’ultima volta la sua guancia calda, oggi rimane solo il ricordo di quel contatto e di quella sensazione insostituibile.

Ho avuto una sorella, anche se per soli 27 anni, che mi è stata strappata via all’improvviso. La prossima settimana io avrò la stessa età e non mi sono neanche accorta che un anno è passato, come se avessi vissuto in una bolla d’aria, in cui ogni tanto manca l’ossigeno.

Da una parte ricerchi le fotografie per rivivere quei momenti felici, ma dall’altra in alcuni attimi vorresti non pensare, perché alcune volte i pensieri fanno molto male, sono come se un macigno che ti fa sprofondare in una sorta di oblio, non so bene perché ma improvvisamente la tranquillità svanisce e allora i pensieri affollano la mente.

Il tempo è trascorso, la vita è andata avanti, anche se molto lentamente, tutto è cambiato e nulla è più uguale a prima, ho sentito il “lento appassire della vita”, e fa male.

E’ passato un anno… e forse è troppo poco. Non so spiegare cosa sia cambiato ma posso dire che la nostra vita non è più la stessa. Mi chiedono: “Come ci si sente?” – “Come si affronta?”… Non lo so, è una sensazione strana, si cerca di capire come affrontare la normalità della vita. Ma non esiste più una normalità. Non hai delle abitudini come le avevi prima. Il tempo, le decisioni, gli stimoli e i pensieri cambiano.

Non potrei spiegarli tutti perché semplicemente li vivo quotidianamente con il dolore nel cuore ma cercando di avere sempre il sorriso sulle labbra, quello che aveva lei.

I suoi sogni, i suoi desideri e la sua gioia di vivere sono diventati come polline trasportato nel vento, che si è posato su ognuno di noi e ha fatto germogliare una nuova brama di vita. Mari era così carismatica e aveva tante passioni, andava avanti per la sua strada, ed era propria la sua tenacia a infondermi tante sicurezza.

Molte persone ci sono state vicine e ci hanno amato incondizionatamente, vecchie e nuove amicizie che hanno trovato parole e sentimenti autentici nei nostri confronti. Molti messaggi, poesie, ricordi sono stati condivisi con noi in questo anno e molti di essi parlavano di insegnamenti sull’affrontare la vita con nuovi occhi, più puri e più autentici.

Tutto questo è per dire grazie a tutti, condividendo con voi pensieri e sentimenti. Perché con i sorrisi, le sensazioni genuine, l’affetto, i ricordi portate Mari giornalmente nel vostro cuore e lei continua a vivere.

Questa volta non farò riferimenti alle arti visive, ma se mai troverete il tempo vorrei che guardaste “Anam. Il senza nome”, l’intervista a Tiziano Terzani. A molti Terzani non piace, ad altri moltissimo. Io sono tra questi ultimi e ogni tanto sento l’esigenza di sentire le sue parole. Buona visione!!

Siti utili: Tiziano Terzani

Testo ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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