forza – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Wed, 08 Mar 2017 20:11:40 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Il fantastico mondo del "Giardino dei Tarocchi". https://www.cultmag.it/2015/01/02/il-fantastico-mondo-del-giardino-dei-tarocchi/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2015/01/02/il-fantastico-mondo-del-giardino-dei-tarocchi/#respond Fri, 02 Jan 2015 21:16:21 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1492 Niki de Saint Phalle (Parigi 1930- San Diego 2002) nel 1948 intraprende il suo percorso nell’arte. Inizialmente si dedica alla letteratura e in seguito al teatro, sognando di diventare attrice. In questo periodo posa come fotomodella per Vogue e Life. Durante la sua prima personale in Svizzera conosce Jean Tinguely, noto scultore di congegni ferrosi, i mecaniques, combinazioni di rifiuti della società industriale. Innamorata dello sculture nel 1960 si separa dal marito e due vivono la loro storia d’amore condividendo uno studio a Parigi. Nel 1961 realizza I Tiri o Shooting paintings e nello stesso periodo entra in contatto con il gruppo del Nouveaux Realisme. Dal 1965 inizia ad esplorare la figura femminile a grandezza naturale, realizzando le famosissime Nanas. Una delle più importanti è la Hon (Lei in svedese) che realizza per il Moderna Museet di Stoccolma. Una grande figura di donna giace sdraiata sul dorso con le gambe piegate, si accede al suo interno attraverso l’organo genitale e l’interno è diviso in diversi ambienti che lo spettatore può visitare. Nel seno sinistro vi è un planetario, nell’altro un milk bar mentre in una delle gambe una galleria che riproduce capolavori falsi di Paul Klee, Matisse etc. eseguiti appositamente dal critico Ulf Linde.

Naturalmente la Hon è stata realizzata grazie alla collaborazione di Jean Tinguely, compagno d’arte e di vita che assume la direzione del team tecnico per l’occasione e sempre dal rapporto artistico tra i due nasceranno opere importantissime come: la Fontana di Stravinsky di Parigi (1983) e il Giardino dei Tarocchi.

Il giardino dei Tarocchi

Il giardino dei Tarocchi

L’idea del parco si deve all’ispirazione avuta all’artista durante la visita di Parque Guell di Antonio Gaudì a Barcellona, poi rafforzata dalla visita al Giardino di Bomarzo in Italia. La costruzione del giardino inizia nel 1979 nella Maremma toscana. Durante un periodo di convalescenza in Svizzera, Niki incontra Marella Caracciolo Agnelli e le racconta il suo progetto di un giardino con rappresentati i 22 Arcani Maggiori, sculture ricoperte di vetri, specchi e ceramiche colorate. Afferma l’artista:

se la vita è un gioco di carte noi siamo nati senza conoscere il nostro ruolo, e tuttavia dobbiamo giocare la nostra mano. Durante i secoli l’uomo ha amato giocare con i tarocchi. Poeti, filosofi, alchimisti si sono voltati alla scoperta dei loro significati.

Un mondo magico e misterioso, ricco di colore e riflessi, il giardino è stato terminato con l’aiuto di numerosissimi artisti internazionali e locali nell’estate del 1996. L’accesso al giardino, realizzato da Mario Botta,  è separato da un doppio muro di recinzione in tufo con un’apertura circolare al centro. Oltrepassata questa linea di demarcazione si abbandona simbolicamente la realtà per accedere in un mondo fantastico. La strada sterrata giunge fino alla piazza centrale occupata dalle figure della Papessa e del Mago, i primi Arcani che iniziano il percorso. La vasca in cui si raccolgono le acque sgorganti a cascata della scalinata che procede nell’enorme bocca della Papessa, reminescenza dell’Orco di Bomarzo, è segnata al centro dalla Ruota della Fortuna, la scultura semimovente di Tinguely. Li fronteggiata la Forza, una donna vestita di bianco e di fronte un drago ricoperto da specchi verdi. I colori come avviene nei tarocchi tradizionali hanno valenza simbolica: il rosso è il colore della forza creatrice, il verde della vitalità primigena, il blu è il segno della profondità del pensiero, del desiderio ardente e della volontà. Sulle stradine sono riportati pensieri, memorie, citazioni, disegni, messaggi di speranza dell’artista così denotando non solo un percorso fisico ma anche spirituale. Poi vi è la figura del Sole,del Papa, opera di Tinguely. Successivamente vi è l’Appeso, detto anche L’albero della Vita. Di fronte la testa del Matto e qui si staglia il bianco e nero della figura della Giustizia.

giardino-dei-tarocchi16Procedendo nel boschetto ci sono i due Innamorati, gioiose figure fanno il picnic. Più dietro l’Eremita e il castello dell’Imperatore. Al centro del cortile vi è una vasca, dove quattro felici nanas fanno il bagno, schizzando dai seni getti d’acqua. Sul retro vi è la torre, simbolo delle costruzioni mentali. In seguito l’Imperatrice-Sfinge, nella quale Niki ha abitato per lunghi anni. All’interno è presente la stanza da letto in un seno, la cucina nell’altro e lo spazio centrale è arredato a soggiorno-studio. Proseguendo il percorso si giunge alla figura della Temperanza, dedicata alla memoria di Tinguely e di Ricardo Menon. L’igloo è rivestito di specchi e formelle ceramiche in forma di fiori, ed è presente un piccolo altare con il bassorilievo di una Madonna nera che veglia sulle fotografie degli amici scomparsi. Ritornando indietro si giunge all’ultimo settore del giardino, in cui si ergono: la Morte, posta su un basamento di specchi e simboleggiata da una figura a cavallo blu che falcia uomini e animali, il Diavolo con le ali di pipistrello spiegate e infine il Matto, filiforme scultura “skinny” in cui il giovane vagabondo è il simbolo del caos, dello spirito, dell’entusiasmo. E per ultimo il Mondo, eseguita con Tinguely.

Un mondo unico quello creato da Niki, da visitare in primavera o in estate circondanti da una folta vegetazione e splendente di luci e colori. Un viaggio fisico e mistico nel mondo della magia e degli Arcani per riscoprire sé stessi attraverso l’arte e la natura.

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Il giardino dei Tarocchi

Il giardino dei Tarocchi

Il giardino dei Tarocchi

Il giardino dei Tarocchi

Il giardino dei Tarocchi.

Il giardino dei Tarocchi.

Immagini dal sito del Giardino dei Tarocchi.

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I fiori erano ormai appassiti in quel giardino segreto così come il tempo di Mari era ormai giunto al termine.

Il dolore è una ubriacatura colossale. Le sensazioni di un dolore forte sono quelle. Ma nessuno me l’aveva mai detto. Il dolore che si prova quando si è piccoli è diverso. Pian piano si assimila, si abbraccia e si cresce con esso. Ma quando si è grandi si pensa continuamente e alcune volte questi pensieri possono far male come mille stilettate al ventre.

Il dolore è un sentimento che si prova spesso nel corso della vita, dovrebbe rafforzarci e le sofferenze dovrebbero renderci coraggiosi.

Sto cercando di riconquistare questa “forza”, anche se non è semplice. A 26 anni, appena compiuti, un male abominevole ha portato via la mia metà razionale, mia sorella, e tutta la forza che si è avuta fin a quel momento all’improvviso svanisce.

Spesso vengo risucchiata dal divano cercando di pensare ai momenti felici ma ciò che sopraggiunge come un mostro dalle tenebre è il ricordo di un anno di malattia.

Mi dicono che i ricordi felici arriveranno… un pò come avveniva in Peter Pan. Prima o poi quei pensieri ci faranno volare, e forse sarà così, forse le favole non mentono, sono pillole che addolciscono i momenti di tristezza.

Ma ora è difficile. E’ difficile scrivere ciò che si prova in questi momenti. Alterno momenti in cui colta da una fiacca adrenalina faccio ordine, momenti in cui mi butto sul divano, momenti in cui leggo o scrivo. Guardo qualche foto, ma anche quello fa male. Avvicinarsi ai suoi libri, ai suoi vestiti e alla sua camera non se ne parla. Era così bella, ora io invecchierò e lei porterà per sempre il vestito color rubino che le stava d’incanto.

E’ come se vivessi sospesa a mezz’aria, cercando di non farmi troppe domande per paura di darmi delle risposte. Tutte le certezze che avevo prima vacillano. Dicevo: “dopo la morte? Nulla!!”, ora spero che lei non soffra, che non sia sola, che sia con mio padre e che non senta freddo.

“Dove sarà? Ci vedrà? La rivedrò?” Domande a cui nessuno può rispondere. Continui pensieri che assillano la mente. Forse anche lei fluttua come i miei pensieri, cerca una via e un modo per ricominciare.

Avrei tanta voglia di sapere se sta bene. Vorrei sapere se la malattia che l’aveva così tanto trasformata alla fine sia stata finalmente sconfitta e se mia sorella sia tornata la solita sister sorridente e qualche volta un po’ arrabbiata verso il mondo.

Con Mari ho foto da quando sono nata, con lei condividevo gioie, pensieri, litigi da sorella, regali, telefonate lunghissime e messaggi da appena sveglie al mattino presto prima di incominciare a studiare.

E ora? Chi farà tutto questo con me? Chi mi correggerà la tesi prima di inviarla al prof? Chi mi spronerà a non aver paura?

Che strana cosa il dolore… e che strana cosa la perdita.

Quando guardavo il film A time for dancing piangevo sempre quando alla fine leggevo: “basato su una storia vera”. Non sapevo che quella storia sarebbe diventata la nostra. In un anno è successo di tutto. Un anno. Gli anni passano così inutilmente, noi non ci accorgiamo del tempo che scorre, ma lui ci divora. All’improvviso tutto cambia.

Mi ponevo un unica domanda: “Perchè?”. Mi dicevo c’e ancora Speranza. E allora partiamo per Lourdes.

Da quella vasca io non sono uscita asciutta. Ma ho pregato. Mari ci credeva veramente e quegli occhi pieni di tranquillità e speranza, davanti al prete, non potrò mai scordarli. Erano così dolci e pieni di luce. Forse il miracolo era destinato a qualche altro fedele. Noi ci abbiamo creduto. Lei ci ha creduto.

Ora invece continuo a ripetere: “evabbè”. Tutto unito, sospirando. Come se questo fosse il destino che ci attendeva. Così era scritto ma non lo sapevamo. Quello che rimane è una fotografia annerita. Una pellicola esposta alla luce prematuramente e ormai bruciata. Ma non è persa, questo sbaglio del destino può insegnarci a rendere unica quella foto. Forse si deve solo aspettare e scrivere sulla pellicola, graffiarla con segni sinuosi in modo che diventino ricordi cicatrizzati sulla pelle. Un dolore che non si cancella e io voglio fidarmi di chi mi dice che presto queste sensazioni si trasformeranno in altro. Ma fa male. Non devo dimenticare che “è come se fosse qua con me”, ma al momento è una magra consolazione. Lei non c’è e non ci sarà.

In questo periodo ho ricevuto molte parole, lettere e frasi di una dolcezza infinita. Non mi sarei mai aspettata tutto questo amore, ma ogni singola parola, anche la più timida e impaurita, mi ha, e ci ha, dato forza. Storie e ricordi che fanno bene, piccoli graffi che iniziano a scalfire quella superficie così spessa come pietra lavica. Piccole fiammelle d’amore così luminose che a momenti risplendono e ti accarezzano il volto con gentilezza, sperando che prima o poi l’equilibrio si ristabilisca e al dolore subentri la gioia dei ricordi.

Come ho sempre sostenuto l’arte aiuta a farci capire il mondo e i piccoli cambiamenti che avvengono in noi e che spesso sottovalutiamo. Allora la prima opera che mi è venuta è in mente è quella  dell’artista Sam Taylor Wood: A little Death. Descrive perfettamente quello che ho visto in un anno di vita: la trasformazione del corpo, la perdita, la morte. Caravaggio rappresentò diverse vanitas e la mela bacata era il simbolo di morte e caducità ma la Wood attraverso il video fa vedere la decomposizione del corpo, giorno per giorno. Il lento appassire della vita. Immagini forti, colte in un tempo lungo ma concentrate in un breve video, che altro non è che la vita.

Questo scritto nato per me stessa e come sfogo personale, è stato letto da mamma in chiesa per il trigesimo di Mari, abbiamo deciso di condividerlo con tutti coloro che ci hanno mostrato il loro amore, parole sicuramente non felici, ma piene di forza d’amore. Un modo per ringraziare chi prova a donarci il loro amore e ci abbraccia con il pensiero.

Io non sarei mai riuscita a leggerlo. Posso scrivere e scrivere… ma non leggere i miei pensieri. Mamma ha avuto questa grande forza con la mano tremolante e la voce distrutta dal dolore, ma forte e ferma. Un amore infinito.

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