ionica – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Sat, 04 May 2019 17:28:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Raffaele Montepaone. Vi racconto la bellezza delle donne calabresi. https://www.cultmag.it/2016/01/18/raffaele-montepaone-vi-racconto-la-bellezza-delle-donne-calabresi/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/01/18/raffaele-montepaone-vi-racconto-la-bellezza-delle-donne-calabresi/#respond Mon, 18 Jan 2016 22:25:30 +0000 https://www.cultmag.it/?p=2857 Raffaele Montepaone, fotografo vibonese, ha fatto del suo essere calabrese un marchio di fabbrica. La sua è una fotografia reportagistica caratterizzata da un bianco e nero fortemente contrastato grazie al quale riesce a dar risalto alle singolarità epidermiche dei soggetti ritratti. Non a caso le “muse” del progetto d’esordio Life sono le anziane donne calabresi con le mani e il volto solcato da profonde rughe. A pochi giorni dalla partecipazione a SetUp Contemporary Art Fair, che si terrà dal 29 al 31 gennaio all’Autostazione di Bologna, abbiamo incontrato il fotografo per farci raccontare in prima persona il suo lavoro.

© Raffaele Montepaone.

© Raffaele Montepaone.

CLAUDIA STRITOF: Life è il progetto che ha segnato il tuo inizio ufficiale in fiere nazionali, potresti dirmi come nasce il tuo interesse verso le donne calabresi e i loro volti?

RAFFAELE MONTEPAONE: L’interesse verso quei volti è nato da un incontro casuale con zia Concetta (così si faceva chiamare). Nel 2007 lavoravo come fotoreporter per un quotidiano locale, mi chiesero un servizio su Stilo, piccola perla dell’entroterra ionico-reggino e lì incontrai la prima protagonista dei miei scatti, una novantenne laboriosa, simbolo della tradizione religiosa e popolare di quel paese. Inizialmente non fu facile fotografarla ma questo non mi turbò perché ero così affascinato dai suoi racconti che preferii conoscerla prima di ritrarla. Solo dopo un pò di tempo maturò in me la consapevolezza che quello era ciò che volevo fare: rappresentare la bellezza e la grandezza della vita tramite quegli occhi e quei volti che nonostante i segni del tempo riuscivano ancora a stupirsi e a stupirmi.

CSImmagino che tutte le donne da te ritratte abbiano affascinanti storie da condividere. Ci potresti raccontare quella che più ti ha colpito? 

RM: Sì, sono proprio le loro storie senza tempo che mi emozionano ancor prima di ritrarle. La storia più toccante fu quella di due sorelle (presenti nella serie Life), che si sposarono a loro volta con due fratelli ma il loro destino fu totalmente diverso. La prima ebbe una vita agiata con un marito rispettoso e molti figli mentre la seconda sposò il fratello violento e geloso, non ebbe figli e passò la sua vita tra paura e frustrazione. Mi raccontarono che le loro vite erano state presagite in un sogno in cui la Madonna avrebbe donato ad una delle due lenzuola di lino, simbolo di prosperità, mentre all’altra donò un fascio di legna, simbolo di sventure. Rimasi turbato dal terrore con il quale la più sfortunata mi parlò del marito nonostante all’epoca del nostro incontro fosse già morto.

RMF_0657 b.n.

© Raffaele Montepaone.

CS: In percentuale sono più le donne che tu fotografi che non gli uomini, come mai questa scelta?

RM: In realtà non c’è una spiegazione, forse è solo perché gli uomini hanno più imbarazzo e pudore nel farsi fotografare e di conseguenza è più difficile coglierne l’anima. O forse, perché il mio occhio è più affascinato dalle donne con le lunghe chiome bianche che nonostante i solchi del tempo sul volto riescono a trasmettermi la vera bellezza, la femminilità che non sfiorisce.

CS: Quali i valori della Calabria di allora che ti hanno trasmesso queste donne? Quali conserveresti e invece da quali ti senti più lontano?

RM: Sono anche io un calabrese, e da buon calabrese attaccato ai valori più semplici ed importanti della vita: i sentimenti sani, i legami familiari, il valore del sacrificio, e ciascuno dei miei soggetti mi ha arricchito moralmente e trasmesso nuovi insegnamenti. Di contro mi sento molto lontano dal fanatismo religioso e dal bigottismo che è anche facile incontrare in persone di una certa età.

© Raffaele Montepaone.

© Raffaele Montepaone.

CS: Perché solo l’utilizzo del bianco e nero? Esistono soggetti che immagineresti a colori?

RM: Io vedo in bianco e nero e fotografo di conseguenza così come osservo. Ritengo che il colore spesso distolga l’osservatore. Il bianco e nero nelle fotografie accentuano la distanza. Per me non sono solo colori, ma simboli primigeni, rappresentano il bene e il male, la vita e la morte, la luce e l’oscurità, l’inferno e il paradiso, l’inizio e la fine.

CS: La scrittrice calabrese Maria Macrì Lucà scrisse: «eterne vicende umane anche se tragiche, anche se grottesche, si ammantano di luci misteriose, si vestono di stupito candore, diventano poesia per chi sa guardare con occhi attenti». Credo che vi siano delle tangenze tra questo passo tratto da “Vecchio mondo e Vecchia gente”, con le tue immagini. Cosa ti fanno venire in mente queste parole?

RM: Ritengo che la scrittrice abbia tradotto in parole ciò che io tento di trasmettere con le mie immagini. Un occhio attento coglierà nelle mani, nei solchi dell’epidermide, negli occhi dei miei soggetti tutto il candore, il mistero, lo stupore e la poesia del loro vissuto.

CS:Potresti darci un’anticipazione sui tuoi progetti?

RM: I progetti in cantiere sono tanti, ma il principale rimarrà Life, diciamo rivisitato in chiave moderna. A breve darò qualche anticipazione.

CS: Prossime mostre dove verrano esposte le tue opere, oltre alla già citata SetUp Art Fair?

RM: Le prossime mostre saranno dal 6 marzo al 10 aprile a Legnano nell’ambito del Festival Fotografico Europeo, a marzo Christie’s batterà una mia opera all’asta il cui ricavato andrà in beneficenza e a luglio Life approderà in un famoso Festival di fotografia che per scaramanzia non anticipo…

Articolo-intervista di Claudia Stritof pubblicato su The Mammoth’s Reflex  (15 gennaio 2016).

***

© Raffaele Montepaone.

© Raffaele Montepaone.

RMF_8879b

]]>
https://www.cultmag.it/2016/01/18/raffaele-montepaone-vi-racconto-la-bellezza-delle-donne-calabresi/feed/ 0 2857
La riscoperta inaspettata: "Gejusa siti la cchjù beja". https://www.cultmag.it/2015/05/12/la-riscoperta-inaspettata-gejusa-siti-la-cchju-beja/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2015/05/12/la-riscoperta-inaspettata-gejusa-siti-la-cchju-beja/#comments Tue, 12 May 2015 16:54:31 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1313

“Gejusanèja mia, Gejusanèja, di la Gejusa siti la cchjù beja.

Pe’ li bejzzi e lu garbu ch’aviti, di la Calabria la cchjù beja siti.

Pemmu lu dicu forsi non su’ degnu, vu’ siti la cchjù beja di lu Regnu.

E pemmu vi lu dicu chjaru e tundu, vu’ siti la cchjù beja di lu mundu”.

Questi versi sono dedicati a una bella “gioiosana”, una ragazza di Gioiosa Jonica, un piccolo paese situato nella Locride, in provincia di Reggio Calabria.

Visivamente Gioiosa ricorda un presepe, con casine arroccate, che se guadate con attenzione risplendono di antichità e di un passato lontano stratificatosi sotto gli spessi strati di intonaco e di manifesti mortuari impressi sui muri come disegni rupestri su grotte primitive.

Non voglio raccontarvi la storia del paese, fior fiori di studiosi si sono occupati dell’argomento in modo approfondito, ma preferisco condividere con voi le sensazioni che mi ha regalato la visita al borgo  durante un pomeriggio “diverso”.

Il paese è ben curato, qua e là, si nota qualche busta svolazzante che conferisce al paese l’aria di un borghetto solitario. Ogni tanto si scorge un anziano che cammina con le mani dietro la schiena e che timidamente accenna un saluto con un lieve movimento del capo, una donna con la busta della spesa, oppure una bambina che, uscendo di corsa dall’uscio di casa, urla inaspettatamente un “ciaoooo” sincero, mentre il suono del martello di alcuni operai a lavoro risuona tra le viuzze del borgo.

Durante la mia passeggiata ho visitato il centro Recosol per ammirare il murales di Emilio Fameli su una parete esterna della struttura, il quale illumina la strada come un arcobaleno colorato.

La seconda tappa è stata a Palazzo Amaduri per chiedere la cartina del paese. Da subito abbiamo notato l’accoglienza di chi vi lavora, così come quella del gentile signore, di cui purtroppo non ricordo il nome, che in men che non si dica, si è adoperato per trovare delle mappe e dei dépliant. Non in ultima la disponibilità del giovane sindaco, Salvatore Fuda, che ci ha dato informazioni storiche sul paese, oltre a proporsi come cicerone, giusto per una quindicina di minuti, il tempo di mostrarci i punti nevralgici da ammirare successivamente a piedi.

Arrivati al castello di Gioiosa Ionica, io e Giuseppe, amico e instancabile amante della Calabria, abbiamo percorso una stradina e siamo giunti alla chiesa Matrice, bellissima con i suoi mattoni a vista e interamente profilata con  lucine “da festa di paese”, alcune mancanti e altre presenti, che la ammantano di un fascino antico.

Iniziamo la discesa verso il paese e da subito si aprono scorci e viuzze piuttosto pittoresche: case disabitate, portoni scardinati, porte chiuse con catene artigianali e vie molto strette, ma lussureggianti di verde e con fiori coloratissimi come se si accedesse all’interno di una serra.

Alle piccole case si intervallano grandi palazzi signorili in cui le facoltose famiglie gioiosane un tempo vivevano, ma che ormai tradiscono la grandezza di un passato molto lontano, forse troppo lontano, perché purtroppo esternamente, molti di essi, sono flagellati dal tempo.

In questo gradevole girovagare per le vie del centro a un certo punto siamo giunti a un giardino recintato con una piccola entrata alla cui sommità vi sono due busti di uomini con elmo. Colti da un’irresistibile curiosità, abbiamo cercato di vedere cosa ci fosse all’interno: il giardino è dominato da una folta vegetazione incolta, da cespugli di asparagi, una piccola scala con quattro gradini e un albero molto alto al centro.

Ancora in giro per il paese altri palazzi antichi e tantissimi portali decorati con bugne, mascheroni mefistotelici e putti con le gote e le sporgenze del viso corrose.

Il meteo non è stato clemente con noi viaggiatori perché dopo aver visitato la chiesa di San Rocco è iniziato a piovere. Dopo uno sguardo veloce all’adiacente Chiesa di S. Pietro e Paolo, attraversato al suo interno da rovi, purtroppo un rudere di cui rimane la facciata e forse le pareti perimetrali, ci siamo diretti verso Palazzo Ajossa. Del palazzo si tramandano due leggende: l’una sul suo costruttore, forse Luigi Vanvitelli, e l’altra riguardante la principessa che vi viveva, perché si dice assistesse alle celebrazioni sacre aprendo semplicemente il balcone del salone prospiciente la rotondeggiante  ed eccentrica Chiesa di S. Nicola di Bari.

Questa è una Calabria: quella affascinante e misteriosa, con i suoi abitanti, cordiali e accoglienti; ma questa in fin dei conti è solo la mia visione che amo questa terra, ma che spesso mi ha fatto desiderare di non tornare più.

Gioiosa è stata un’assoluta ri-scoperta, forse perché non sono mai stata attenta o forse perché alcune volte dimentichiamo di amare ciò che è nostro. L’effetto è stato assolutamente straordinario e mi sono molto stupita perché è come se l’avessi guardata con altri occhi, cercando di scorgere il passato, la storia e le sue tradizioni…

Testo e immagini ©Claudia Stritof. All rights reserved.

***

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Siti Utili: Comune di Gioiosa Ionica ||  Facebook Gioiosa Ionica

]]>
https://www.cultmag.it/2015/05/12/la-riscoperta-inaspettata-gejusa-siti-la-cchju-beja/feed/ 9 1313