locri – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Sat, 04 May 2019 17:28:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Locri Epizefiri… viaggio nella storia e nel presente https://www.cultmag.it/2016/11/25/locri-un-viaggio-nella-storia-e-nel-presente/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/11/25/locri-un-viaggio-nella-storia-e-nel-presente/#respond Fri, 25 Nov 2016 18:18:52 +0000 https://www.cultmag.it/?p=4205 Quella di Locri è una storia antica… Una popolazione di artigiani e pescatori ma anche di scrittori, poeti e artisti. Si pensi a Zaleuco, primo legislatore del mondo occidentale, al filosofo Timeo, alla poetessa Nosside e all’atleta Eutimo.

Lodiamo la Calabria perché è la nostra terra, affermiamo che potrebbe essere meta prediletta per le vacanze ma ci dimentichiamo di apprezzare le nostre meravigliose risorse, e non parlo solo del mare, ma di tutto ciò che ci circonda.

Locri è situata nella Costa dei Gelsomini, chiamata così perché un tempo il Jasminum cresceva rigoglioso. Mia mamma racconta sempre di quando da piccola vedeva le donne raccogliere i piccoli profumatissimi fiori bianchi, i quali una volta colti venivano poi venduti per la produzione di profumi ed essenze.

Attraversare la Strada Statale 106 – oggi conosciuta per numerosi incidenti stradali, ponti che crollano dopo alluvioni e per la fioritura incontaminata di abomini architettonici – doveva essere invece una sorta di paradiso in terra dove la natura cresceva maestosa.

Vi è un luogo, proprio sulla SS 106, che ci permette di rivivere il nostro passato. Un passato molto lontano, che risale all’incirca al 700 a.C., ed è Locri Epizefiri dove oggi sorge l’omonimo Parco Archeologico.

ingresso

Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Un po’ di tempo fa – in periodo di bassa stagione – con un mio amico abbiamo deciso di far visita agli scavi e appena varcata la soglia del museo, lo spettacolo di natura incolta e selvaggia ci ha stregati. Non ricordavamo la bellezza del luogo, qua e là papaveri, margherite e alberi maestosi che subito denunciano il loro stretto legame con le attività produttive del territorio.

L’erba incolta celava al nostro sguardo una parte degli scavi di Centocamere, ma se da un lato questo non permetteva la visione integrale del sito, d’altra parte ammantava i ruderi di un mistero antico.

Centocamere è un tratto molto lungo della vecchia cinta muraria dove era situato il quartiere artigiano, rinvenuto grazie a scavi sistematici effettuati a Locri nella seconda metà del Novecento.

Ai lati del vialetto che circonda il quartiere sono presenti delle panchine per la sosta ma purtroppo erano ricoperte dalla plastica protettiva e quelli che dovevano essere dei totem per approfondimenti storici si presentavano come mere cornici vuote.

Tempio, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Tempio, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

A distanza di molti mesi non so se la situazione sia cambiata, ma lì per lì ho pensato semplicemente che questa è anche colpa nostra che non abbiamo la cultura di vivere il museo e i nostri beni artistici come quotidianità, ed ecco che un luogo che dovrebbe – e potrebbe – accrescere la nostra sensibilità, rimane avvolto nel cellofan per essere protetto dal tempo che inevitabilmente logora ciò che è lasciato a sé stesso, senza dare la possibilità a chi lo gestisce di credere nuovamente che lì potrebbe nascere qualcosa di bello. Ogni amore e ogni amicizia se non curata, accresciuta e apprezzata lentamente muore e lo stesso avviene per il nostro ricco patrimonio culturale.

Purtroppo non è connaturato in noi amare i nostri  beni culturali e molto spesso questi luoghi ricchi di storia rimangono sconosciuti agli stessi ragazzi delle scuole che sono i primi che dovrebbero viverli giornalmente.

Tempio, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Tempio, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Di quel poco che ricordo delle gite fatte alle scuole superiori, sono state rare le volte in cui la scuola ci ha portati a visitare gli scavi e le architetture storiche di cui siamo circondati, certo dobbiamo fare i conti con altri problemi – mobilità e badget – ma il problema è rilevante.

Avendo frequentato il liceo artistico, ogni giorno il nostro esercizio era quello di disegnare prendendo ispirazione dai calchi in aula e i templi, gli stili e le planimetrie le abbiamo lette solo sui libri, ma con il senno di poi capisco che sarebbe stato più proficuo per la nostra conoscenza se ogni tanto fossimo andati a disegnare dal vero, come gli antichi viaggiatori che un tempo percorrevano le vie impervie della Magna Grecia solo per vedere in prima persona tali meraviglie.

Credo che questo mancato dialogo avvenga perché purtroppo il museo è vissuto come qualcosa di altro rispetto alla vita quotidiana, invece di essere pensato come un luogo di formazione.

Dopo questa breve digressione torniamo al quartiere di Centocamere che si presenta come un insieme di isolati ben definiti, numerose le fornaci che si sono mantenute in ottimo stato di conservazione e, non lontano da quella più grande, vi sono alcuni pozzi e un alterino in pietra.

Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Gli scavi sono ben conservati e lungo il percorso si riceve una grande emozione sensoriale, perché, oltre ai resti architettonici, è presente la tipica vegetazione mediterranea con grandi alberi e piante di rosmarino che rendono la visita piacevole anche all’olfatto.

All’ingresso degli scavi, c’e la torre quadrata di Parapezza, il Santuario di Zeus Saettante e il Santuario di Demetra Thesmophòros, in cui già Paolo Orsi aveva rinvenuto molte statuette, doni votivi e numerose coppette e foglie di metallo probabilmente utilizzate durante i rituali; subito dopo si giunge al Santuario di Marasà, qui il cuore si riempie di gioia, perché oltre ad essere uno spettacolo per la vista, per la prima volta incrociamo degli approfondimenti storici, così da permetterci una lettura comprensibile degli scavi.

Purtroppo la zona superiore degli scavi non era visitabile, per cui molto delusi, torniamo all’interno dell’edificio per visitare il Museo con i molti esempi di scultura ritrovata a Locri, tra cui le famose tavolette votive locresi: pinakes.

Solitamente io utilizzo un hashtag #sognounacalabriamigliore, quando noto qualcosa che non mi piace della Calabria, in questo caso, al Museo e Parco Archeologico di Locri, ho visto l’amore per la mia terra, per le nostre tradizioni e per la nostra storia di cui potremmo vivere se solo riuscissimo a valorizzare concretamente le nostre potenzialità. Anche in questo caso, molti particolari di cui ho scritto sopra andrebbero migliorati e il sito andrebbe comunicato e valorizzato giornalmente, perché è veramente un luogo dove subito si assapora ciò che potrebbe essere e ciò che potremmo diventare. Il cuore e la mente, immersi in tale bellezza, vengono appagati da sensazioni uniche che trovano le loro radici in tempi antichi ma che non per questo sono morti, anzi aspettano solo di essere riscoperte.

Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Museo Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Testo e foto ©Claudia Stritof

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Museo Archeologico Nazionale di Locri Epizefiri

Contrada Marasà, 89044 – Locri (RC)

Lun – Dom: dalle ore 9:00 alle ore 20:00

Biglietto: € 4 normale / € 2 ridotto.  Ogni prima domenica del mese ingresso gratuito.

Tel: 0964/390023

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Centocamere, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Centocamere, Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Colonna, Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Colonna, Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

 

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Il meraviglioso mondo di… Rocciolo!!! https://www.cultmag.it/2016/02/13/il-meraviglioso-mondo-di-rocciolo/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/02/13/il-meraviglioso-mondo-di-rocciolo/#respond Sat, 13 Feb 2016 20:48:03 +0000 https://www.cultmag.it/?p=2988 Daniela è una ragazzetta tutta riccia, che non a caso si fa chiamare Rocciolo, non ricordo precisamente quando l’ho conosciuta, ma fin da subito il suo modo di fare da ragazza osservatrice mi ha colpita. Ti guarda! Poche smancerie e capisce subito come stai e come ti senti.

Daniela è anche un vulcano di idee che abita in un mondo fatto di colori, il più delle volte à plat, che molto ricorda il mondo delle fiabe e non a caso Rocciolo si è laureata presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria con una tesi sulle favole e sul gioco, ispirata al lavoro dell’artista Massimo Sansavini. Capire l’arte di Sansavini è importante per comprendere di riflesso quella di Rocciolo, infatti l’artista forlivese si è formato a Ravenna, città del mosaico bizantino, il quale facendo propria la tecnica musiva, realizza opere sagomate in legno, servendosi inoltre dilacche e resine dando così vita a mosaici colorati. Colori ora sgargianti che oscillano tra dinamismo futurista e icone pop, ora tenui e sempre dai contorni definiti e morbidi.

Seconda stella a destra, Incastri di legno, 90×70. © Daniela Galluzzo

Seconda stella a destra, Incastri di legno, 90×70. © Daniela Galluzzo

Ora torniamo a Daniela che dalla natia Locri si trasferisce a Roma e inizia a sperimentare i suoi incastri di legno con la poca attrezzatura necessaria: legno, seghetto, carta vetrata, tempera e vernici all’acqua, riuscendo a creare mondi fantastici abitati da teneri e dolci personaggi. Spille stravaganti, metri per misurare giornalmente la crescita dei bambini, specchi e lampade create ex novo oppure attraverso il recupero di oggetti dimenticati ormai da tempo, come è avvenuto per gli indimenticabili telefono a disco, che è riuscita a far diventare lampade che illuminano «il ricordo», e la cornetta sospesa in aria, è lì come a «sussurrare nel buio l’eco di un “Pronto?”».

Un mondo nuovo, in cui il telefono grigio si tinge di tinte accattivanti, i pensieri solcano un mare di colori e le parole vagano in libertà, perché la missione di Daniela è una sola «scaraventare i grandi, ingrigiti e disabituati all’energia sprigionata dai colori, nello stupore dell’infanzia», perché alla fin dei conti tutti desideriamo tornare bambini, volare liberi nell’aria guidati dai pensieri felici, dimenticando affanni e tristezze. Il compito è arduo ma sono sicura che con il suo paziente lavoro da sapiente artigiana, le sue piccole creaturine ce la faranno a reinventare il mondo perché come ha scritto Tom Robbins – e come più volte Daniela ha affermato – «non è mai troppo tardi per farsi un’infanzia felice».

Testo ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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Parole in luce white, Lampada telefono M9 feat Rocciolo. Modelli lampada-telefono brevettati a nome Daniela Galluzzo dalla Camera di Commercio. © Daniela Galluzzo.

Parole in luce white, Lampada telefono
M9 feat Rocciolo. Modelli lampada-telefono brevettati a nome Daniela Galluzzo dalla Camera di Commercio. © Daniela Galluzzo.

Charlie Naif. © Daniela Galluzzo

Charlie Naif. © Daniela Galluzzo

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La riscoperta inaspettata: "Gejusa siti la cchjù beja". https://www.cultmag.it/2015/05/12/la-riscoperta-inaspettata-gejusa-siti-la-cchju-beja/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2015/05/12/la-riscoperta-inaspettata-gejusa-siti-la-cchju-beja/#comments Tue, 12 May 2015 16:54:31 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1313

“Gejusanèja mia, Gejusanèja, di la Gejusa siti la cchjù beja.

Pe’ li bejzzi e lu garbu ch’aviti, di la Calabria la cchjù beja siti.

Pemmu lu dicu forsi non su’ degnu, vu’ siti la cchjù beja di lu Regnu.

E pemmu vi lu dicu chjaru e tundu, vu’ siti la cchjù beja di lu mundu”.

Questi versi sono dedicati a una bella “gioiosana”, una ragazza di Gioiosa Jonica, un piccolo paese situato nella Locride, in provincia di Reggio Calabria.

Visivamente Gioiosa ricorda un presepe, con casine arroccate, che se guadate con attenzione risplendono di antichità e di un passato lontano stratificatosi sotto gli spessi strati di intonaco e di manifesti mortuari impressi sui muri come disegni rupestri su grotte primitive.

Non voglio raccontarvi la storia del paese, fior fiori di studiosi si sono occupati dell’argomento in modo approfondito, ma preferisco condividere con voi le sensazioni che mi ha regalato la visita al borgo  durante un pomeriggio “diverso”.

Il paese è ben curato, qua e là, si nota qualche busta svolazzante che conferisce al paese l’aria di un borghetto solitario. Ogni tanto si scorge un anziano che cammina con le mani dietro la schiena e che timidamente accenna un saluto con un lieve movimento del capo, una donna con la busta della spesa, oppure una bambina che, uscendo di corsa dall’uscio di casa, urla inaspettatamente un “ciaoooo” sincero, mentre il suono del martello di alcuni operai a lavoro risuona tra le viuzze del borgo.

Durante la mia passeggiata ho visitato il centro Recosol per ammirare il murales di Emilio Fameli su una parete esterna della struttura, il quale illumina la strada come un arcobaleno colorato.

La seconda tappa è stata a Palazzo Amaduri per chiedere la cartina del paese. Da subito abbiamo notato l’accoglienza di chi vi lavora, così come quella del gentile signore, di cui purtroppo non ricordo il nome, che in men che non si dica, si è adoperato per trovare delle mappe e dei dépliant. Non in ultima la disponibilità del giovane sindaco, Salvatore Fuda, che ci ha dato informazioni storiche sul paese, oltre a proporsi come cicerone, giusto per una quindicina di minuti, il tempo di mostrarci i punti nevralgici da ammirare successivamente a piedi.

Arrivati al castello di Gioiosa Ionica, io e Giuseppe, amico e instancabile amante della Calabria, abbiamo percorso una stradina e siamo giunti alla chiesa Matrice, bellissima con i suoi mattoni a vista e interamente profilata con  lucine “da festa di paese”, alcune mancanti e altre presenti, che la ammantano di un fascino antico.

Iniziamo la discesa verso il paese e da subito si aprono scorci e viuzze piuttosto pittoresche: case disabitate, portoni scardinati, porte chiuse con catene artigianali e vie molto strette, ma lussureggianti di verde e con fiori coloratissimi come se si accedesse all’interno di una serra.

Alle piccole case si intervallano grandi palazzi signorili in cui le facoltose famiglie gioiosane un tempo vivevano, ma che ormai tradiscono la grandezza di un passato molto lontano, forse troppo lontano, perché purtroppo esternamente, molti di essi, sono flagellati dal tempo.

In questo gradevole girovagare per le vie del centro a un certo punto siamo giunti a un giardino recintato con una piccola entrata alla cui sommità vi sono due busti di uomini con elmo. Colti da un’irresistibile curiosità, abbiamo cercato di vedere cosa ci fosse all’interno: il giardino è dominato da una folta vegetazione incolta, da cespugli di asparagi, una piccola scala con quattro gradini e un albero molto alto al centro.

Ancora in giro per il paese altri palazzi antichi e tantissimi portali decorati con bugne, mascheroni mefistotelici e putti con le gote e le sporgenze del viso corrose.

Il meteo non è stato clemente con noi viaggiatori perché dopo aver visitato la chiesa di San Rocco è iniziato a piovere. Dopo uno sguardo veloce all’adiacente Chiesa di S. Pietro e Paolo, attraversato al suo interno da rovi, purtroppo un rudere di cui rimane la facciata e forse le pareti perimetrali, ci siamo diretti verso Palazzo Ajossa. Del palazzo si tramandano due leggende: l’una sul suo costruttore, forse Luigi Vanvitelli, e l’altra riguardante la principessa che vi viveva, perché si dice assistesse alle celebrazioni sacre aprendo semplicemente il balcone del salone prospiciente la rotondeggiante  ed eccentrica Chiesa di S. Nicola di Bari.

Questa è una Calabria: quella affascinante e misteriosa, con i suoi abitanti, cordiali e accoglienti; ma questa in fin dei conti è solo la mia visione che amo questa terra, ma che spesso mi ha fatto desiderare di non tornare più.

Gioiosa è stata un’assoluta ri-scoperta, forse perché non sono mai stata attenta o forse perché alcune volte dimentichiamo di amare ciò che è nostro. L’effetto è stato assolutamente straordinario e mi sono molto stupita perché è come se l’avessi guardata con altri occhi, cercando di scorgere il passato, la storia e le sue tradizioni…

Testo e immagini ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

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Mare cristallino e riflessi nucleari https://www.cultmag.it/2014/06/21/mare-cristallino-e-riflessi-nucleari/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2014/06/21/mare-cristallino-e-riflessi-nucleari/#comments Sat, 21 Jun 2014 17:18:42 +0000 http://claudiastritof.com/?p=995

“Un mondo vivido di luci e di colori, fresco, fragrante, come fu voluto da Dio, nei primordi della creazione. Ed i personaggi che lo popolano sono ancora nudi, inesperti, senza parola. Passano i secoli, le generazioni si susseguono veloci, ma Adamo ed Eva vivono ancora nell’Eden. Nascono, muoiono. Un arco di tempo che racchiude la vita: fanciullezza, vecchiaia. Bonacce e tempeste. Eterne vicende umane; ma le vicende, anche se tragiche, anche se grottesche, si ammantano di luci misteriose, si vestono di stupito candore, diventano poesia per chi sa guardare con occhi attenti”.

Maria Macrì LucàVecchio mondo e vecchia gente, 1969

Le coste calabresi sono state d’ispirazione per poeti, artisti e girovaghi che le hanno amate e lodate per il verde lussureggiante della sua flora, per la fresca brezza marina e il mare blu cobalto. E’ un profondo legame quello che unisce il mare e l’uomo “pisciaro” rispetto a chi nasce altrove. Il mio mare corre sinuoso cristallino e trasparente lungo la costa come se non avesse una fine.

Eterne vicende umane e paesane si svolgono in questa terra, racconti che diventano poesia e racconto negli occhi di chi sà guardare. Quella che vi racconto io è una storia “generazionale”, che va dalla fanciullezza alla vecchiaia, in cui tutti sono coinvolti, una storia reale scritta dall’avidità dei “potenti”.

E allora perchè iniziare con il nostro mare cristallino e trasparente? Semplicemente perchè il nostro mare può arrabbiarsi e allora si increspa con le sue creste schiumose e le onde si infrangono con tutta la loro potenza sulla spiaggia, creando il boato tipico del mare in tempesta.

 © Claudia Stritof.

© Claudia Stritof.

E’ una mare speciale, che molti posti balneari “d’eccellenza” non hanno la fortuna di avere, ma noi con il nostro mare e le nostre coste non sappiamo viverci, forse qualche anno fa si, quando nelle estati afose le strade brulicavano di turisti, ma tutto questo ormai non c’e più. E’ solo un vano ricordo e un eterno rimpianto.

Il mare trasmette sensazioni contrastanti e ad oggi non riesco a guardarlo con gli stessi occhi, come non riesco più a guardare i monti e l’Aspromonte, oppure passare sotto la galleria della Limina e pensare al male che si cela in essi.  Mare e montagna convivono a pochi passi l’uno dall’altro con semplicità e perfezione, ma le nostre bellezze e le nostre peculiarità sono state minate e contaminate, da chi per soldi non ha pensato a cosa sarebbe accaduto venti anni dopo.

Vite spezzate di giovani, ragazzi, ragazze, mamme, papà, nonne, nonni, fratelli e sorelle, nessuno si salva dagli innumerevoli casi tumorali, che giornalmente colpiscono amici e conoscenti. Come un tempo ha scritto Corrado Alvaro: “la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile”, forse in molti hanno frainteso questa frase e la disonestà si è impadronita generazione dopo generazione delle menti, intaccando chi volente o nolente vive in queste terre “sterminate”.

I viaggi nel nostro mare risalgano a tempi antichi, ma negli ultimi venti anni questi viaggi sono stati segnati da una partenza ma non da una destinazione. Navi perse o meglio “navi a perdere” che hanno solcato i nostri mari e lì hanno “deciso” di affondare.

Le “navi dei veleni” sono uno degli argomenti di cui molto spesso si sente parlare, ma che molto spesso si dimentica. Più guardo il mare e la terra e più mi chiedo: “e se fosse proprio la nostra terra a farci morire?

L’incidenza tumorale in Calabria, e in particolar modo sulla costa jonica è molto alta. Spesso si leggono notizie sui quotidiani locali e nazionali, in cui vengono riportate dichiarazioni di nuovi pentiti che indicano presunti luoghi dove i barili sono stati interrati e/o navi affondate ma indagini serie non vengono fatte. Perchè non si studiano le cause? Perché si ha paura della risposta? Dobbiamo soccombere tutti prima che i mali che qualcuno ha deciso di portare nella nostra terra per il vil denaro vengano scoperti?

Leggere i dati e le previsioni sull’incidenza spaventa. Il mare può nascondere anche questo male? E se questo nostro mare non fosse più puro? Se fosse proprio lui una delle cause che ci porta ad ammalarci? E perchè inquinare il mare? Per cosa? Per soldi? Chi ci pensa alla popolazione? Molte le indagini, molte le inchieste e molti i miei pensieri e la voglia di capire.

Credo che nessuno dovrebbe provare il dolore della perdita e parlando con molte persone ad un certo punto ti rendi conto che sono molte le persone che giornalmente sono colpite nella mia zona da questo male e si rafforza in me l’idea che sia un sintomo di un male collettivo. Un caso dopo l’altro che ad un certo ti porta a chiederti: e a me quando toccherà?

Molte le navi affondate  i motivi che sposso si leggono sono diversi come quello di  incassare i soldi delle assicurazioni, oppure aiutare i “potenti” a smaltire rifiuti che nessuno vorrebbe, di solito radioattivi. Ecco che allora il Sud del mondo viene riscoperto nel suo splendore e il mediterraneo diventa la meta privilegiata per questi viaggi senza meta.

La nave Jolly Rosso arenata sulla spiaggia di Amantea in provincia di Cosenza nel 1994 . ANSA/ FRANCESCO ARENA

La nave Jolly Rosso arenata sulla spiaggia di Amantea in provincia di Cosenza nel 1994 . ANSA/ FRANCESCO ARENA

Alcuni nomi: la nave Aso, affondata il 17 maggio 1979 al largo di Locri. Trasportava solfato ammonico, prodotto di scarto dell’industria chimica. I documenti ufficiali riportano che la nave sarebbe affondata dopo aver colpito un oggetto sommerso. Il 31 ottobre 1986 affonda la nave Mikigan, al suo interno granulato di marmo, che come il cemento, scherma la presenza di sostanze tossiche e radioattive, affondato nel mar Tirreno. Il 21 settembre 1987 affonda la nave Rigel. Il processo si è chiuso nel maggio del 1992 inchiodando i responsabili. E’ stato un naufragio doloso e truffa alle assicurazioni. La Rigel partita da Marina di Carrara ha poi fatto meta su altre coste fino al giorno in cui venne affondata a Capo Spartivento. Nessun S.O.S lanciato dalla nave, i resoconti sono confusi, ciò che destò l’interesse gli inquirenti fu un’intercettazione telefonica in cui veniva menzionato un carico contenente “merda”. Il 9 dicembre 1988  affonda la Four Star I in un luogo non precisato nello jonio meridionale. Il 14 dicembre 1990 la Jolly Rosso, della società di Ignazio Messina, si arenò ad Amantea (CS), l’inabissamento non riuscì. La nave è stata coinvolta in una lunga inchiesta e che nonostante sia stata archiviata nel 2009, la vicenda è stata collegata all’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, sullo smaltimento di rifiuti radioattivi.

Il giornalista Claudio Cordova afferma: Tante le note “riservate”. La prima è del 17 novembre 1992, allorquando gli 007 del Centro di Reggio Calabria segnalano come i fratelli Cesare e Marcello Cordì, all’epoca latitanti, avrebbero gestito lo smaltimento illegale di rifiuti tossici e radioattivi provenienti da depositi del Nord e Centro Italia, sotterrandoli lungo i canali scavati per la posa in opera di tubi per metanodotti nel Comune di Serrata, in provincia di Reggio Calabria |…| Agli atti d’archivio, però, vi sono anche le indagini per la cattura del super latitante Giuseppe Morabito, il “Tiradritto” di Africo, paese della Locride. E’ il 1994, Morabito verrà arrestato solo dieci anni dopo, ma già in quell’occasione i Servizi segnalano che il latitante, in cambio di una partita di armi, avrebbe concesso l’autorizzazione a far scaricare, nella zona di Africo, un non meglio precisato quantitativo di scorie tossiche e, presumibilmente, anche radioattive, trasportate tramite autotreni dalla Germania. Ma tutto questo non basta, Africo dopo tutto è lontana all’incirca mezz’ora dal mio paese, e quindi non stupiamoci se anche noi siamo rimasti indenni a discariche abusive di materiale tossico, serve solo il tempo che il male emerga dalla terra e nella provincia di Reggio Calabria, i luoghi dove si trovano le discariche, per la maggior parte grotte, sono: Grotteria, Limina, Gambarie, Canolo, Locri, Montebello Jonico (100 fusti), Motta San Giovanni, Serra San Bruno (Cz), Stilo, Gioiosa Jonica, Fabrizia (Cz).

Natale de Grazia

Natale de Grazia

Per chi non è di qui non conoscerà questi paesi, ma sono tutti molto vicini e invece chi vi abita li conoscerà uno per uno, perché vi è nato, perché ci sono gli amici o parenti, perché ha festeggiato una pasquetta, o semplicemente ci lavora o lo visita.

Forse troppo nozionismo il mio, forse è solamente un elenco di “carrette” e di carte, ma chi studia ciò che sta avvenendo nel nostro paese, c’e, esiste, sono persone che si pongono domande e visto che le risposte non vengono date da chi di dovere, le cercano da soli. Io le domande me le pongo e credo che sia giusto condividerle, per la nostra salute, anche se ormai forse è stata intaccata, e quindi credo sia giusto farlo per chi verrà. Ogni anno, vedo “la mia terra” peggiorare, e tutto questo a causa dei suoi stessi abitanti, a causa di chi dall’alto ha deciso di non prendersi cura di Lei come di una mamma e che non la culla come una figlia da far crescere nel modo più genuino possibile.

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