marina di gioiosa jonica – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Sat, 04 May 2019 17:28:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Il Negroni: un secolo di storia. https://www.cultmag.it/2016/02/17/il-negroni-un-secolo-di-storia/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/02/17/il-negroni-un-secolo-di-storia/#respond Wed, 17 Feb 2016 14:37:53 +0000 https://www.cultmag.it/?p=3007 Dolce e amaro al tempo stesso, rosso come l’amore servito con una fettina d’arancia e senza cannuccia. Un equilibrio perfetto di semplicità: questo è il Negroni! Tre ingredienti miscelati in parti uguali: Vermut rosso, bitter Campari e Gin. Sembrerebbe la cosa più semplice del mondo e invece… molto spesso il Negroni è imbevibile.

Per chi come me è cresciuto al Blue Dahlia di Marina di Gioiosa Ionica (R.C), avrà sicuramente una venerazione verso il Negroni di Ruggero, estate o inverno che sia è sempre una certezza. Non tutti però conoscono la vera storia del cocktail e finalmente un libro fa chiarezza sulla sua nascita: Negroni cocktail. Una leggenda italiana, scritto da Luca Picchi ed edito da Giunti Editore.

L’autore, che con dovizia di particolari racconta la nascita dell’aristocratico cocktail, scrive: «sorseggiare un Negroni invita a socializzare, avvicina la gente, ci trasporta con un’area nobile e un po’ misteriosa, al tempo che fu», quello della Firenze di primo Novecento, nei suoi numerosi caffè frequentati da letterati e artisti. Una città viva e in pieno fermento politico e culturale abitata da bottegai, viaggiatori, politici e aristocratici che passeggiavano gli uni accanto agli altri per le storiche vie del centro.

Il Negroni nasce tra il 1919 e il 1920 in via de’ Tornabuoni al Caffè Casoni di Firenze grazie all’amicizia che lega il conte Camillo Negroni e il barman Fosco Scarselli.

Il conte Camillo Negroni nel giardino del suo appartamento in via Orcagna a Firenze. Tratta dal libro Negroni cocktail. Una leggenda italiana di Luca Picchi, edito da Giunti editore. Courtesy Collezione famiglia Negroni-Bentivoglio.

Il conte Camillo Negroni nel giardino del suo appartamento in via Orcagna a Firenze. Tratta dal libro Negroni cocktail. Una leggenda italiana di Luca Picchi, edito da Giunti editore. Courtesy Collezione famiglia Negroni-Bentivoglio.

Cammillo Luigi Manfredo Maria Negroni è stato un uomo dalle mille vite e dai molti interessi: nato il 25 maggio 1868 dal conte Enrico Negroni e da Ada Bishop Savage Landor (a sua volta figlia dello scrittore anglosassone Walter Savage Landor, sepolto in quel bellissimo luogo che è il Cimitero degli Inglesi a Firenze), rimane orfano di padre molto presto e già a sedici anni è iscritto all’Accademia Militare di Modena. La madre nel frattempo si risposa con il marchese Paul de Teurenne, trasferendosi in una villa presso Scandicci e al suo ritorno da Modena il clima familiare non è più lo stesso. A causa delle numerose incomprensioni con la madre e il patrigno, il conte decide di andare negli Stati Uniti assecondando il proprio spirito cosmopolita e girovago.

Nel 1887 il conte Negroni appassionato di cavalli diventa cowboy tra le praterie del Wyoming e il Canada, successivamente si trasferisce a New York, dove frequenta ambienti esclusivi e ricevimenti importanti, da vero dandy quale il conte era. Trascorre sette anni nella Grande Mela, assaporando la vera essenza di quella che è stata definita la Golden age of cocktails, infatti qui apprezza e conosce i drink più amati dell’epoca. Sempre in questo ambiente vivace alla socializzazione e dedito alla bella vita apre una scuola di scherma e infine conosce Anta Zazworka, donna che lo accompagnerà e lo seguirà nei suoi numerosi viaggi, fino a quando nel 1912 i due decidono di vivere stabilmente nella natia Firenze.

Camillo Negroni, Ada Savage Landor, Anta Negroni (moglie di Camillo).

Camillo Negroni, Ad Savage Landor, Anta Negroni (moglie di Camillo).

Il conte avvolto dal fumo della sua immancabile sigaretta e cilindro sul capo, ogni sera prima di recarsi al Grand Hotel di Firenze, oggi St. Regis, per intrattenersi con la buona società fiorentina e internazionale, si recava al Caffè di Gaetano Casoni per deliziare il proprio palato con i cocktail serviti dall’amico e barista Fosco Bruno Sabatino Scarselli, il quale aveva iniziato a lavorare al caffè subito dopo la Prima Guerra Mondiale. Si racconta che Scarselli fosse il bartender perfetto: colto, socievole, attento ai gusti e alla personalità del cliente ma anche educato ed elegante, così come gentile ed umano era il conte, «forse un po’ snob e garbatamente spavaldo, ma sempre disponibile all’amicizia. Amante del rischio, non badava al domani prima di aver vissuto intensamente l’oggi».

Un giorno il conte chiese a Fosco di irrobustire il suo solito Americano con il Gin e fu in quel fatidico momento che vedeva la luce il primo Negroni, diventando in poco tempo il drink per eccellenza a Firenze per poi sconfinare in tutto il mondo. Il conte era devoto al suo cocktail e si racconta che in un giorno ne riuscisse a bere quaranta senza mai cedere in preda ai fumi dell’alcol, ma questo probabilmente perché i primi Negroni non venivano fatti nei classici tambler ma negli stretti calici da cordiale, allora molto in voga, come è ben rappresentato nei manifesti di inizio Novecento dall’artista Marcello Dudovich.

Una piccola, ma fondamentale, variante apportata alla tradizione ha tramutato il solito cocktail nel famoso Americano alla maniera del conte Negroni. Un cocktail che a distanza di quasi un secolo continua a deliziare i palati dei più temerari. Si sa, il Negroni lo si ama o si odia, non ci sono mezze misure, tre ingredienti che nella loro semplicità «creano una melodia che accarezza tutti i sensi […] ristora e rinfresca il corpo e la mente».

Testo ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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A sinistra: Copertina del libro Negroni Cocktail. Una leggenda italiana di Luca Picchi, edito da Giunti Editore. Il libro raccoglie, oltre a innumerevoli informazioni documentarie sul conte e sulla storia del Negroni, anche molte immagini provenienti dalla Collezione di famiglia Negroni-Bentivoglio di straordinaria bellezza e importanza storica. A destra: Il conte Camillo Negroni. Courtesy Collezione famiglia Negroni- Bentivoglio. Giunti Editore.

A sinistra: Copertina del libro Negroni Cocktail. Una leggenda italiana di Luca Picchi, edito da Giunti Editore. Il libro raccoglie, oltre a innumerevoli informazioni documentarie sul conte e sulla storia del Negroni, anche molte immagini provenienti dalla Collezione di famiglia Negroni-Bentivoglio di straordinaria bellezza e importanza storica. A destra: Il conte Camillo Negroni. Courtesy Collezione famiglia Negroni- Bentivoglio. Giunti Editore.

Etichette realizzate da Depero per Campari. Dall'archivio Campari.

Etichette realizzate da Depero per Campari. Dall’archivio Campari.

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Hyenaz: l’avanguardia berlinese tra riti magici e musica elettronica. https://www.cultmag.it/2016/01/05/hyenaz-lavanguardia-berlinese-tra-riti-sacri-e-musica-elettronica/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/01/05/hyenaz-lavanguardia-berlinese-tra-riti-sacri-e-musica-elettronica/#respond Tue, 05 Jan 2016 21:32:59 +0000 https://www.cultmag.it/?p=2583 Quella sera non avevo molta voglia di uscire ma ho deciso di farlo comunque per ascoltare Hyenaz, una band giunta dalla capitale tedesca in un paesino della costa jonica calabrese. Ero lì a parlare con alcuni amici quando improvvisamente dalla piccola saletta del Blue Dahlia di Marina di Gioiosa Jonica (R.C), si ode un rumore di ferro sfregato ed ecco che molto lentamente i due artisti Mad Kate & TUSK incedono l’uno dietro l’altro. Si aggirano per la sala silenziosamente, loro ci osservano e vedono i nostri occhi, ma noi non vediamo i loro, solo a tratti si scorge il volto al di sotto dei pesanti veli bianchi che cingono completamente il loro capo.

Tutti osserviamo attoniti venendo catturati dall’aria sacrale che emanano potentemente i due artisti dagli abiti bianchi, volutamente rovinati e sapientemente progettati. Abiti realizzati artigianalmente con frammenti di tessuto e oggetti comuni recuperati da qualche discarica di Berlino. L’aspetto è quello di sacerdoti pagani e anche il loro canto ha un qualcosa di ancestrale, parole sussurrate che scaturiscono dal profondo a cui seguono gesti lenti e calibrati che improvvisamente diventano convulsivi e decisi come se i loro corpi fossero attraversati da potenti scariche elettriche. Pian piano gli indumenti scivolano via e i due esseri androgeni vengono alla luce con i loro corpi dipinti di bianco, mentre i volti si increspano in smorfie le quali ricordano antiche maschere apotropaiche, gestualità e iconografia tratta dal consapevole studio della danza giapponese Butoh di cui Mad Kate è un’abile interprete. Lo spettatore è coinvolto sinesteticamente nel rito: penetrato dal loro sguardo indagatore, sfiorato dalla loro liscia epidermide e pervaso dalle diverse sonorità.

Mad Kate è una performer versatile, che spazia dalla danza contemporanea alla musica sperimentale con totale naturalezza e cosciente di un solido background artistico mentre TUSK, che oltre ad essere un eclettico musicista, è anche un produttore musicale di notevole spessore che «vive in un mondo di fantasia disco-schizoide di personalità multipla». Da un connubio del genere non poteva che nascere un progetto esplosivo che ha portato la band in un lungo tour mondiale fino in Corea del Sud dove si sono esibiti al MMCA Museum of Modern and Contemporary Art a Seoul.

Testo e immagini ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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Claudia Stritof, Hyenaz live Blue Dahlia, gennaio 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

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Claudia Stritof, Hyenaz live Blue Dahlia, gennaio 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

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Claudia Stritof, Hyenaz live Blue Dahlia, gennaio 2015. © Claudia Stritof. All rights reserved.

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La riscoperta inaspettata: "Gejusa siti la cchjù beja". https://www.cultmag.it/2015/05/12/la-riscoperta-inaspettata-gejusa-siti-la-cchju-beja/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2015/05/12/la-riscoperta-inaspettata-gejusa-siti-la-cchju-beja/#comments Tue, 12 May 2015 16:54:31 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1313

“Gejusanèja mia, Gejusanèja, di la Gejusa siti la cchjù beja.

Pe’ li bejzzi e lu garbu ch’aviti, di la Calabria la cchjù beja siti.

Pemmu lu dicu forsi non su’ degnu, vu’ siti la cchjù beja di lu Regnu.

E pemmu vi lu dicu chjaru e tundu, vu’ siti la cchjù beja di lu mundu”.

Questi versi sono dedicati a una bella “gioiosana”, una ragazza di Gioiosa Jonica, un piccolo paese situato nella Locride, in provincia di Reggio Calabria.

Visivamente Gioiosa ricorda un presepe, con casine arroccate, che se guadate con attenzione risplendono di antichità e di un passato lontano stratificatosi sotto gli spessi strati di intonaco e di manifesti mortuari impressi sui muri come disegni rupestri su grotte primitive.

Non voglio raccontarvi la storia del paese, fior fiori di studiosi si sono occupati dell’argomento in modo approfondito, ma preferisco condividere con voi le sensazioni che mi ha regalato la visita al borgo  durante un pomeriggio “diverso”.

Il paese è ben curato, qua e là, si nota qualche busta svolazzante che conferisce al paese l’aria di un borghetto solitario. Ogni tanto si scorge un anziano che cammina con le mani dietro la schiena e che timidamente accenna un saluto con un lieve movimento del capo, una donna con la busta della spesa, oppure una bambina che, uscendo di corsa dall’uscio di casa, urla inaspettatamente un “ciaoooo” sincero, mentre il suono del martello di alcuni operai a lavoro risuona tra le viuzze del borgo.

Durante la mia passeggiata ho visitato il centro Recosol per ammirare il murales di Emilio Fameli su una parete esterna della struttura, il quale illumina la strada come un arcobaleno colorato.

La seconda tappa è stata a Palazzo Amaduri per chiedere la cartina del paese. Da subito abbiamo notato l’accoglienza di chi vi lavora, così come quella del gentile signore, di cui purtroppo non ricordo il nome, che in men che non si dica, si è adoperato per trovare delle mappe e dei dépliant. Non in ultima la disponibilità del giovane sindaco, Salvatore Fuda, che ci ha dato informazioni storiche sul paese, oltre a proporsi come cicerone, giusto per una quindicina di minuti, il tempo di mostrarci i punti nevralgici da ammirare successivamente a piedi.

Arrivati al castello di Gioiosa Ionica, io e Giuseppe, amico e instancabile amante della Calabria, abbiamo percorso una stradina e siamo giunti alla chiesa Matrice, bellissima con i suoi mattoni a vista e interamente profilata con  lucine “da festa di paese”, alcune mancanti e altre presenti, che la ammantano di un fascino antico.

Iniziamo la discesa verso il paese e da subito si aprono scorci e viuzze piuttosto pittoresche: case disabitate, portoni scardinati, porte chiuse con catene artigianali e vie molto strette, ma lussureggianti di verde e con fiori coloratissimi come se si accedesse all’interno di una serra.

Alle piccole case si intervallano grandi palazzi signorili in cui le facoltose famiglie gioiosane un tempo vivevano, ma che ormai tradiscono la grandezza di un passato molto lontano, forse troppo lontano, perché purtroppo esternamente, molti di essi, sono flagellati dal tempo.

In questo gradevole girovagare per le vie del centro a un certo punto siamo giunti a un giardino recintato con una piccola entrata alla cui sommità vi sono due busti di uomini con elmo. Colti da un’irresistibile curiosità, abbiamo cercato di vedere cosa ci fosse all’interno: il giardino è dominato da una folta vegetazione incolta, da cespugli di asparagi, una piccola scala con quattro gradini e un albero molto alto al centro.

Ancora in giro per il paese altri palazzi antichi e tantissimi portali decorati con bugne, mascheroni mefistotelici e putti con le gote e le sporgenze del viso corrose.

Il meteo non è stato clemente con noi viaggiatori perché dopo aver visitato la chiesa di San Rocco è iniziato a piovere. Dopo uno sguardo veloce all’adiacente Chiesa di S. Pietro e Paolo, attraversato al suo interno da rovi, purtroppo un rudere di cui rimane la facciata e forse le pareti perimetrali, ci siamo diretti verso Palazzo Ajossa. Del palazzo si tramandano due leggende: l’una sul suo costruttore, forse Luigi Vanvitelli, e l’altra riguardante la principessa che vi viveva, perché si dice assistesse alle celebrazioni sacre aprendo semplicemente il balcone del salone prospiciente la rotondeggiante  ed eccentrica Chiesa di S. Nicola di Bari.

Questa è una Calabria: quella affascinante e misteriosa, con i suoi abitanti, cordiali e accoglienti; ma questa in fin dei conti è solo la mia visione che amo questa terra, ma che spesso mi ha fatto desiderare di non tornare più.

Gioiosa è stata un’assoluta ri-scoperta, forse perché non sono mai stata attenta o forse perché alcune volte dimentichiamo di amare ciò che è nostro. L’effetto è stato assolutamente straordinario e mi sono molto stupita perché è come se l’avessi guardata con altri occhi, cercando di scorgere il passato, la storia e le sue tradizioni…

Testo e immagini ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Gioiosa Ionica, Aprile 2015. © Claudia Stritof.

Siti Utili: Comune di Gioiosa Ionica ||  Facebook Gioiosa Ionica

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