neoplasia – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Sun, 12 Feb 2017 09:58:05 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Tre anni senza te… https://www.cultmag.it/2017/02/12/tre-anni-senza-te/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2017/02/12/tre-anni-senza-te/#comments Sun, 12 Feb 2017 09:43:28 +0000 https://www.cultmag.it/?p=4512 3 anni… in alcuni momenti mi sembra un’infinità di tempo come se fossero passati secoli da quel 12 febbraio 2014.

Non scorderò mai il momento in cui è andata via: ero sul terrazzo che parlavo al telefono con il mio migliore amico e ho chiuso la chiamata improvvisamente. Non scorderò la disperazione sul volto di mia madre, né le mani di mio zio che angosciosamente toccavano i miei capelli mentre io accarezzavo la guancia di Mari per l’ultima volta. Non scorderò mai quello che ho provato e che mi è impossibile raccontare perché troppo forte e ancora troppo doloroso per me.

Dopo tre anni concretizzare le parole è difficile perché non so dire cosa sia cambiato, ma io sono diversa e i miei occhi anche. Ne ho avuto la certezza qualche giorno fa quando un’amica ha commentato una mia foto che risale a circa quattro anni fa e che aveva scattato proprio Marinella: «Bonita!! E di più l’occhio ridente». La cosa mi ha fatto riflettere perché questa semplice frase denota una realtà a cui non posso sfuggire: i miei occhi sono diversi e lo saranno per sempre. Come ha detto mia cugina: “non possono essere  gli stessi, e Cla, i tuoi non lo sono già da tanto tempo”.

Da 3 anni vivo a fasi alterne come se ogni tanto dentro di me venisse a mancare la corrente o al contrario fossi in sovraccarico di emozioni.

Fino a qualche tempo fa ero ossessionata dal ricordo della malattia, che purtroppo quando emerge mi allontana dai momenti felici passati insieme a lei. Per fortuna però questi ultimi stanno iniziando a riemergere, anche se al momento sono pochi.

I miei “ricordi felici” sono giunti in un momento banale ed erano anch’essi pensieri che qualcuno giudicherebbe futili e che invece mi hanno fatto sorridere. Piccoli e timidi flashback felici che speri non finiscano mai per poter indugiare nei ricordi di te e lei insieme.

Il ritorno dei miei fragili flashback ha coinciso con il rinascere del mio sorriso. E’ molto strano spiegarlo ma era come se mi fossi persa: ricordavo la malattia e il suo dolore ma non ricordavo Noi felici. Come se la malattia avesse obliato i miei ricordi: le orecchie da renna che indossavamo a Natale, le nostre cene a base di Traminer o Muller, le mille ore che perdeva a farmi i capelli con la piastra, quando mi costringeva a indossare i tacchi e invece quando terrorizzata dalla sua guida pazza mi attaccavo alla maniglia della macchina.

Nella perdita di una persona cara ciò che viene a mancare è la quotidianità, i piccoli momenti di normalità e routine, che in realtà capiamo essere preziosi solo nel momento in cui non li abbiamo più. Ciò che cambia sono le emozioni e i sentimenti. Diventano contrastanti: vorresti essere felice ma non lo sei mai pienamente, hai quel sentimento dentro che fa male e non ci puoi fare nulla.

Banalmente, quando penso alle nostre giornate di shopping, il pensiero mi rende immensamente felice, ma allo stesso tempo, quando poi sono costretta a fare shopping da sola divento triste, perché lei era l’unica che riusciva a farmi comprare dei vestiti che non fossero neri.

Ogni tanto, guardando il nostro divano rosso, ripenso a quando dopo pranzo ci sdraiavamo lì e guardavamo un’infinità di programmi scemi, cosa che ormai mi capita raramente, ed è lì che ti accorgi che quei continui litigi per decidere cosa guardare facevano parte di te e che hai perso la tua parte “diversa” quella che ti faceva essere un pò più lei e che ti influenza positivamente nel tuo modo di essere.

Paulo Coelho in Adulterio scrive: «Che cosa c’è di sbagliato nella routine della quotidianità? A essere sincera, proprio niente. Solo… Solo il terrore segreto che tutto cambi all’improvviso, cogliendomi alla sprovvista» ed è quello che è successo a Noi. Tutto è cambiato improvvisamente e allora pensi che quella quotidianità non era poi così male.

Un pò di tempo fa a Padova mi è capitato di assistere a due scene meravigliose per quanto banali ma che hanno generato in me il ricordo che mi ha fatto sorridere.

Due ragazze – figlie di amici di famiglia – la mattina prima di andare a scuola avevano litigato per dei jeans non prestati. Scese dalla macchina: una camminava avanti e l’altra dietro senza mai parlarsi. La cosa ha suscitato in me tanta tenerezza perché lo stesso succedeva a noi: non si sa per quale ragione i vestiti un giorno venivano prestati con felicità, il giorno dopo invece diventavano motivo di litigio. Le ragazze non sanno che quel momento, benché caratterizzato dal risentimento, è in realtà un momento prezioso del loro vissuto, ed è giusto che non lo sappiano perché rappresenta la loro quotidianità.

Ma la storia delle due sorelle non finisce qui, infatti, il giorno dopo scherzavano e ridevano come se nulla fosse successo, come solo due sorelle possono fare perché si sa «le sorelle non hanno bisogno di parole. Hanno perfezionato un linguaggio di smorfie e sorrisi» che solo loro possono capire. Un legame indissolubile e profondo che cela in se quel pizzico di fanciullezza che solo una sorella può conoscere di te.

In questi tre anni mi sono persa nei miei pensieri, mi sono ritrovata, mi sono ripersa e ritrovata nuovamente. Cerco una strada, cerco di tramutare ciò che ho perso in qualcosa da raccontare agli altri perché è difficile raccontare se stessi quando si è persa una parte del proprio essere.

Credo che a 3 anni di distanza la mia mente sia confusa… che la mia ricerca nel capire perché ci sia successo questo non è mai giunta al termine e ti accorgi anche che la continua ricerca in alcuni momenti ti porta fuori strada. Sei qui ma non sei in nessun luogo e molti dei tuoi momenti ti ritrovi a viverli in solitudine.

Mi è capitato di raccontare la mia storia a persone appena conosciute in un ospedale, in un supermercato, su un treno e a mia volta ascoltare le loro. E’ più facile parlare con chi non si conosce perché non ci sono pregiudizi e paura, semplice partecipazione e onesta apertura dell’anima, probabilmente perché sai che quella persona non la rivedrai mai più.

Riflettendo sulla vita e sul percorso che ognuno di noi compie per giungere al proprio traguardo personale mi è tornato in mente un video dell’artista Giovanna Ricotta dal titolo Fai la cosa giusta.

Fai la cosa giusta… è una metafora che si svolge in tre fasi dell’esistenza in cui l’artista incarna la “moto-geisha-samurai”: la prima fase è la consapevolezza «del dover fare qualcosa», la fase intermedia è caratterizzata dalla “follia” creativa e per ultima la disciplina «che permette di arrivare alla meta compiendo la giusta azione».

In fin dei conti ciò che si deve ricercare nella vita, come nell’arte, è la concentrazione, credere che pensieri e azioni positive possano farci stare bene un domani e che la nostra genuina follia possa realmente farci scoprire la nostra strada. E’ dura, lo so, ma vale la pena provarci, cercare giorno per giorno di ricordare chi siamo stati, con chi lo siamo stati e come eravamo per capire chi stiamo diventando.

Vi lascio con un piccolo frammento di Noi, di Lei. Una conversazione avvenuta tra me e Mari quando già il male che ce l’ha portata via l’aveva aggredita, ma lei forte, bella e tenace non ha mai smesso di sognare. Di poter ricominciare a vivere e di lottare per ciò in cui credeva fermamente.

M: Comunque ieri ultimo esame!!! E da oggi vita nuova… Preparazione intensiva.
C: Bellezza. E io che non riesco a studiare.
M: E mi sento fiduciosa, vincerò presto il concorso. Il cervello mi funziona e sto imparando e studiando un casino di cose!!! Oggi vado anche a tagliare i capelli.
C: Iuuuu. E certo che vinci il concorso. Dobbiamo aprire anche una galleria d’arte.
M: Niente galleria…non ti finanzierò!!!! 😋😋
C: Seeeeee. Come no…

La nostra quotidianità. La sua forza, la nostra vita. Ciao Sister.

***

Testo, pensieri e vita di Claudia Stritof.

MAMbo, Fai la cosa giusta (performance), Giovanna Ricotta – Foto di Marcello-Medici.

]]>
https://www.cultmag.it/2017/02/12/tre-anni-senza-te/feed/ 2 4512
Un anno è passato… https://www.cultmag.it/2015/02/04/un-anno-e-passato/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2015/02/04/un-anno-e-passato/#comments Wed, 04 Feb 2015 10:20:16 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1610 Un anno è passato e rileggendo le parole scritte di getto, ad un solo mese di distanza dalla morte di Mari, la sensazione di spossatezza non è cambiata. Più attenuata, certo. Ma purtroppo rimane lo stesso dolore, che credo mai cambierà.

Ho imparato a pronunciare la parola MORTE, ma non l’ho mai fatta mia, riesco a dirla di rado. Per me Mari “è andata via”, forse sperando che ancora torni da noi. Forse sperando in un suo abbraccio e in una sua carezza. Ancora oggi, spero che lei mi chiami e come se fosse partita per un lungo viaggio mi racconti tutto ciò che ha fatto in questo anno. Faccio fatica a non poter parlare con lei e allora le scrivo messaggi come se potesse leggerli, proprio come facevamo una volta, speranzosa di ricevere una risposta, che so che non arriverà.

Se ripenso all’anno scorso, proprio in questi giorni le davo l’ultima carezza e toccavo per l’ultima volta la sua guancia calda, oggi rimane solo il ricordo di quel contatto e di quella sensazione insostituibile.

Ho avuto una sorella, anche se per soli 27 anni, che mi è stata strappata via all’improvviso. La prossima settimana io avrò la stessa età e non mi sono neanche accorta che un anno è passato, come se avessi vissuto in una bolla d’aria, in cui ogni tanto manca l’ossigeno.

Da una parte ricerchi le fotografie per rivivere quei momenti felici, ma dall’altra in alcuni attimi vorresti non pensare, perché alcune volte i pensieri fanno molto male, sono come se un macigno che ti fa sprofondare in una sorta di oblio, non so bene perché ma improvvisamente la tranquillità svanisce e allora i pensieri affollano la mente.

Il tempo è trascorso, la vita è andata avanti, anche se molto lentamente, tutto è cambiato e nulla è più uguale a prima, ho sentito il “lento appassire della vita”, e fa male.

E’ passato un anno… e forse è troppo poco. Non so spiegare cosa sia cambiato ma posso dire che la nostra vita non è più la stessa. Mi chiedono: “Come ci si sente?” – “Come si affronta?”… Non lo so, è una sensazione strana, si cerca di capire come affrontare la normalità della vita. Ma non esiste più una normalità. Non hai delle abitudini come le avevi prima. Il tempo, le decisioni, gli stimoli e i pensieri cambiano.

Non potrei spiegarli tutti perché semplicemente li vivo quotidianamente con il dolore nel cuore ma cercando di avere sempre il sorriso sulle labbra, quello che aveva lei.

I suoi sogni, i suoi desideri e la sua gioia di vivere sono diventati come polline trasportato nel vento, che si è posato su ognuno di noi e ha fatto germogliare una nuova brama di vita. Mari era così carismatica e aveva tante passioni, andava avanti per la sua strada, ed era propria la sua tenacia a infondermi tante sicurezza.

Molte persone ci sono state vicine e ci hanno amato incondizionatamente, vecchie e nuove amicizie che hanno trovato parole e sentimenti autentici nei nostri confronti. Molti messaggi, poesie, ricordi sono stati condivisi con noi in questo anno e molti di essi parlavano di insegnamenti sull’affrontare la vita con nuovi occhi, più puri e più autentici.

Tutto questo è per dire grazie a tutti, condividendo con voi pensieri e sentimenti. Perché con i sorrisi, le sensazioni genuine, l’affetto, i ricordi portate Mari giornalmente nel vostro cuore e lei continua a vivere.

Questa volta non farò riferimenti alle arti visive, ma se mai troverete il tempo vorrei che guardaste “Anam. Il senza nome”, l’intervista a Tiziano Terzani. A molti Terzani non piace, ad altri moltissimo. Io sono tra questi ultimi e ogni tanto sento l’esigenza di sentire le sue parole. Buona visione!!

Siti utili: Tiziano Terzani

Testo ©Claudia Stritof. All rights reserved.

]]>
https://www.cultmag.it/2015/02/04/un-anno-e-passato/feed/ 5 1610