parigi – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Thu, 23 Feb 2017 20:51:36 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Berenice Abbott. Topografie https://www.cultmag.it/2017/02/23/berenice-abbott-topografie/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2017/02/23/berenice-abbott-topografie/#respond Thu, 23 Feb 2017 20:51:36 +0000 https://www.cultmag.it/?p=4530 “Innanzitutto definiamo cosa non è una fotografia. Una fotografia non è un dipinto, una poesia, una sinfonia, una danza. Non è solo una bella immagine, non un virtuosismo tecnico e nemmeno una semplice stampa di qualità. È o dovrebbe essere un documento significativo, una pungente dichiarazione, che può essere descritto con un termine molto semplice: selettività. La fotografia non potrà mai crescere fino a quando imiterà le altre arti visive. Deve camminare da sola, deve essere se stessa”.

Una frase famosa, più volte citata quando si parla della fotografa che l’ha pronunciata, Berenice Abbott, la quale non solo con queste poche parole esprime la sua posizione rispetto alla fotografia pittorialista d’inizio Novecento, ma è soprattutto un’esplicita dichiarazione di poetica personale e coerenza concettuale. Uguale solo a se stessa la fotografia, deve essere selettiva e indagatrice, deve cogliere i mutamenti in atto nella società e lo spirito del proprio tempo con il fine di comunicare al pubblico la concretezza e la scientificità del reale. Non poteva quindi che chiamarsi BERENICE ABBOTT. Topografie la prima mostra antologica a lei dedicata in Italia presso il Museo MAN di Nuoro, con la curatela di Anne Morin. 

L’esposizione presenta una selezione di ottantadue stampe originali realizzate dalla Abbott tra la metà degli anni Venti e i primi anni Sessanta, divise in tre sezioni ben strutturate attraverso le quali viene ripercorsa l’intera carriera della fotografa americana. Si parte dalla sezione dei ritratti che indubbiamente caratterizza l’inizio della sua carriera come assistente di Man Ray, che conosce a New York dopo essersi trasferita dall’Ohio per studiare scultura. Insieme decidono di partire alla volta di Parigi e qui sotto consiglio dell’artista dada realizza numerosissimi ritratti dei più importanti esponenti dell’avanguardia artistica e letteraria del tempo. La sua prima mostra personale si svolge alla galleria Le Sacre du Printemps nel 1926, un anno fatidico durante il quale apre anche il proprio laboratorio fotografico che diventa luogo d’incontro per intellettuali e artiste. Sempre a Parigi, la Abbott conosce il famoso fotografo Eugène Atget e subito rimane folgorata dalle sue bellissime immagini di una Parigi che sta scomparendo, fatta di angoli nascosti, mercatini delle pulci e insegne fatte a mano, tanto che sarà lei a fotografarlo in uno dei pochi ritratti pervenuteci dell’artista, così come sarà lei – dopo la morte del fotografo – ad acquistare molti dei suoi negativi promuovendone la conoscenza attraverso pubblicazioni e mostre sia in Europa che negli Stati Uniti.

Sotto l’influenza artistica di Atget la Abbott si dedica a progetti riguardanti gli importanti mutamenti che in quegli anni stanno avvenendo nelle grandi metropoli, e in particolare, con il ritorno a New York inizia il famoso lavoro Changing New York, a cui è anche dedicata la seconda sezione della mostra presso il MAN. Un progetto immenso e un archivio ricco di fotografie attraverso il quale la Abbott ha documentato giornalmente i mutamenti architettonici, topografici e urbanistici che negli anni Trenta hanno interessato la Grande Mela con “fotografie caratterizzate da forti contrasti di luci e ombre e da angolature dinamiche”. L’ultima sezione della mostra è invece dedicata alla fotografia scientifica, che ha caratterizzato la sua carriera dagli anni Quaranta in poi, prima diventando photo-editor della rivista Science Illustrated, poi durante gli anni Cinquanta dedicandosi alla realizzazione di illustrazioni sui principi della luce e della meccanica per il Massachusetts Institute of Technology. La mostra BERENICE ABBOTT. Topografie al MAN di Nuoro – realizzata grazie al contributo della Regione Sardegna e della Fondazione di Sardegna – celebra l’arte e la ricerca di questa straordinaria fotografa che morì il 9 dicembre 1991 lasciando ai posteri un corpus di opere di straordinario valore artistico e scientifico.

BERENICE ABBOTT. Topografie
a cura di Anne Morin
17 Febbraio 2017 – 21 Maggio 2017
Museo MAN, via S. Satta 27- 08100, Nuoro

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Testo di Claudia Stritof pubblicato su Juliet art magazine online (15/02/2017)

Dorothy Whitney, Paris, 1926 © Berenice Abbott_Commerce Graphics_Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York

Nightview, New York, 1932 © Berenice Abbott_Commerce Graphics_Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York

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Pensieri di VITA https://www.cultmag.it/2015/11/14/pensieri-di-vita/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2015/11/14/pensieri-di-vita/#respond Sat, 14 Nov 2015 14:23:23 +0000 http://claudiastritof.com/?p=2180 Leggo con attenzione le notizie sull’attentato di Parigi cercando di comprendere la realtà di oggi. Una realtà che di punto in bianco sembra esser diventata un incubo ad occhi aperti. Ma quelle che si affollano nella mia mente sono  infinite domande a cui non riesco a dare una risposta.

Ad un certo punto, mentre stendevo i panni, ho iniziato a piangere. Lacrime inconsapevoli e spontanee, senza un’apparente ragion d’essere. Forse, è stata proprio la quotidianità del gesto a farmi riflettere: io ero lì a stendere i panni, mentre la ragazza appesa alla finestra del  Bataclan cercava una via di uscita disperata verso la libertà.

Lacrime, forse dettate dalla paura per ciò che non si può prevedere e sicuramente nate pensando a quei ragazzi che come me, il venerdì sera sono usciti per assistere ad un concerto live e che invece sono diventati bersaglio di un attacco terroristico.

Penso che la maggior parte delle persone in questo momento stia provando le mie stesse sensazioni di incertezza, di paura ed una forte stretta al cuore ma anche tanto amore per chi oggi non c’e più.

Penso al terrore e allo shock dei sopravvissuti, penso ai giovani che oggi si sarebbero dovuti svegliare nel proprio letto e salutare con un bacio la propria fidanzata o i genitori. Aprire il frigorifero, fare colazione e casomai raccontare ai coinquilini la serata appena trascorsa per poi proseguire la propria vita normalmente. Programmare una vacanza, decidere cosa fare delle propria vita, con chi condividere il proprio futuro, commettere sbagli, laurearsi, andare a lavoro o poltrire tutto il giorno.

E invece no, perché loro sono morti. Trucidati con l’unica colpa di essere… …di essere cosa? E’ proprio questo che non capisco!

Di essere …occidentali? …parigini? …di avere delle idee? Perché…? Perché tutto questo odio? Perché arrogarsi il diritto di decidere chi deve vivere e chi deve morire? Perché giornalmente vengono bombarde città? Per cosa?

Non riesco a capire e allora voglio affidarmi alle parole di un uomo che ho amato e che continuo ad amare, quelle di Tiziano Terzani:

[…] Voglio andare nelle scuole, voglio parlare ai giovani, voglio portare la voce, non tanto della ragione, ma la voce del cuore. La voce che tutti hanno […] Il cuore parla con la stessa voce in tutti. La stessa voce, anche in differiti lingue. E’ la voce della pace. Non c’e discussione. Se lei chiede a chiunque: “Ma tu vuoi la guerra o vuoi la pace?”…. Tutte le religioni dicono non uccidere. E non dicono non uccidere i bipedi, quelli come te, non uccidere il tuo vicino. Dicono NON UCCIDERE.

Sarebbe bello poter parlare a quei giovani, dirgli che la guerra non esiste, che gli uomini non uccidono i loro vicini. Sarebbe bello potergli chiedere ma tu vuoi la guerra o la pace? o semplicemente domandargli Il concerto di ieri sera ti è piaciuto?

Ma questo non è possibile! Spero realmente che prima o poi riusciremo a parlare la stessa lingua, quella che Terzani chiama la lingua della pace, perché quello che ora sento sono solo urla di dolore e disperazione soffocate da colpi di kalashnikov e quello che vedo sono corpi velati dai resti di quelle che un tempo erano bandiere delle pace, ora stralciate e tinte di rosso, quello del sangue delle vittime innocenti.

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Raffaele Bafefit, SIAMO TUTTI FRANCESI.

Raffaele Bafefit, SIAMO TUTTI FRANCESI.

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