pasolini – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Wed, 30 Mar 2022 16:00:59 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Il vicolo del Mandrione nelle fotografie di Franco Pinna https://www.cultmag.it/2018/12/29/il-vicolo-del-mandrione-nelle-fotografie-di-franco-pinna/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2018/12/29/il-vicolo-del-mandrione-nelle-fotografie-di-franco-pinna/#comments Sat, 29 Dec 2018 12:02:15 +0000 https://www.cultmag.it/?p=5834 Nel maggio del 1958, Pier Paolo Pasolini, scrive sulle pagine di “Vie Nuove”:

«Ricordo che un giorno passando per il Mandrione in macchina con due miei amici bolognesi, angosciati a quella vista, c’erano, davanti ai loro tuguri, a ruzzare sul fango lurido, dei ragazzini, dai due ai quattro o cinque anni. Erano vestiti con degli stracci: uno addirittura con una pelliccetta trovata chissà dove come un piccolo selvaggio. Correvano qua e là, senza le regole di un giuoco qualsiasi: si muovevano, si agitavano come se fossero ciechi, in quei pochi metri quadrati dov’erano nati e dove erano sempre rimasti, senza conoscere altro del mondo se non la casettina dove dormivano e i due palmi di melma dove giocavano. […] La pura vitalità che è alla base di queste anime, vuol dire mescolanza di male allo stato puro e di bene allo stato puro: violenza e bontà, malvagità e innocenza, malgrado tutto».

Una descrizione quanto mai esaustiva, quella fatta da Pasolini, che con assoluta vividezza coglie la vera essenza del Mandrione, borgata della periferia romana, nota per essere stata una zona degradata della capitale, abitata da derelitti, meridionali emigrati, zingari e sfollati.

Con le sue baracche fatiscenti, il fango per le strade, i bagni di fortuna, le pessime condizioni igieniche e le grottesche persone che allora vi abitavano, il Mandrione tra gli anni ’50 e ’70 è diventato oggetto di interesse da parte di intellettuali e fotografi.

Franco Pinna, Vicolo del Mandrione. Roma, prostitute nelle baracche, 1956. ©ArchivioFrancoPinna

L’Italia è in pieno boom economico, le industrie del nord producono a ritmo serrato, nelle città si ridefiniscono gli spazi. I giovani si ritrovano nei bar a discutere dell’ultima partita di calcio, mentre il ciclismo inizia a vedere il suo inesorabile declino; nascono le prime piste da go-kart mentre il Piper e altri locali permettono a uomini e donne di ballare finalmente insieme.

Se questo accadeva per la nuova borghesia italiana, dall’altra parte vi erano gli ultimi residui di un’Italia che un tempo fu a vocazione agricola.

Collocata al limite della città, la campagna stava vivendo il suo canto del cigno e zone che prima erano adibite a pascolo, ora sono occupate da macchine e Vespe. Il cemento avanza verso l’esterno come lava incandescente che pian piano scende a valle dal crinale della montagna.

La trama è la stessa in tutte le città italiane, da Milano a Roma, e i risultati di questa drastica speculazione edilizia – descritta negli stessi anni da Italo Calvino – si vedrà in tutta la sua drammaticità nei decenni successivi.

Al Mandrione – il cui nome evoca l’antica usanza di portare nei prati le mandrie a pascolare – confluì tanta povera gente e soprattutto coloro che furono costretti a lasciare San Lorenzo dopo il bombardamento del 1943. Gli archi dell’acquedotto erano un ottimo rifugio per chi ormai non aveva più una casa, ne soldi per costruirla o comprarla. La strada non esisteva, solo terra e rifiuti, le baracche erano costruite con mezzi di fortuna e le condizioni igienico-sanitarie inesistenti.

Nonostante la riqualificazione del Mandrione fosse un argomento sempre in auge per la politica romana, in realtà si dovranno aspettare gli anni Settanta per vedere delle concrete politiche di riqualificazione urbana.

Importante fu il lavoro svolto da Angelina Linda Zammataro, psicologa e pedagogista, che intraprese un programma di sperimentazione per permettere l’integrazione degli zingari nella scuola ma fu anche merito delle moltissime inchieste pubblicate in questi anni da studiosi, giornalisti e fotografi.

La RAI produsse due documentari dal titolo Al margine  e  Essere zingari al Mandrione, di cui la stessa Zammataro fu autrice, mentre al Palazzo dei Congressi dell’Eur nel 1979 presentò la mostra “Crescere zingaro al Mandrione. Zingaro a tre anni”.

I fotografi italiani in questi anni iniziavano a porsi delle domande sul proprio ruolo e sull’uso dell’immagine, ma soprattutto iniziarono a voler dare delle risposte alla società.

Non più immagini di un mondo fiabesco, così come era stata raccontata l’Italia dai giornali a maggior tiratura, ma animati da un nuovo spirito di conoscenza e di giustizia, i fotografi, iniziano a credere fermamente che le cose potevano cambiare… e la fotografia era l’arma vincente.

E’ in questo contesto storico e culturale che viene realizzata l’inchiesta fotografica dall’antropologo Franco Cagnetta e dal fotografo Franco Pinna (1925-1978) al Mandrione.

Era l’aprile del 1956 e i due iniziano a interessarsi a questo mondo degli ultimi; dopotutto non erano i soli e fin da subito per la loro ricerca trovarono l’appoggio dell’editore Giangiacomo Feltrinelli.

Franco Pinna, Vicolo del Mandrione. Roma, prostitute nelle baracche, 1956. ©ArchivioFrancoPinna

Dalle musiche rom, i balli fino alla semplice quotidianità del vivere, ogni dettaglio è stato colto da Pinna: baracche, prostitute, interni di case, pasti frugali, orti, falò serali per strada, bambini sporchi di fango a piedi nudi sullo sterrato e vestiti con stracci. Questo era il Mandrione. Un’isola dimenticata, una terra di nessuno, un oblio di umanità che ora per la prima volta veniva scrutato con attenzione, non per essere commiserato o denigrato, ma per essere capito e spiegato.

Franco Pinna, nato a La Maddalena nel 1925 e morto a Roma 1978, è stato un grande fotogiornalista italiano, noto anche per aver partecipato come fotografo alla spedizione in Lucania con l’antropologo Ernesto De Martino e Franco Cagnetta.

Dopo un periodo di militanza nella Resistenza, costituisce insieme ad altri fotografi, la cooperativa Fotografi Associati, ispirata al modello dell’agenzia Magnum e collabora con numerose riviste d’epoca, sia italiane che straniere come  LifeSternSunday TimesVogueParis Match.

Il suo primo libro fotografico è dedicato a La Sila ed è del 1959 con testi a cura di Ernesto De Martino, mentre nel 1961 esce Sardegna, una civiltà di pietra.

Dal 1965 diventa fotografo di scena per i film di Federico Fellini, tanto che nel 1977 verrà pubblicato il libro fotografico Fellini’s Film, contenente molte delle foto di Pinna ma il tempo è ormai poco e il fotografo muore il 2 aprile del 1978. Fellini fu proprio il primo amico a visitarne la salma.

Testi di ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati
Fotografia ©Franco Pinna
Bibliografia essenziale:

R. Martinez e B. Campbell (a cura di), Franco Pinna, in I grandi fotografi, Milano, Fabbri Editori, 1982.

F. Pinna, L'isola del rimorso : fotografie in Sardegna 1953-1967, Nuoro, Imago Multimedia, 2004. Catalogo scaricabile online.

G. Pinna, Con gli occhi della memoria. La Lucania nelle fotografie di Franco Pinna 1952-1959, Trieste, Il Ramo d'Oro Editore, 2002.

Pasolini e il Mandrione, borgata della miseria e dell’emarginazione.
Mostre:

maggio a Franco Pinna. Fotografie 1944-1977. Mostra a cura dell'Istituto di Studi Scientifici sulFotogiornalismo / Archivio Franco Pinna.
 
Con gli occhi della memoria. La Lucania nelle fotografie di Franco Pinna, allestita presso il Museo Provinciale di Potenza, dall'8/11/02- al 15/3/03.
Alcune sequenze del documentario di Pino Mercanti “La ricchezza dei poveri” (1951) in cui vengono mostrati i tuguri di Via del Mandrione.

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Icone! Pier Paolo Pasolini e Terry O’Neill https://www.cultmag.it/2016/01/12/icone-pier-paolo-pasolini-e-terry-oneill/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/01/12/icone-pier-paolo-pasolini-e-terry-oneill/#respond Tue, 12 Jan 2016 22:06:12 +0000 https://www.cultmag.it/?p=2660 Nell’incantevole spazio della Pinacoteca Civica di Volterra è quasi giunta al termine la mostra Icone! Pier Paolo Pasolini e Terry O’Neill, che mette a confronto i volti della gente di borgata del regista italiano e i celebri ritratti della Swinging London del fotografo inglese. Una duplice esposizione che rientra nel ricco programma di eventi realizzati intorno alla mostra Rosso Fiorentino. Rosso Vivo, curata da Vittorio Sgarbi e Alberto Bartalini. Rosso Fiorentino, Pier Paolo Pasolini e Terry O’Neill sono stati pionieri «di uno stile nuovo e all’avanguardia, carico di forza interiore e potere emozionale», tre personalità carismatiche, tre uomini diversi per cultura e background ma che hanno in comune più di quanto si possa pensare, in primis «l’aver rappresentato e nell’essere diventati essi stessi delle icone». Giorgio Vasari nella seconda edizione de Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, scrive circa Giovan Battista di Jacopo de’ Rossi detto il Rosso Fiorentino: «con ciò fusse che il Rosso era, oltra la pittura, dotato di bellissima presenza; il modo del parlar suo era molto grazioso e grave; era bonissimo musico, et aveva ottimi termini di filosofia, e quel che importava più che tutte l’altre sue bonissime qualità, fu che egli del continuo nelle composizioni delle figure sue era molto poetico e nel disegno fiero e fondato, con leggiadra maniera e terribilità di cose stravaganti, e un bellissimo compositore di figure». Una descrizione dettagliata che pone l’accento sulle qualità personali e artistiche di Rosso Fiorentino, dotto e garbato nei modi ma anche riflessivo e sapiente nella mirabile arte della pittura. Gli stessi aggettivi potrebbero essere utilizzati per definire le personalità di Pier Paolo Pasolini e Terry O’Neill, gentili e spontanei nella vita come sul set.

Instancabili lavoratori ed entrambi estimatori di musica, si pensi allo Studio sullo stile di Bach, scritto da Pasolini nel 1944, poi confluito nel film Accattone, in cui «il commento musicale è composto in gran parte da brani» del compositore tedesco, e così è per Terry O’Neill, da sempre grande intenditore di musica jazz, tanto da voler intraprendere da giovane la carriera di batterista, prima d’iniziare la fortunata professione di fotografo. L’elogio delle virtù personali non poteva che essere il preludio per il Vasari alla magnificazione delle qualità artistiche di Rosso Fiorentino come bellissimo compositore di figure, dal disegno poetico e fondato, caratterizzato dalla leggiadra maniera e dalla ricchezza di cose stravaganti. Se si pensa ai lavori di Pasolini e O’Neill, il parallelo se pur difficile, non risulta impossibile: tecnica stravagante e molto lontana dai loro contemporanei per ambedue gli artisti, che hanno dato vita a ritratti unici e umanamente sinceri, volti di gente comune in Pasolini e una ritrattistica spontanea e vera in O’Neill, che delle più importanti icone del nostro tempo ne ha rappresentato l’intimità e l’autenticità. Personalità diverse per temperamento e storie di vita ma accomunate da un’arte eccezionale frutto dell’essenza dei loro tempi: «tormentati per Rosso Fiorentino, rivoluzionari per Terry O’Neill» e contraddittori per Pier Paolo Pasolini, ognuno dei quali ha risposto sfidando le convenzioni sociali e stilistiche della loro epoca, ragion per cui «gli ingegni moderni» – riferendoci sempre alle parole del Vasari nei confronti di Rosso – li «vanno ora in molte parti imitando». Le mostre – Terry O’Neill. Pop Icons, curata da Cristina Carillo de Albornoz e Pier paolo Pasolini: il cinema in forma di poesia, curata da Sergio Anelli – sono visibili fino al 31 dicembre, entrambe promosse dal comune di Volterra, prodotte e organizzare da Arthemisia Group, sono state realizzate con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra e di Generali Assicurazioni.

Articolo per Juliet art magazine (dicembre 2015)

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Frank Sinatra con le sue guardie del corpo, Miami, 1968
, 58 x 78 cm. © Terry O’Neill.

Tableau Vivant della Deposizione di Rosso Fiorentino, dall’episodio “La Ricotta”, in RO.GO.PA.G, 1963. © Paul Ronald /Archivio Storico del Cinema /A F E.

Tableau Vivant della Deposizione di Rosso Fiorentino, dall’episodio “La Ricotta”, in RO.GO.PA.G, 1963. © Paul Ronald /Archivio Storico del Cinema /A F E.

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La vera Italia di Pasolini https://www.cultmag.it/2016/01/12/la-vera-italia-di-pasolini/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/01/12/la-vera-italia-di-pasolini/#respond Tue, 12 Jan 2016 12:42:01 +0000 https://www.cultmag.it/?p=2630 Era la notte del due novembre 1975 quando Pier Paolo Pasolini venne assassinato a Ostia, la notizia sconvolse il mondo intero, tanto che al suo corteo funebre parteciparono in migliaia tra intellettuali, amici e gente comune, che con la sofferenza nel cuore e le guance solcate da lacrime amare, rivolsero l’ultimo saluto al grande poeta tragicamente scomparso. Sono passati quarant’anni dalla morte dello scrittore bolognese e una mostra dal titolo “La vera Italia? Due inchieste di Pier Paolo Pasolini”, presso la Fondazione Forma Meravigli di Milano, ne celebra il genio.

Due sono le inchieste su cui Alessandra Mauro, curatrice della mostra, ha incentrato l’interesse: La lunga strada di sabbia e Comizi d’amore realizzate da Pasolini tra lo scadere degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. Due viaggi, compiuti da Nord a Sud Italia, attraverso i quali lo scrittore ha tratteggiato un quadro sui cambiamenti in atto nella società italiana, indagando usi, costumi e tabù del Bel Paese, con quel tono sarcastico e critico che da sempre ha caratterizzato la sua personalità e la sua scrittura. La lunga strada di sabbia è un reportage realizzato nell’estate del 1959 e pubblicato in tre numeri speciali dalla rivista il Successo. Lo scrittore, con l’aiuto del fotografo Paolo di Paolo, intraprende un viaggio lungo le coste italiane, dalla Liguria fino alla Sicilia su una Fiat Millecento per raccontare l’Italia del boom economico, dei locali alla moda e delle vacanze al mare, diventate metafora di un ritrovato benessere dopo i tragici anni della ricostruzione postbellica.

Pochi anni dopo, nel 1963, il poeta intraprende un nuovo viaggio per realizzare il documentario Comizi d’amore. Armato di videocamera si addentra nelle regioni italiane e intervista donne, uomini e bambini, borghesi e proletari, restituendoci una carrellata infinita di volti «di gente sprovveduta», alla quale si intervallano voci di prestigiosi intellettuali. Dall’inchiesta emerge un coro dissonante su un tema tabù come quello della sessualità che «di fronte alle domande generali oppongono una serie di innocenti e po’ balordi No Comment», tracciando uno spaccato sconcertante di un’Italia divisa tra «conformismo e ignoranza», retrograda rispetto alla situazione internazionale, che di lì a poco avrebbe visto l’insorgere della rivoluzione sessuale sessantottina.

La mostra realizzata alla Fondazione Forma, è una sinfonica alternanza delle fotografie di scena scattate da Angelo Novi e Mario Dondero per Comizi d’amoree quelle del progetto fotografico realizzato nel 2001 dal fotografo francese Philippe Séclier, che come un novello Teseo, si è incamminato lungo la strada percorsa da Pasolini con l’inchiesta La lunga strada di sabbia, riscoprendo le tracce e la memoria di un passato lontano, dimostrando ancora una volta quanto siano importanti e attuali le inchieste e le opere di Pasolini, perché come disse Alberto Moravia nell’orazione funebre a lui dedicata «abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo». La mostra realizzata dalla Fondazione Forma Meravigli in collaborazione con la Cineteca di Bologna, è accompagnata dai libri La lunga strada di sabbia e Comizi d’amore editi da Contrasto, inoltre per tutta la durata della mostra è associata la visione del cortometraggio Pier Paolo Pasolini. Appunti per un critofilm (1966) di Maurizio Ponzi.

Articolo pubblicato su Juliet art magazine (24 ottobre 2015)

Pasolini intervista una famiglia nelle campagne tra Bologna e Modena, foto di scena di Comizi d’amore. © Angelo Novi. Cineteca di Bologna.

Pasolini intervista una famiglia nelle campagne tra Bologna e Modena, foto di scena di Comizi d’amore. © Angelo Novi. Cineteca di Bologna.

7. Foto di scena di Comizi d’amore. © Angelo Novi. Cineteca di Bologna

Pier Paolo Pasolini intervista Alberto Moravia (al centro) e Cesare Musatti. © Angelo Novi. Cineteca di Bologna.

9.Taranto ©2005 Philippe Séclier

Veduta di Taranto, 2005. ©Philippe Séclier.

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