raffaele montepaone – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Wed, 09 Aug 2017 12:34:51 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Riace: un festival per riflettere https://www.cultmag.it/2017/08/09/riace-in-festival-un-festival-per-riflettere-insieme/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2017/08/09/riace-in-festival-un-festival-per-riflettere-insieme/#respond Wed, 09 Aug 2017 11:34:40 +0000 https://www.cultmag.it/?p=5074 La prima volta che sono andata a Riace era il mese di aprile di qualche anno fa: c’era poca gente in giro e, solo raramente, da qualche casupola sentivo provenire il suono di una televisione accesa e un vociare indistinto.

Giuseppe, l’amico con cui ero andata a visitare il borgo, mi disse che Riace è il paese dell’accoglienza perché nel corso del tempo sono state ospitate molte famiglie “provenienti dal mare”.

Storie di immigrati e di emigrati che si intrecciano nel paesino arroccato sulla collina, storie sconosciute ai più ma familiari a tutti coloro che per un motivo o per un altro hanno dovuto abbandonare la propria terra.

Dove vanno le nuvole di Massimo Ferrari.

In questi giorni sono tornata più volte nel paese per assistere al  Riace in Festival – Festival delle Migrazioni e delle Culture Locali, una manifestazione che è stata per me un’esperienza di vita e di ascolto.

A Riace sono state narrate molte storie, il più delle volte tristi e drammatiche ma ricche di speranza e di sogni. La vita reale non sempre ha il suo happy ending, e anche se questo si riesce a conquistare, il viaggio fatto per ottenerlo è quasi sempre burrascoso, intriso di dolore e solitudine.

Il festival è stato un insieme di momenti di riflessione nati grazie all’arte: quella teatrale, musicale, fotografica e, naturalmente, quella cinematografica. Si sono intervallati sindaci, preti, assessori, giornalisti, artisti e persone comuni, riuniti tutti insieme con la voglia di raccontare una Calabria diversa, quella che riconosciamo e desideriamo ma che spesso dimentichiamo di promuovere e comunicare.

Una Calabria fatta da giovani registi, volontari e attivisti che durante i giorni del festival hanno un solo grande obiettivo: promuovere «lo scambio e la conoscenza reciproca affinché si contrastino forme di chiusura e razzismo».

Riace in festival.

Chiusura e razzismo: due parole che molto spesso aleggiano sulle nostre teste e che quotidianamente vengono fomentate da paure che pensiamo riguardare solo persone con un colore della pelle diverso dal nostro ma che invece riguardano tutti, anche i nostri conterranei.

Parlare non significa colpevolizzare ma sensibilizzare l’altro e far in modo che certi eventi tragici non si ripetano più, perché è facile tacere, sparlare e negare ma è difficile ammettere, accettare e condividere.

Il primo spettacolo teatrale a cui ho assistito è stato Malanova, che come un pugno dritto allo stomaco narra la storia di Anna Maria Scarfò. Donna, anzi ragazza, violentata e violata dalla malvagità degli uomini, dal silenzio di chi sapeva e da chi ha creduto di essere superiore e inarrestabile… fino a quando Anna Maria con la sua tremolante voce non ha deciso di denunciare i suoi aguzzini.

Spettacolo teatrale Malanova con Ture Magro.

Non voglio raccontarvi la sua storia – la trovate nel libro da lei scritto – ma il mio pensiero si rivolge all’interpretazione di Ture Magro che con assoluta scioltezza è riuscito a comunicare le dicerie delle vecchine di paese, l’indifferenza del parrocco, la negazione di chi avrebbe dovuto stare accanto ad Anna Maria e invece l’ha lasciata sola.

Già dalla prima sera l’arte del teatro ci fa riflettere… l’attore solo sulla scena ci pone di fronte alle nostre paure perché ciò che è successo ad Anna Maria potrebbe accadere a chiunque di noi e come lei stessa ha detto a fine spettacolo: “il coraggio di parlare l’ho trovato solo per salvare mia sorella dallo stesso destino”.

Mario Congiusta mentre consegna la fotografia in edizione limitata di Raffaele Montepaone alla regista e giornalista Raffaella Cosentino.

Il giorno dopo è stato proiettato il film vincitore del premio Gianluca Congiusta Terre Impure di Raffaella Cosentino: la storia dei due “già” sindaci di Isola Capo Rizzuto e Rosarno, rispettivamente Carolina Girasole e Elisabetta Tripodi.

L’obbedienza non è una virtù è il titolo del dibattito avvenuto tra diversi “Don”, i quali hanno narrato l’esperienza che giornalmente vivono nelle proprie parrocchie: Ventimiglia, Piana di Gioia Tauro, Le Piagge di Firenze e Siracusa. Inizialmente pensavo di ascoltare i soliti sermoni lunghi e pesanti, ma invece ho trovato i discorsi ben calibrati e interessanti, incentrati sull’amore, sull’azione di resistenza, sull’importanza dell’unione e della condivisione come scintille generatrici di cambiamento.

Murales a Riace (immagina via Civitas Gioiosa).

E poi ancora la proiezione del film Dove vanno le nuvole di Massimo Ferrari dove scopriamo che l’Italia non è solo quella della paura e dell’intolleranza ma anche quella dell’accoglienza: da Riace a Bologna, molti sono gli esempi virtuosi che si potrebbero citare ma quella che più mi ha colpito è la storia della famiglia di Treviso che ha deciso di accogliere nella propria casa sei ragazzi migranti e accompagnarli  nel loro cammino di vita.

Oltre all’arte, ai racconti e ai libri presentati a Riace in questi giorni si sono svolte anche importanti inaugurazioni come quella dell’ambulatorio “Riace”, fortemente voluto dallo Studio Radiologico di Siderno e da Jimuel – associazione o.n.l.u.s fondata dai Dott. Isidoro Napoli e Carlo Frascà – che da molti anni è impegnata sul fronte del volontariato grazie al progetto Internet Medics for Life nato «dal desiderio di portare il medico di famiglia in quelle aree del mondo in cui la cura non è un diritto riconosciuto».

Riace in festival.

A concludere il festival un calabrese doc: Peppe Voltarelli, che con la sua musica ha sempre portato in scena storie dimenticate, storie di vita e di passione; non posso concludere senza menzionare la “Taverna Donna Rosa”, un luogo accogliente gestito da persone cordiali e gentili, dove abbiamo bevuto dell’ottimo vino di casa e mangiato piatti di grande semplicità e di grande genuinità subito prima di ricominciare la nostra serata all’insegna della condivisione.

Termino complimentandomi con gli organizzatori Peppino Mazzotta, Chiara Sasso e Vincenzo Caricari che, in collaborazione con Ciavula e naturalmente con il sindaco Lucano, hanno suscitato tante riflessioni e un senso di apertura e umanità nel piccolo borgo con le case incastonate l’una nell’altra e con i suoi molti murales colorati. E’ possibile definire Riace in Festival, una manifestazione locale? Non credo… e spero solo che il festival possa sopravvivere con genuinità e spontaneità nel corso del tempo.

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Vincitori del Concorso Corti.

Vincenzo Caricari e Peppino Mazzotta organizzatori del festival.

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Raffaele Montepaone. Vi racconto la bellezza delle donne calabresi. https://www.cultmag.it/2016/01/18/raffaele-montepaone-vi-racconto-la-bellezza-delle-donne-calabresi/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/01/18/raffaele-montepaone-vi-racconto-la-bellezza-delle-donne-calabresi/#respond Mon, 18 Jan 2016 22:25:30 +0000 https://www.cultmag.it/?p=2857 Raffaele Montepaone, fotografo vibonese, ha fatto del suo essere calabrese un marchio di fabbrica. La sua è una fotografia reportagistica caratterizzata da un bianco e nero fortemente contrastato grazie al quale riesce a dar risalto alle singolarità epidermiche dei soggetti ritratti. Non a caso le “muse” del progetto d’esordio Life sono le anziane donne calabresi con le mani e il volto solcato da profonde rughe. A pochi giorni dalla partecipazione a SetUp Contemporary Art Fair, che si terrà dal 29 al 31 gennaio all’Autostazione di Bologna, abbiamo incontrato il fotografo per farci raccontare in prima persona il suo lavoro.

© Raffaele Montepaone.

© Raffaele Montepaone.

CLAUDIA STRITOF: Life è il progetto che ha segnato il tuo inizio ufficiale in fiere nazionali, potresti dirmi come nasce il tuo interesse verso le donne calabresi e i loro volti?

RAFFAELE MONTEPAONE: L’interesse verso quei volti è nato da un incontro casuale con zia Concetta (così si faceva chiamare). Nel 2007 lavoravo come fotoreporter per un quotidiano locale, mi chiesero un servizio su Stilo, piccola perla dell’entroterra ionico-reggino e lì incontrai la prima protagonista dei miei scatti, una novantenne laboriosa, simbolo della tradizione religiosa e popolare di quel paese. Inizialmente non fu facile fotografarla ma questo non mi turbò perché ero così affascinato dai suoi racconti che preferii conoscerla prima di ritrarla. Solo dopo un pò di tempo maturò in me la consapevolezza che quello era ciò che volevo fare: rappresentare la bellezza e la grandezza della vita tramite quegli occhi e quei volti che nonostante i segni del tempo riuscivano ancora a stupirsi e a stupirmi.

CSImmagino che tutte le donne da te ritratte abbiano affascinanti storie da condividere. Ci potresti raccontare quella che più ti ha colpito? 

RM: Sì, sono proprio le loro storie senza tempo che mi emozionano ancor prima di ritrarle. La storia più toccante fu quella di due sorelle (presenti nella serie Life), che si sposarono a loro volta con due fratelli ma il loro destino fu totalmente diverso. La prima ebbe una vita agiata con un marito rispettoso e molti figli mentre la seconda sposò il fratello violento e geloso, non ebbe figli e passò la sua vita tra paura e frustrazione. Mi raccontarono che le loro vite erano state presagite in un sogno in cui la Madonna avrebbe donato ad una delle due lenzuola di lino, simbolo di prosperità, mentre all’altra donò un fascio di legna, simbolo di sventure. Rimasi turbato dal terrore con il quale la più sfortunata mi parlò del marito nonostante all’epoca del nostro incontro fosse già morto.

RMF_0657 b.n.

© Raffaele Montepaone.

CS: In percentuale sono più le donne che tu fotografi che non gli uomini, come mai questa scelta?

RM: In realtà non c’è una spiegazione, forse è solo perché gli uomini hanno più imbarazzo e pudore nel farsi fotografare e di conseguenza è più difficile coglierne l’anima. O forse, perché il mio occhio è più affascinato dalle donne con le lunghe chiome bianche che nonostante i solchi del tempo sul volto riescono a trasmettermi la vera bellezza, la femminilità che non sfiorisce.

CS: Quali i valori della Calabria di allora che ti hanno trasmesso queste donne? Quali conserveresti e invece da quali ti senti più lontano?

RM: Sono anche io un calabrese, e da buon calabrese attaccato ai valori più semplici ed importanti della vita: i sentimenti sani, i legami familiari, il valore del sacrificio, e ciascuno dei miei soggetti mi ha arricchito moralmente e trasmesso nuovi insegnamenti. Di contro mi sento molto lontano dal fanatismo religioso e dal bigottismo che è anche facile incontrare in persone di una certa età.

© Raffaele Montepaone.

© Raffaele Montepaone.

CS: Perché solo l’utilizzo del bianco e nero? Esistono soggetti che immagineresti a colori?

RM: Io vedo in bianco e nero e fotografo di conseguenza così come osservo. Ritengo che il colore spesso distolga l’osservatore. Il bianco e nero nelle fotografie accentuano la distanza. Per me non sono solo colori, ma simboli primigeni, rappresentano il bene e il male, la vita e la morte, la luce e l’oscurità, l’inferno e il paradiso, l’inizio e la fine.

CS: La scrittrice calabrese Maria Macrì Lucà scrisse: «eterne vicende umane anche se tragiche, anche se grottesche, si ammantano di luci misteriose, si vestono di stupito candore, diventano poesia per chi sa guardare con occhi attenti». Credo che vi siano delle tangenze tra questo passo tratto da “Vecchio mondo e Vecchia gente”, con le tue immagini. Cosa ti fanno venire in mente queste parole?

RM: Ritengo che la scrittrice abbia tradotto in parole ciò che io tento di trasmettere con le mie immagini. Un occhio attento coglierà nelle mani, nei solchi dell’epidermide, negli occhi dei miei soggetti tutto il candore, il mistero, lo stupore e la poesia del loro vissuto.

CS:Potresti darci un’anticipazione sui tuoi progetti?

RM: I progetti in cantiere sono tanti, ma il principale rimarrà Life, diciamo rivisitato in chiave moderna. A breve darò qualche anticipazione.

CS: Prossime mostre dove verrano esposte le tue opere, oltre alla già citata SetUp Art Fair?

RM: Le prossime mostre saranno dal 6 marzo al 10 aprile a Legnano nell’ambito del Festival Fotografico Europeo, a marzo Christie’s batterà una mia opera all’asta il cui ricavato andrà in beneficenza e a luglio Life approderà in un famoso Festival di fotografia che per scaramanzia non anticipo…

Articolo-intervista di Claudia Stritof pubblicato su The Mammoth’s Reflex  (15 gennaio 2016).

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© Raffaele Montepaone.

© Raffaele Montepaone.

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