setup – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Thu, 12 Mar 2020 17:53:41 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 Speciale Arte Fiera. Michal Macku e le sperimentazioni in camera oscura. https://www.cultmag.it/2016/02/02/speciale-arte-fiera-michal-macku-e-le-sperimentazioni-in-camera-oscura/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2016/02/02/speciale-arte-fiera-michal-macku-e-le-sperimentazioni-in-camera-oscura/#respond Tue, 02 Feb 2016 19:00:18 +0000 https://www.cultmag.it/?p=2930 Tra le innumerevoli gallerie e opere di artisti internazionali ospitati negli stand di Arte Fiera a Bologna – dal 29 gennaio al 1° febbraio – anche quello della Paci Contemporary di Brescia (Padiglione 25, stand A35), la quale ha ospitato nomi celebri come Sandy Skoglund, Mario Cravo Neto, Ralph Gibson, Leslie Krims, Teun Hocks e Michal Macku.

In particolare il lavoro di quest’ultimo artista è caratterizzato da un linguaggio espressivo assolutamente unico, a cui è approdato dopo innumerevoli tentativi e sperimentazioni in camera oscura. La principale tecnica da lui utilizzata – ma non unica perché Macku adopera sapientemente anche la desueta carbon print– è il gellage (il cui nome deriva dall’unione dei termini collage e gelatina).

Un procedimento da lui ideato alla fine del 1989, che consiste “nel trasferimento dell’emulsione fotografica dalla sua base originale su carta” di alta qualità, infatti l’artista agendo sul sottile strato di gelatina, plasma le immagini originali, conferendogli nuovi significati durante il loro trasferimento. E’ in questa fase che Macku crea una cesura, come fosse una ferita sull’immagine, che a sua volta si riflette sul soggetto rappresentato – quasi sempre l’artista stesso – rivelandone “l’essenza interiore, come se vi fosse un movimento sotterraneo talmente forte che il corpo non riuscisse a contenerlo e la lacerazione fosse una sorta di esplosione causata dalle forze interne, rivelando la parte psicologica degli individui e la loro complessità”.

Ma il processo non termina qui e la fervente sperimentazione dell’artista lo ha portato ad applicare il gellage al vetro, creando gli ipnotici: glass gellage, attraverso cui Michal Macku riesce a dare tridimensionalità alle immagini, immergendo le figure in una sostanza trasparente che fa fluttuare i corpi e i volti da lui rappresentati, come fossero sospesi in una sorta di liquido amniotico, annullando tempo e spazio reale, elementi imprescindibili del fotografico da cui l’artista parte per realizzare le sue opere.

In una esaustiva criticata svolta dallo studioso Walter Guadagnini, il lavoro di Michal Macku è stato accostato alla corrente del surrealismo sottolineandone “il carattere visionario, che si esprime anche attraverso scelte specifiche nella presentazione dei corpi, nella costruzione del loro spazio interno, uno spazio che per l’appunto si può definire più metapsichico che metafisico”. Così lette, le lacerazioni e gli strappi altro non sono che un preciso rimando all’interiorità dell’artista, un modo per trasfigurare la realtà grazie ad una fuga nelle infinite possibilità dell’immaginario, che nel momento stesso in cui vengono pensate si tramutano in foto-sculture. Nonostante l’artista abbia affermato che attraverso il suo lavoro non cerca “di creare una […] visione autobiografica”, molte delle sue opere inevitabilmente rimandano ad una “storia concreta […], un’esperienza, un ricordo”, confermando la forte concettualità che si instaura quando la realtà del fotografico incontra il corpo dell’artista, inteso come tempio e prigione dell’anima e in quanto tale “il soggetto più complicato e più intimo” da esplorare.

Articolo di Claudia Stritof pubblicato su The Mammoth’s Reflex (1 febbraio 2016).

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Michal Macku, Glass Gellage

Michal Macku, Glass Gellage

Michal Macku, Glass Gellage

Michal Macku, Glass Gellage

Michal Macku, Glass Gellage

Michal Macku, Glass Gellage

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Kraftwerk: emozioni e sensazioni di un concerto unico https://www.cultmag.it/2014/07/28/kraftwerk-emozioni-e-sensazioni-di-un-concerto-unico/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2014/07/28/kraftwerk-emozioni-e-sensazioni-di-un-concerto-unico/#comments Mon, 28 Jul 2014 21:02:56 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1376 14 Luglio 2014 – Kraftwerk – Auditorium Parco della Musica, Roma.

Esperienza unica e indimenticabile. Biglietti comprati molti mesi fa, qualche ora dopo l’apertura dei botteghini erano già sold out. Partiamo. Viaggio Firenze – Roma. Io, Emanuele, Giulia e David. Vediamo molti volti, giovani curiosi, giovani musicisti, anziani musicisti, anziani curiosi. Studiosi e appassionati. Uomini con la ventiquattrore appena usciti dal lavoro. Giornalisti e critici. Fans dell’epoca e neo-fans tutti insieme in trepida attesa.

Arrivo all’auditorium verso le 18. E’ presto. C’e pochissima gente. Attraversiamo l’interno dell’auditorium. Emozione fortissima. Eccoli al di là del vetro mentre provano. Ralf Hutter indossa delle scarpe da tennis rosso evidenziatore. Non poteva essere altrimenti. Piove, ma per fortuna smette poco dopo. I lavoranti dell’auditorium lavano nuovamente i vetri e le sedie bagnate dalla pioggia estiva.

Finisce la pioggia. Giro alla libreria dell’auditorium. Ecco di nuovo il banchino dei gadget che esce allo scoperto dopo la fragile pioggia. Rimontano, neanche il tempo di esporre tutto che le persone vogliono acquistare il merchandising. Magliette, libri fotografici in 3D e non, borse. Birra, chiacchiere, emozione, voglia di entrare. Aspettiamo e dopo un pò si aprono le porte. Troviamo i posti. La scelta è quella giusta. Quasi centrale. Guardiamo l’architettura, scatto qualche foto. Entrano gli spettatori: c’e chi cerca il posto, chi si fotografa con gli occhialini 3D, sullo sfondo le quattro postazioni coperte. Osserviamo. Le postazioni vengono scoperte. Inizia la musica. Eccoli. Lo spettacolo… deve iniziare… ed inizia puntuale. I ritardatari si apprestano a prender posto. Iniziano gli applausi e si entra in questo grande viaggio. E’ bellissimo. I 3D sono favolosi. L’età ha accresciuto l’arte.

© Claudia Stritof. All rights reserved.

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Ma l’arte se è vera non invecchia. Il bello è oggettivamente bello. E loro lo sono. Mi volto: tante persone ammaliate con gli occhialini bianchi osservano come sotto effetto di qualche strana droga. La musica dei Kraftwerk. L’emozione la percepisco e ne rimango veramente stupita. Il pubblico è stupendo, gli applausi spontanei. Siamo tutti stupiti. Emanuele è emozionato, quasi come fosse un bambino. Arriva l’ultimo pezzo.

Escono uno alla volta, inchinandosi al pubblico e passando il momento al prossimo. L’ultimo è Ralf Hutter. Qualcuno si alza per andarsene, penso per non incontrare la folla. La maggior parte rimaniamo ancora in estasi e continuiamo ad applaudire.

© Claudia Stritof. All rights reserved.

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La scaletta dei pezzi (Si ringrazia per questa Emanuele Fiordellisi (UnePassante):

The robot | Number | Computer world | Home computer | Computer love | Pocket | Calculator | The man machine | Spacelab | The model | Neonlights | Autobanh | Radioactivity | Tour de françe 1981 | Tour de françe étape 1 | Chrono | Tour de françe étape 2 | Trans europe express | Metal on Metal | Electric cafè | Boing boom tschack | Techno pop | Music non stop | Aéro dynamik | Planet of Visione

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