speranza – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Wed, 08 Mar 2017 20:11:40 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 FURTO SU FRECCIAROSSA 9540 https://www.cultmag.it/2014/04/26/furto-su-frecciarossa-9540/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2014/04/26/furto-su-frecciarossa-9540/#comments Sat, 26 Apr 2014 13:53:26 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1076

Vi racconto una storia, la storia infinita segnata da quella che qualcuno definirebbe “sfiga”…

Ieri sul treno 9540 mi è stato rubato lo zaino. Il presunto ladro, da quello che hanno visto i testimoni, (e c’è da chiedersi: perché non l’hanno fermato? Non si è capito) indossava un bomber arancione, un cappellino blu con una scritta e presumibilmente era un alcolista. Alcolista o meno sta di fatto che sto tizio salito a Roma Termini ha preso il mio zaino con dentro un pc Sony Vaio, gioielli e vestiti ed è scappato via, scendendo a Roma Tiburtina.

Purtroppo come hanno detto i carabinieri sia di Roma che di Bologna: non perdere la speranza.

La speranza mi è stata strappata. Forse troppa distrazione. Ho pensato anche di essere stupida ma io nei viaggi sto sempre attenta, di solito controllo. Ma evidentemente questo viaggio che non avrei voluto neanche intraprendere, era destinato a diventare un incubo.

Perché le persone non lo hanno fermato? Non si sa.

Potevo stare attenta, non dormire, non leggere e non avere la mente tra le nuvole? Sicuramente, ma ciò che mi sta insegnando la vita è di non fidarsi di nessuno.

Gli uomini fanno del male agli altri uomini e gli uomini. Mi hanno detto di sperare che il tizio si penta e me lo restituisca. Oppure che spargendo la voce si trovi.

Ma io purtroppo la speranza l’ho persa molto tempo fa. All’incirca due mesi fa.

Ho sperato che mia sorella si salvasse dal quel maledetto tumore. E perché vi parlo di questo nel post di un furto? Perché dentro quel maledetto pc, c’era la mia memoria con lei, le nostre foto, i miei scritti e i miei pensieri. Non so se qualcuno o se il tizio che comprerà il mio pc leggerà mai queste parole. Mi ha strappato la memoria e i ricordi. Il mio hard disk si era rotto e l’avrei comprato arrivata a Bologna, ma il tempo non c’e stato. Non c’e mai tempo.

Sembra un film della sfiga, ma in realtà è la mia vita che ultimamente non va bene. Tanti amici si sono mobilitati subito andando alla stazione a cercare lo zaino e tanti si sono mobilitati con amicizie. Questo si fa sentire amati e fa pensare che qualche bella persona esiste. Purtroppo ora come ora non ho un giudizio positivo sulla vita e sul mondo. Non mi sono arrabbiata, ma ho ceduto, i nervi che avevo tenuto ben saldi fino a questo momento sono collassati e come una bambina piango, perché non è giusto.

Coincidenza: mia sorella mi chiamava ogni giorno quando uscivo di casa per andare a tirocinio, all’università o altro e avevo portato il suo zaino per uscire con quello e  sentirla vicina. Lo zaino era quello e dentro c’erano i nostri ricordi.

Se alcune volte la vita non ti vuole bene, allora ti devasta. Come un mio amico ha detto la “fottuta ciliegina sulla fottuta torta della vita”.

Spero nel buon cuore di questa persona, se volete voi romani amici e non appendete o lasciate dei manifestini alle stazione, sperando che quel tizio legga il mio scritto e trovi il coraggio di restituirmi i ricordi. Su Facebook mi trovate: Claudia Stritof . Anche se volete fare dei volantini che lascerete passando da lì.

ZAINO MARRONE, con due o tre stemmi di località di montagna, uno con su scritto LivignO (mia sorella amava la montagna), tre spillette di gruppi musicali, una con su scritto THE BANDITI.

Conteneva il mio pc SONY VAIO n. 542730490001735, GIOIELLI e VESTITI.

A nessuno è permesso distrarsi in questo mondo, né dormire, né pensare. Grazie a tutti per l’amore che costantemente mi dimostrate.

Claudia Stritof.

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Based on a true story https://www.cultmag.it/2014/03/14/based-on-a-true-story/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2014/03/14/based-on-a-true-story/#respond Fri, 14 Mar 2014 07:16:32 +0000 http://claudiastritof.com/?p=764 Un anno di lotta. Un anno in cui il giardino delle suore dove alloggiavamo a Verona era ricoperto da una coltre bianca di neve. Come tanti fermo immagine, il tempo passava: la neve iniziò a sciogliersi e i primi fiori a germogliare timidamente dal terreno. Piccoli fiori che abbiamo visto crescere, giorno dopo giorno. Il tempo scorreva: era giunta l’estate e poi di nuovo l’invernale vento freddo.

I fiori erano ormai appassiti in quel giardino segreto così come il tempo di Mari era ormai giunto al termine.

Il dolore è una ubriacatura colossale. Le sensazioni di un dolore forte sono quelle. Ma nessuno me l’aveva mai detto. Il dolore che si prova quando si è piccoli è diverso. Pian piano si assimila, si abbraccia e si cresce con esso. Ma quando si è grandi si pensa continuamente e alcune volte questi pensieri possono far male come mille stilettate al ventre.

Il dolore è un sentimento che si prova spesso nel corso della vita, dovrebbe rafforzarci e le sofferenze dovrebbero renderci coraggiosi.

Sto cercando di riconquistare questa “forza”, anche se non è semplice. A 26 anni, appena compiuti, un male abominevole ha portato via la mia metà razionale, mia sorella, e tutta la forza che si è avuta fin a quel momento all’improvviso svanisce.

Spesso vengo risucchiata dal divano cercando di pensare ai momenti felici ma ciò che sopraggiunge come un mostro dalle tenebre è il ricordo di un anno di malattia.

Mi dicono che i ricordi felici arriveranno… un pò come avveniva in Peter Pan. Prima o poi quei pensieri ci faranno volare, e forse sarà così, forse le favole non mentono, sono pillole che addolciscono i momenti di tristezza.

Ma ora è difficile. E’ difficile scrivere ciò che si prova in questi momenti. Alterno momenti in cui colta da una fiacca adrenalina faccio ordine, momenti in cui mi butto sul divano, momenti in cui leggo o scrivo. Guardo qualche foto, ma anche quello fa male. Avvicinarsi ai suoi libri, ai suoi vestiti e alla sua camera non se ne parla. Era così bella, ora io invecchierò e lei porterà per sempre il vestito color rubino che le stava d’incanto.

E’ come se vivessi sospesa a mezz’aria, cercando di non farmi troppe domande per paura di darmi delle risposte. Tutte le certezze che avevo prima vacillano. Dicevo: “dopo la morte? Nulla!!”, ora spero che lei non soffra, che non sia sola, che sia con mio padre e che non senta freddo.

“Dove sarà? Ci vedrà? La rivedrò?” Domande a cui nessuno può rispondere. Continui pensieri che assillano la mente. Forse anche lei fluttua come i miei pensieri, cerca una via e un modo per ricominciare.

Avrei tanta voglia di sapere se sta bene. Vorrei sapere se la malattia che l’aveva così tanto trasformata alla fine sia stata finalmente sconfitta e se mia sorella sia tornata la solita sister sorridente e qualche volta un po’ arrabbiata verso il mondo.

Con Mari ho foto da quando sono nata, con lei condividevo gioie, pensieri, litigi da sorella, regali, telefonate lunghissime e messaggi da appena sveglie al mattino presto prima di incominciare a studiare.

E ora? Chi farà tutto questo con me? Chi mi correggerà la tesi prima di inviarla al prof? Chi mi spronerà a non aver paura?

Che strana cosa il dolore… e che strana cosa la perdita.

Quando guardavo il film A time for dancing piangevo sempre quando alla fine leggevo: “basato su una storia vera”. Non sapevo che quella storia sarebbe diventata la nostra. In un anno è successo di tutto. Un anno. Gli anni passano così inutilmente, noi non ci accorgiamo del tempo che scorre, ma lui ci divora. All’improvviso tutto cambia.

Mi ponevo un unica domanda: “Perchè?”. Mi dicevo c’e ancora Speranza. E allora partiamo per Lourdes.

Da quella vasca io non sono uscita asciutta. Ma ho pregato. Mari ci credeva veramente e quegli occhi pieni di tranquillità e speranza, davanti al prete, non potrò mai scordarli. Erano così dolci e pieni di luce. Forse il miracolo era destinato a qualche altro fedele. Noi ci abbiamo creduto. Lei ci ha creduto.

Ora invece continuo a ripetere: “evabbè”. Tutto unito, sospirando. Come se questo fosse il destino che ci attendeva. Così era scritto ma non lo sapevamo. Quello che rimane è una fotografia annerita. Una pellicola esposta alla luce prematuramente e ormai bruciata. Ma non è persa, questo sbaglio del destino può insegnarci a rendere unica quella foto. Forse si deve solo aspettare e scrivere sulla pellicola, graffiarla con segni sinuosi in modo che diventino ricordi cicatrizzati sulla pelle. Un dolore che non si cancella e io voglio fidarmi di chi mi dice che presto queste sensazioni si trasformeranno in altro. Ma fa male. Non devo dimenticare che “è come se fosse qua con me”, ma al momento è una magra consolazione. Lei non c’è e non ci sarà.

In questo periodo ho ricevuto molte parole, lettere e frasi di una dolcezza infinita. Non mi sarei mai aspettata tutto questo amore, ma ogni singola parola, anche la più timida e impaurita, mi ha, e ci ha, dato forza. Storie e ricordi che fanno bene, piccoli graffi che iniziano a scalfire quella superficie così spessa come pietra lavica. Piccole fiammelle d’amore così luminose che a momenti risplendono e ti accarezzano il volto con gentilezza, sperando che prima o poi l’equilibrio si ristabilisca e al dolore subentri la gioia dei ricordi.

Come ho sempre sostenuto l’arte aiuta a farci capire il mondo e i piccoli cambiamenti che avvengono in noi e che spesso sottovalutiamo. Allora la prima opera che mi è venuta è in mente è quella  dell’artista Sam Taylor Wood: A little Death. Descrive perfettamente quello che ho visto in un anno di vita: la trasformazione del corpo, la perdita, la morte. Caravaggio rappresentò diverse vanitas e la mela bacata era il simbolo di morte e caducità ma la Wood attraverso il video fa vedere la decomposizione del corpo, giorno per giorno. Il lento appassire della vita. Immagini forti, colte in un tempo lungo ma concentrate in un breve video, che altro non è che la vita.

Questo scritto nato per me stessa e come sfogo personale, è stato letto da mamma in chiesa per il trigesimo di Mari, abbiamo deciso di condividerlo con tutti coloro che ci hanno mostrato il loro amore, parole sicuramente non felici, ma piene di forza d’amore. Un modo per ringraziare chi prova a donarci il loro amore e ci abbraccia con il pensiero.

Io non sarei mai riuscita a leggerlo. Posso scrivere e scrivere… ma non leggere i miei pensieri. Mamma ha avuto questa grande forza con la mano tremolante e la voce distrutta dal dolore, ma forte e ferma. Un amore infinito.

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Viaggianti di parole e speranze… https://www.cultmag.it/2013/12/23/viaggianti-di-parole-e-speranze/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2013/12/23/viaggianti-di-parole-e-speranze/#respond Mon, 23 Dec 2013 13:25:41 +0000 http://claudiastritof.wordpress.com/?p=219 Un paradosso: ho poco tempo per scrivere e non rischiare di scaricare il cellulare in viaggio e allora scrivo un post molto veloce. Sono in viaggio, non per tornare a casa, come molti di voi fanno in queste ore, ma per andare altrove. Allora scrivo qualcosa per ricordare questo viaggio della “speranza” e ne approfitto per ricordare un altro viaggio estetico quello di Franco Vaccari 700 km di esposizione. Viaggio Modena-Graz del 1972.

Il viaggio è un modo per pensare, ore vuote che se sfruttate possono rivelarsi importanti per la mente. Il fotografo Vaccari ha riflettuto su questo tema , numerosi e celebri sono le sue esposizioni attraverso il quale ha trattato questo tema. Nella serie qui esaminata Vaccari inviò molti scatti con raffiguranti il retro di camion alla galleria in cui avrebbe esposto alla fine del viaggio. Si ricordi un altro celebre viaggiatore come Ed Ruscha e le sue Gasoline Station.

Io ho la macchina fotografica in valigia e compenso la mia mancanza con mille pensieri, il che mi basta e ho deciso di condividerli con voi. Non so dove ci porterà questo viaggio, l’abbiamo intrapreso e lo porteremo avanti con forza e coraggio perché l’amore ci porta là dove non pensavamo di poter arrivare. Durante questi giorni cercherò di donare a me stessa qualche piccolo frangente per scrivere e per pensare a come l’arte possa rendere più piacevole una vita che a volte non lo è.

“Il cancro del tempo ci divora” metaforicamente o fisicamente poco importa, chi ha detto questa frase è un celebre scrittore che io personalmente adoro Henry Miller. Non facciamoci divorare dal tempo, viviamolo; oggi è il 23 pre-vigilia di Natale 2013, sò che molti odiano il natale e tutto ciò che esso comporta, i più dicono che è solo spreco di denaro, ma per me non è così, quelle lucine mi fanno stare bene, come mi fa stare bene fare l’albero con la mia famiglia, non per i regali, ma per l’atmosfera, per il caminetto, i film al buio e la stanza illuminata solo dalle lucine. Io consiglio sempre un alberello, anche piccolo e due lucine per condivide l’atmosfera con chi amate o con chi state bene. Intraprendere viaggi obbligati o meno, non è importante, ciò che ci salva è l’amore e star bene con chi ci ha donato quel poco del proprio amore.

Buon viaggio estetico a tutti.

Claudia Stritof

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