war – CultMag https://www.cultmag.it Viaggi culturali Thu, 01 Mar 2018 07:21:41 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.6 104600578 James Nachtwey: la Memoria del passato. https://www.cultmag.it/2018/03/01/james-nachtwey-la-memoria-del-passato/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2018/03/01/james-nachtwey-la-memoria-del-passato/#comments Thu, 01 Mar 2018 06:40:56 +0000 https://www.cultmag.it/?p=5437 La guerra: arma dei potenti, devastante annientamento dei popoli, perdita di libertà individuale e collettiva, nel corso dei secoli ha stravolto l’animo di intere generazioni e mutato il destino di interi paesi. I ricordi dei sopravvissuti, le parole penetranti dei poeti e le visioni tragiche degli artisti sono ciò che di più potente rimane alle future generazioni per prendere atto di ciò che è stato e far in modo che tali atrocità non vengano commesse nuovamente. Monito, memoria, crescita: l’arte è tutto questo, stimola la riflessione e, come scriveva George Bernard Shaw, è un modo per guardare dentro la propria anima.

Goya, più di ogni altro artista, è riuscito a cogliere con assoluta lucidità e mostruoso realismo l’umana brutalità degli eventi bellici nella celebre serie di incisioni I disastri della guerra: immagini crude e penetranti che proprio in virtù del loro taglio cronachistico riescono a comunicare allo spettatore la tragicità della vita e l’irrazionalità che caratterizza ogni guerra. Non è un caso che uno dei più grandi fotoreporter contemporanei, James Nachtwey, abbia definito Goya «il patriarca dei fotografi di guerra».

James Nachtwey ha fatto della veridicità storica e della trasparenza delle informazioni il baluardo concettuale delle sua arte perché testimone diretto delle innumerevoli tragedie che hanno segnato il nostro secolo ma anche, e soprattuto, per essere riuscito, tramite le proprie immagini, a sollecitare l’opinione pubblica in merito a tutte le ingiustizie sociali che giornalmente flagellano il nostro presente.

La battaglia per il controllo di Mostar è avvenuta di casa in casa, di stanza in stanza, tra vicini. Una camera da letto è diventata un campo di battaglia. Bosnia-Erzegovina, Mostar, 1993. © James Nachtwey/Contrasto

Il suo obiettivo sempre posto a distanza ravvicinata ai soggetti da lui ritratti manifesta con forza penetrante tutta la carica emotiva del momento vissuto, donando all’osservatore immagini forti e crude perché compito della fotografia è dare «una voce a coloro che altrimenti non l’avrebbero» e «stimola l’opinione pubblica e da forza al dibattito pubblico».

Nachtwey, cresciuto negli anni della Guerra del Vietnam, si è reso conto di quanto poteva essere importante la libera circolazione delle informazioni per una società che si reputava democratica, così per amor di verità si è spinto in America centrale durante le guerre civili, in Guatelama, El Salvador, Kossovo, India, Libano, Cisgiordania, Gaza, Israele e molti altri luoghi martoriati da gravi conflitti armati. È così che la sua fotografia, un singolo istante sotratto alla continuità temporale, ha reso indelebili momenti inafferrabili che sarebbero rimasti celati ai più se Nachtwey non li avesse colti con la sua macchina fotografica, il mezzo che più di tutti riesce a trasmettere la terribilità del reale, rendendo vivi e tangibili attimi tragici.

Le sue immagini raccontano di un mondo brutale davanti al quale non si può rimanere impassibili: un cumulo di corpi di soldati serbi su un camion attendono di essere scambiati per altri prigionieri con le forze nemiche, un ragazzino completamente nudo rannicchiato su un letto di ferro nell’orfanotrofio locale di Grozny, il volto di profilo di un sopravvissuto a un campo di concentramento Hutu in Ruanda con gli occhi umidi che guardano di fronte a sé mentre il viso è solcato da profonde cicatrici, un cecchino dietro la finestra di quella che un tempo era una camera da letto e che ora è divento trincea casalinga nella città di Mostar in Bosnia-Erzegovina.

Un uomo porta in braccio il figlio mentre tenta di attraversare il confine con la Macedonia. Macedonia, 2016. © James Nachtwey/Contrasto

La mostra James Nachtwey. Memoria, curata da Roberto Koch e dallo stesso James Nachtwey, è la più grande retrospettiva concepita sull’artista e racconta il mondo vissuto in prima persona dal fotoreporter americano: un compendio di arte e bellezza certamente, ma prima di tutto un inno al reale, alla storia e alla vita, che attraverso i suoi scatti è stata tramutata in penetrante poesia visiva. Un’immersione in ciò che è stato, in ciò che al giorno d’oggi è e in ciò che sarà se gli stessi uomini non si prenderanno la responsabilità di ascoltare l’altrui grido di aiuto. Come ha scritto lo stesso fotografo: «sono stato un testimone. Ho dato conto della condizione delle donne e degli uomini che hanno perso tutto, le loro case, le loro famiglie, le loro braccia e le loro gambe, la loro ragione. E, al di là e nonostante tutte queste sofferenze, ciascun sopravvissuto possiede ancora l’irriducibile dignità che è propria di ogni essere umano».

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Promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Civita, Contrasto e GAmm Giunti, con il contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione Forma per la Fotografia, la mostra James Nachtwey. Memoria è inoltre accompagnata da un meraviglioso catalogo pubblicato da Contrasto e Giunti. Affrettatevi!!

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James Nachtwey. Memoria

a cura di Roberto Koch e James Nachtwey

1 dicembre 2017 – 4 marzo 2018

Palazzo Reale di Milano, Piazza Duomo 12

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Una madre veglia sul figlio. Sudan, Darfur, 2003. © James Nachtwey/Contrasto

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Un memento mori dimenticato. Stop the war. "D’amore si vive". https://www.cultmag.it/2014/07/29/un-memento-mori-dimenticato-stop-the-war-damore-si-vive/#utm_source=rss&utm_medium=rss https://www.cultmag.it/2014/07/29/un-memento-mori-dimenticato-stop-the-war-damore-si-vive/#respond Tue, 29 Jul 2014 21:44:43 +0000 http://claudiastritof.com/?p=1418 Milano, piazza XXIV Maggio, tre bambini vengono impiccati ad un albero da un uomo. L’uomo è Maurizio Cattelan, artista contemporaneo tra i più criticati e amati da specialisti e non. I tre manichini sono appesi ad una quercia secolare, in alto molto in alto. Ma l’altezza non ferma Franco di 42 anni che si precipita sull’albero per liberare i fantocci dalla gogna pubblica. Tutti si scagliano contro la scultura choc. Credo che sia il momento di riproporre quest’opera. I giorni sono bollenti e il mondo è sospeso, in attesa di una pace. Una pace agognata, una pace desiderata da molti e una guerra dettata da pochi.

La Striscia di Gaza è inondata di sangue. Un sangue innocente, la sorte degli uomini, come sempre accade nelle guerre, è stata decisa da “altri”. Una piccola Striscia di terra si trasforma in un carcere di massima sicurezza dove la morte è l’unica via di uscita. Fame, bombe, missili, distruzioni: nessuna pietà. Le immagini ci hanno devastato: odio, ragazzi armati e incazzati, bombardamenti, bambini che mangiano cibo per animali per nutrirsi, uomini che cercano di uscire dalle macerie, persone innocenti schiacciate dalle macerie. Uno sterminio di massa, che noi osserviamo attraverso reportage e attraverso le notizie in televisione. Le immagini ci sconvolgono sempre, proprio perchè immediatamente toccano le nostre corde più sensibili.

In un’attenta analisi leggo le parole riportate dallo scrivente di Don Mazzi: “Ho fatto fatica io stesso a guardarli più volte. Mi sentivo sporco dentro, quasi anch’io fossi in qualche modo implicato in questa macabra rappresentazione”. La frase detta è riferita ai manichini di Cattelan, ma questa macabra rappresentazione potrebbe essere la stessa di ciò che sta avvenendo nella Striscia di Gaza. Quei fantocci sono diventati umani e come novelli pinocchi sono stati ingannati e ingoiati da una balena, ma la storia non è una favola e non ci sarà il lieto fine. Ai piedi di quell’albero, in piazza XXIV Maggio, vi è una stele arrugginita, che ricorda i morti di tutte le guerre. Gli impiccati sono tre bambini e uno di essi si trova leggermente in una posizione più elevata e il paragone con il Golgota è immediato.

Che l’opera piaccia o meno credo che il significato sia importante. Un memento mori: dimenticato.

Dice Cattelan: “questa installazione sembrava lugubre, inaccettabile (“sino ad ora avevo sospeso per aria solo un cavallo, finto”), ma la funzione dell’arte oggi è quella di far venire i brividi, indignare, scuotere dall’indifferenza gente ormai abituata agli orrori della cronaca. Sembrano bambini vivi che ci guardano dall’alto in basso, quasi tre giudici o tre profeti”. La profezia si è avverata. Un’altra guerra. Altre morti. Nulla ci ha insegnato la storia e nulla impariamo dagli errori. Questa è la tragica sconfitta degli uomini, mortali e mortalmente uccisi. Ignari e indifesi che nulla possono contro chi può decidere.

I bambini sono nati per giocare e amare. I bambini devono sognare e gli adulti devono sostenere i loro sogni innocenti. Anche gli adulti hanno sogni, diversi, ma sempre sogni sono. Purtroppo alcune volte questi sogni si trasformano in incubi senza controllo. La guerra non è un sogno e neanche un incubo, e la realtà in cui la morte è l’unica amica. E’ questo che devono fare i bambini e i grandi: “giocare continuamente”.

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