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Locri Epizefiri: viaggio nella storia e nel presente
25.11.2016

Quella di Locri è una storia antica.
Una popolazione di artigiani e pescatori, ma anche di scrittori, poeti e artisti. Si pensi a Zaleuco, primo legislatore del mondo occidentale, al filosofo Timeo, alla poetessa Nosside e all’atleta Eutimo.

Lodiamo la Calabria perché è la nostra terra, affermiamo che potrebbe essere una meta prediletta per le vacanze, ma ci dimentichiamo di apprezzare le nostre meravigliose risorse. E non parlo solo del mare, ma di tutto ciò che ci circonda.

Locri è situata sulla Costa dei Gelsomini, chiamata così perché un tempo il Jasminum cresceva rigoglioso. Mia madre racconta sempre di quando, da piccola, vedeva le donne raccogliere i piccoli e profumatissimi fiori bianchi, che venivano poi venduti per la produzione di profumi ed essenze.

Attraversare la Strada Statale 106 – oggi tristemente nota per numerosi incidenti, ponti che crollano dopo le alluvioni e per la fioritura incontrollata di abomini architettonici – doveva essere, invece, una sorta di paradiso in terra, dove la natura cresceva maestosa.

Vi è un luogo, proprio lungo la SS 106, che ci permette di rivivere il nostro passato. Un passato molto lontano, che risale all’incirca al 700 a.C., ed è Locri Epizefiri, dove oggi sorge l’omonimo Parco Archeologico.

ingresso
Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Tempo fa, in bassa stagione, con un amico decidemmo di visitare gli scavi. Appena varcata la soglia del museo, lo spettacolo di una natura incolta e selvaggia ci stregò. Non ricordavamo la bellezza del luogo: qua e là papaveri, margherite e alberi maestosi che subito raccontavano il loro legame con le attività produttive del territorio.

L’erba incolta celava al nostro sguardo una parte degli scavi di Centocamere. Se da un lato questo impediva la visione completa del sito, dall’altro ammantava i ruderi di un fascino misterioso e antico.

Centocamere è un lungo tratto della vecchia cinta muraria, dove era situato il quartiere artigiano, rinvenuto grazie a scavi sistematici condotti nella seconda metà del Novecento.

Ai lati del vialetto che circonda il quartiere vi sono delle panchine per la sosta, purtroppo ricoperte da plastica protettiva. Quelli che dovevano essere totem per approfondimenti storici si presentavano come semplici cornici vuote.

Tempio, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.
Tempio, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

A distanza di mesi non so se la situazione sia cambiata. Ma lì per lì ho pensato che questa è anche colpa nostra, che non abbiamo la cultura di vivere il museo e i beni artistici come parte della quotidianità. Così, un luogo che dovrebbe – e potrebbe – accrescere la nostra sensibilità rimane avvolto nel cellophane, protetto solo dal tempo, che inevitabilmente logora ciò che è lasciato a sé stesso. Non si dà a chi lo gestisce la possibilità di credere che lì potrebbe nascere qualcosa di bello.

Ogni amore e ogni amicizia, se non curati, accresciuti e apprezzati, lentamente muoiono. E lo stesso vale per il nostro patrimonio culturale.

Purtroppo non ci è naturale amare i nostri beni culturali e, troppo spesso, questi luoghi ricchi di storia rimangono sconosciuti agli stessi ragazzi delle scuole, che sono i primi che dovrebbero viverli quotidianamente.

Tempio, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.
Tempio, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Ricordo poco delle gite scolastiche al liceo, e solo raramente la scuola ci ha portato a visitare scavi e architetture storiche, pur essendo circondati da tanta bellezza. Certo, ci sono problemi – mobilità e budget – ma il punto resta.

Avendo frequentato il liceo artistico, ogni giorno disegnavamo ispirandoci ai calchi in aula. Templi, stili, planimetrie li conoscevamo solo dai libri. Col senno di poi, sarebbe stato più proficuo andare a disegnare dal vero, come gli antichi viaggiatori della Magna Grecia, che percorrevano vie impervie per ammirare di persona tali meraviglie.

Credo che questo mancato dialogo avvenga perché il museo è vissuto come qualcosa di estraneo alla vita quotidiana, anziché come un luogo di formazione.

Tornando al quartiere di Centocamere, si presenta come un insieme ben definito di isolati. Numerose le fornaci in ottimo stato di conservazione e, non lontano dalla più grande, alcuni pozzi e un piccolo altare in pietra.

Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.
Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Gli scavi sono ben conservati e lungo il percorso si vive una forte esperienza sensoriale: oltre ai resti architettonici, la tipica vegetazione mediterranea – alberi, rosmarino e arbusti – rende la visita piacevole anche all’olfatto.

All’ingresso degli scavi si trovano la torre quadrata di Parapezza, il Santuario di Zeus Saettante e quello di Demetra Thesmophòros, dove già Paolo Orsi rinvenne molte statuette, offerte votive e numerose coppette e foglie di metallo, probabilmente utilizzate durante i rituali. Poco dopo si giunge al Santuario di Marasà: qui il cuore si riempie di gioia, non solo per lo spettacolo visivo, ma perché finalmente si trovano pannelli esplicativi, che permettono una lettura chiara e accessibile degli scavi.

Purtroppo la parte superiore del sito non era visitabile, per cui – con un po’ di delusione – tornammo all’interno dell’edificio per visitare il museo, dove sono custoditi numerosi esempi di scultura ritrovata a Locri, tra cui le famose tavolette votive locresi: i pinakes.

Solitamente uso l’hashtag #sognounacalabriamigliore quando noto qualcosa che non mi piace della mia terra. In questo caso, però, al Museo e Parco Archeologico di Locri ho visto l’amore per la nostra storia, per le tradizioni e per ciò che siamo. Se solo riuscissimo a valorizzare concretamente le nostre potenzialità.

Anche in questo caso, molte cose andrebbero migliorate, e il sito dovrebbe essere comunicato e vissuto quotidianamente. Perché è davvero un luogo dove si assapora ciò che potremmo essere e ciò che potremmo diventare. Il cuore e la mente, immersi in questa bellezza, si riempiono di sensazioni uniche che affondano le radici in tempi antichi, ma che non per questo sono morti. Aspettano solo di essere riscoperti.

Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

Testo e foto ©Claudia Stritof

***

Museo Archeologico Nazionale di Locri Epizefiri

Contrada Marasà, 89044 – Locri (RC)

***

Centocamere, Museo e Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.
Centocamere, Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.
Colonna, Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.
Colonna, Parco Archeologico di Locri Epizefiri. ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.

 

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Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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