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Musaba: un parco dedicato all’arte contemporanea
18.05.2019

Da piccola andavo frequentemente con i miei genitori a visitare un parco vicino casa, non un luogo qualunque, ma un parco in cui improvvisamente apparivano draghi in legno e strane sculture colorate.

Nel tempo imparai che questo parco è un giardino delle meraviglie, creato da Nik Spatari, artista che negli anni Sessanta – dopo tanto girovagare – ha deciso di tornare in Calabria con la compagna Hiske Maas, per creare un’utopia: Musaba.

In Calabria esistono molti posti utopici: un altro è il Blue Dahlia (si sa, sono di parte), ma credo che, entrambe siano centri di cultura e sopratutto di diffusione di questa.

Musaba – Museo di Santa Barbara, Mammola. ©Claudia Stritof

Ma torniamo a Nik…

Il Musaba (Museo di Santa Barbara) è situato in provincia di Reggio Calabria, nella vallata del Torbido, in un piccolo paesino chiamato Mammola. Il parco museo, non è solo celebrazione del contemporaneo, ma sorge attorno ai resti di un antico complesso monastico certosino risalente al X secolo.

Nik nasce a Mammola nel 1929 e fin da piccolo dimostra avere grande talento artistico. Dopo molti viaggi, frequenta lo studio di Le Corbusier, dove tra gli altri conosce Jean Cocteau, ed è qui che si avvicina sempre più all’architettura, tanto da iniziare a pensare a un progetto ambizioso: realizzare un parco-museo in Calabria.

Santa Barbara negli anni Sessanta era un luogo sepolto dai rovi e distrutto dallo scorrere del tempo… e Nik e Hiske decidono di trasferirsi a Mammola.

Musaba – Museo di Santa Barbara, Mammola. ©Claudia Stritof

Il nostro percorso inizia nella Rosa dei Venti, sala realizzata con forme geometriche ispirate ai triangoli egizi e agli esagoni dell’oriente antico, in cui sono ospitate opere esemplificative del percorso artistico svolto da Nik dagli anni Quaranta, oltre a poter ammirare il bellissimo tappeto musivo raffigurante il volto di Persefone, collocato al centro della Rosa.

La seconda tappa è nella chiesa di Santa Barbara in cui Nik ha dipinto un ampio ciclo figurativo dedicato al Sogno di Giacobbe, realizzato su sagome in legno, poi adagiate alla sommità delle vele e dell’abside. Come si legge nell’affresco, questo è dedicato a due grandi artisti del passato, Michelangelo Buonarroti e il filosofo della Città del sole, Tommaso Campanella (e ora si capisce perché il mio riferimento all’utopia, evidentemente connaturata nel pensiero di noi calabresi sognatori e speranzosi).

Nik Spatari, Concetto Universale, Musaba – Museo di Santa Barbara, Mammola. ©Claudia Stritof

Ne Il Sogno di Giacobbe  i volti ritratti sono quelli di Nik e Hiske e il racconto procede dalla nascita nella prima vela, per poi passare all’inganno della zuppa di lenticchie, la benedizione, l’incontro con Rachele, per giungere alla morte. Un luogo estatico, esattamente come l’esterno, infatti, camminando lungo i vialetti costeggiati da muretti in pietre, olivi e folta vegetazione mediterranea, si incontra la scultura simbolo di Musaba, Concetto universale, opera che ricordo da quando ho memoria, la quale all’inizio era in calcestruzzo dipinto, oggi invece interamente ricoperta in mosaici.

Procedendo nel percorso l’occhio si posa sulla scultura realizzata da Stevi Kerwin nel 1987, una donna prona con boccoli di ferro e, poco più avanti, la fontana di Jin Jong Chen, del 1987, a pianta triangolare sormontata da una sfera divisa a metà, con le semisfere sfalsate, realizzata in calcestruzzo e pietre di mare, quelle tipiche del mar Jonio, mentre, osservando il muro, notiamo che è costellato dalla presenza di diverse sculture, realizzate tra il 1980 e il 1981, con Alberto Coluccio che firma la bellissima Donna Montagna, ovvero La madre di tutte le madri. 

Poi l’altissima stele, più in la Uomo/Donna del 1975, un’opera che Spatari ha realizzato come struttura portante della pergola di uva fragola e che si presenta ancora in calcestruzzo dipinto, così come io ricordavo le prime opere del Musaba. 

Nik Spatari, Il sogno di Giacobbe,Musaba – Museo di Santa Barbara, Mammola. ©Claudia Stritof

Da qui entriamo nella foresteria con il suo monumentale mosaico ispirato alla pubblicazione di Nik, L’enigma delle arti asittite nella Calabria Ultramediterranea, attraverso cui l’artista ha ripercorso l’evoluzione delle arti mediterranee. Al centro dello spazio domina la scultura Ombra della sera del 2006, un’opera in ferro alta 15 metri, con un chiaro riferimento al bronzetto etrusco del 200 a.C, a cui lo stesso Alberto Giacometti si era ispirato per la sua opera scultorea.

Il percorso è quasi giunto alla fine ma prima di andar via, incontriamo ancora altre piccole meraviglie: la farfalla in bottiglie di vetro colorate, il labirinto work in progress, i piloni decorati dell’autostrada e Sabalizard del 2001, una grande lucertola rivestita in mosaico.

Stevi Kerwin, Donna Fontana, 1987.

Se ancora molte sono le opere che si possono ammirare al Musaba, la mia visita si chiude con un ricordo, quello dell’opera il Drago, che tanto amavo da piccola e che venne costruito nel 1986 ma smantellato nel 2000 a causa del deterioramento del legno di castagno. Una scultura abitabile che molte volte ho percorso con mia sorella, entrando dalla coda e uscendo dalla bocca. La ricordo ancora con esattezza, così come ricordo la sensazione di quando camminavamo sui tronchi di legno di cui era composto il corpo del drago. Erano gli anni ’90 e ancor oggi il Musaba è lì, a Mammola, a raccontarci sogni e speranze di una terra utopica, in cui l’arte fa difficoltà a vivere, ma che nonostante questo prospera, perché vi sono persone pronte a scommettere sui sogni… e anche delle bambine, che in mezzo ai quei sogni, sono cresciute.


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Itinerari d'Arte

Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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