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Diane Arbus: vita e morte di un genio della fotografia
22.12.2019

«Penso che ci sia molta gente orribile nel mondo, e diventerà terribilmente difficile fotografare tutti, così se fotografo alcuni tipi generali di esseri umani ognuno li riconoscerà. Fu la mia insegnante, Lisette Model, che mi rese chiaro definitivamente che più specifici si è, più generali si sarà».

—  Diane Arbus

Da un po’ di tempo ormai mi sto dedicando alla lettura delle biografie di coloro che ritengo essere personaggi affascinanti, vuoi per la loro arte, vuoi per la loro vita, ma credo che si possano trarre molti insegnamenti utili comprendendo la forza e il coraggio di chi ha vissuto prima di noi.

Una biografia che consiglio di leggere è quella di  Diane Arbus, un’eccelsa fotografa, che fu d’ispirazione a numerosissimi artisti, uno tra tutti, Stanley Kubrick; infatti il regista si ispirò proprio a una sua fotografia per dar vita alle due famose gemelle di Shining.

La biografia scritta da Patricia Bosworth è veramente una lettura molto interessante se si vuole conoscere la vita della fotografa, anche perché lavoro completo di interviste e documenti originali consultati in prima persona dalla biografa, che ha deciso di arricchirla con dialoghi di amici, mentori e conoscenti di Diane.

© The Estate of Diane Arbus

Richard Avedon scrisse: «tutto quello che le accadeva sembrava misterioso, decisivo e inimmaginabile, naturalmente non per lei. E questo capita solo ai geni».

Diane Arbus amica dei più grandi artisti ma donna solitaria dallo sguardo vorace di verità, ha fatto del difetto una virtù, non camuffandolo ma facendolo emergere in tutta la sua imperfezione, perché «quello che cerco di descrivere è che è impossibile uscire dalla propria pelle ed entrare in quella altrui. La tragedia di qualcun altro non è mai la tua stessa» e ognuno di noi ha le proprie piccole ferite e le proprie piccole gioie che con il passare del tempo ci formano e vengono trasposte sulla propria epidermide o riflesse nei propri comportamenti.

Diane Nemerov, nasce a New York il 14 marzo 1923, da una ricca famiglia ebrea di New York, proprietaria dei grandi magazzini Russek’s. L’incontro con quello che diventerà il futuro marito, Allan Arbus, avviene molto giovane, alla sola età di 14 anni.

Durante la seconda guerra mondiale Allan lavora come fotografo per l’esercito, carriera che Diane e il marito decideranno di intraprendere una volta finito il conflitto bellico. All’inizio Diane fa da assistente ad Allan, ma ben presto grazie agli insegnamenti di Berenice Abbott, di Aleksej Česlavovič Brodovič e infine di Lisette Model, affina la tecnica e apprende l’arte della fotografia.

È soprattuto con Lisette che Diane trova la sua personale cifra stilistica e si avvicina ai primi soggetti da cui era particolarmente attratta, superando la sua grande timidezza.

© The Estate of Diane Arbus

Diane è ormai dedita alla fotografia e scatta incessantemente con una Nikon 35mm. In questo periodo conosce Kubrick, all’epoca un fotografo alle prime armi, poi Robert Frank e la moglie Mary, fino a quando nel 1960, entra in contatto con l’Hubert’s Museum, dove si esibivano molti personaggi particolari, di cui la fotografa diventa amica e confidente.

Il rapporto con Allan si incrina e Diane inizia la sua vita da sola, facendo sempre nuove scoperte, conosce anche Emile De Antonio, che le mostra il film Freaks di Tod Browning, uscito nel 1932, che per lei è una rivelazione.

Le sue immagini fanno fatica a essere pubblicate, se non grazie all’appoggio dell’amico Marvin Israel, all’epoca appena nominato art director di Harper’s Bazaar.

Chi conosce la biografia di Diane Arbus sa bene, che lei è anche conosciuta per l’uso che ha fatto della Rolleiflex, che utilizza dal 1962, vincendo l’anno successivo la sua prima borsa di studio data dal Guggenheim, fino al 1965 quando tre sue immagini vengono esposte in una mostra collettiva al MoMA, e ancora, nel ’67 trenta immagini esposte nella mostra New Documents.

La Arbus inizia a fare scuola e molti giovani fotografi apprezzano il suo stile e amano i suoi soggetti: prostitute, emarginati, giocolieri, gemelli, bambini, nudisti e disabili, tutti ritratti che le hanno fatto attribuire il soprannome di “fotografa dei mostri”, un appellativo che lei odiava, ma che sui malgrado non è mai riuscita a cancellare.

Si racconta che le modelle avevano paura a farsi ritrarre da lei perché riusciva a cogliere un’immagine senza veli, diretta, reale e talvolta anche crudele di chi si poneva davanti al suo obiettivo. Un ritratto vacillante tra repulsione e familiarità, così come ha confermato Viva, famosa modella degli anni ’60, quando la Arbus la colse nuda sul divano con gli occhi capovolti quasi come fosse svenuta.

New Documents allestimento della mostra tenutasi al MoMa di New York dal 28 febbraio al 7 maggio 1967. ©MoMa

Donna coraggiosa e grandissima fotografa, Diane si suicida il 26 luglio 1971, ingerendo un’ingente dose di barbiturici e tagliandosi le vene nella sua vasca da bagno, è stata la prima donna americana a esporre alla Biennale di Venezia, esattamente un anno dopo la sua morte. A celebrarla come grande maestra della fotografia altre mostre importanti da citare, come la mostra monografica ad Aperture e “Diane Arbus Revelations” del 2004.

APPROFONDIMENTI CONSIGLIATI:

Il bellissimo archivio di Diane Arbus è conservato al Metropolitan Museum di New York.
Patricia Bosworth, Diane Arbus, A Biography, New York, Newton & Co.
Diane Arbus, An Aperture Monograph, New York, Aperture 1972.
Diane Arbus, Magazine Work, New York, Aperture 1984.
Diane Arbus, Family Albums, Yale University Press 2003.
Il film Fur: un ritratto immaginario di Diane Arbus di Steven Shainberg (2006).

TRAME INTERDISCIPLINARI

La lettura della biografia di Diane Arbus, fotografa coraggiosa e anticonvenzionale, può diventare un’occasione per riflettere su temi profondi come l’identità, la diversità, l’arte come strumento di denuncia e la potenza dello sguardo umano. Qui di seguito alcuni spunti interdisciplinari pensati per gli studenti, utili a collegare la sua storia a varie materie scolastiche.

GEOGRAFIA / EDUCAZIONE CIVICA

New York come centro culturale del Novecento: studio della città nei suoi aspetti urbanistici e culturali. I diritti delle minoranze: analisi dei gruppi sociali emarginati negli USA del dopoguerra e confronto con la situazione attuale.

ARTE / EDUCAZIONE ALL’IMMAGINE

Rappresentazione della diversità nell’arte: da Arbus ad artisti come Basquiat, Frida Kahlo, Cindy Sherman. Estetica del brutto: come l’arte può restituire dignità a ciò che la società rifiuta.

LETTERATURA / ITALIANO

Personaggi ai margini: confronto tra i soggetti di Arbus e figure letterarie come Zeno (Svevo), gli esclusi di Verga o di Pirandello. L’autobiografia come strumento di comprensione dell’altro: lettura diari, lettere, biografie (es. Lettere a Milena di Kafka).

FILOSOFIA / EDUCAZIONE CIVICA

Identità e alterità: riflessione su chi siamo rispetto a chi è “diverso”. L’etica dello sguardo: è giusto fotografare il dolore o la fragilità? A che condizioni? Esistenzialismo: confronto con filosofi come Sartre o Camus sulla solitudine, la libertà, l’assurdo.

CINEMA / MULTIMEDIA

Il film Fur – Un ritratto immaginario di Diane Arbus: analisi e confronto tra biografia reale e narrazione cinematografica. Influenza sul cinema di Kubrick: collegamento con Shining, e più in generale con il cinema che esplora il perturbante. Rappresentazione dei “freaks” nel cinema: da Freaks di Tod Browning (1932) ai personaggi di American Horror Story.

STORIA

Anni ‘50 e ‘60 negli Stati Uniti: società, diritti civili, guerra fredda. La figura dell’artista donna nel Novecento: difficoltà, esclusione, affermazione nel sistema dell’arte. Il movimento della controcultura: beat generation, attivismo e ricerca di nuove identità.

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Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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Chiaracst
18.04.2014 at 17:26
Reply

Adoro Diane Arbus, sto scrivendo la tesina di maturità su di lei! E’ raro trovare una fotografa che riesce davvero a far trasparire qualcosa di umano e reale, senza i soliti filtri e canoni di bellezza.
Fur l’ho visto, boh, mi è sembrato uno di quei film che piacciono molto agli americani per il “lato scandaloso”, e che in realtà con la vita di Diane abbia poco a che fare… ma magari mi sbaglio!
Comunque, gran bel post! 🙂



germogliare
23.01.2014 at 21:35
Reply

😉 grande donna!



    Claud
    23.01.2014 at 21:44
    Reply

    Infatti mi ha colpito molto il tuo post, oltre che per le parole, anche perchè l’hai citata spesso… e io personalmente la trovo eccezionale per la sua forza e i suoi scatti che scandagliano l’uomo in profondità, al di là di ciò che vorremmo apparire… :*

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