Milano, Piazza XXIV Maggio. Tre bambini vengono impiccati a un albero da un uomo. L’uomo è Maurizio Cattelan, artista contemporaneo tra i più controversi, criticati e acclamati da esperti e pubblico. I tre manichini sono sospesi su una quercia secolare, molto in alto. Ma l’altezza non ferma Franco, 42 anni, che si arrampica sull’albero per liberare i fantocci dalla gogna pubblica. La città insorge. Tutti si scagliano contro la scultura shock.
Gaza: Sangue e silenzio
La Striscia di Gaza è inondata di sangue innocente. Come sempre, nelle guerre, il destino degli uomini è deciso da altri. Una minuscola porzione di terra diventa un carcere a cielo aperto, dove la morte è spesso l’unica via di fuga.
Fame, bombe, missili, distruzione: nessuna pietà.
Le immagini ci devastano: odio, ragazzi armati, bambini che mangiano cibo per animali, uomini tra le macerie, famiglie schiacciate sotto i detriti. Uno sterminio di massa che osserviamo attraverso reportage e notiziari, senza poter intervenire.
L’arte ha il compito di scuotere, di farci sentire scomodi.
Il parallelo: tra estetica e coscienza
In un’analisi lucida Don Mazzi, riguardo all’opera di Cattelan, scrive:
“Ho fatto fatica io stesso a guardarli più volte. Mi sentivo sporco dentro, quasi anch’io fossi in qualche modo implicato in questa macabra rappresentazione”.
Una frase che sembra perfettamente descrivere ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza. Quei fantocci sono diventati esseri umani. Ma questa non è finzione.
L’arte come scossa sociale
Che l’opera piaccia o meno, credo che il suo significato sia cruciale. Un memento mori dimenticato. Cattelan stesso dice:
“Questa installazione sembrava lugubre, inaccettabile (fino ad ora avevo sospeso per aria solo un cavallo, finto), ma la funzione dell’arte oggi è quella di far venire i brividi, indignare, scuotere dall’indifferenza gente ormai abituata agli orrori della cronaca. Sembrano bambini vivi che ci guardano dall’alto in basso, quasi tre giudici o tre profeti.”
La profezia si è avverata. Un’altra guerra. Altre morti. La storia non ci ha insegnato nulla. E nulla impariamo dai nostri errori. Questa è la tragica sconfitta dell’umanità: mortali e mortalmente uccisi, ignari, indifesi, incapaci di opporsi a chi decide per noi.
I bambini sono nati per giocare e amare. Devono sognare, e gli adulti dovrebbero proteggere i loro sogni. A volte, però, questi sogni si trasformano in incubi senza controllo. La guerra non è né sogno né incubo: è la realtà dove la morte è l’unica compagna.

Tre bambini impiccati di Cattelan, 2004
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