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Un anno è passato
04.02.2015

È passato un anno, e rileggendo le parole scritte di getto, ad appena un mese dalla morte di Mari, la sensazione di spossatezza non è cambiata. Più attenuata, forse. Ma rimane, purtroppo, lo stesso dolore, quello che – credo – non cambierà mai.

Ho imparato a pronunciare la parola MORTE, ma non l’ho mai fatta mia. Riesco a dirla raramente. Per me Mari “è andata via”, come se fosse ancora possibile sperare nel suo ritorno. Come se un giorno potesse tornare ad abbracciarmi, a carezzarmi. Ancora oggi spero che mi chiami, che come dopo un lungo viaggio mi racconti tutto ciò che ha fatto in questo anno.

Faccio fatica a non parlare con lei. E allora le scrivo. Le mando messaggi, come facevamo una volta, sperando in una risposta.

Se ripenso all’anno scorso, in questi stessi giorni, le davo l’ultima carezza, toccavo per l’ultima volta la sua guancia calda. Oggi resta solo il ricordo di quel contatto e di quella sensazione insostituibile.

Ho avuto una sorella, anche se per soli 27 anni. Mi è stata strappata via all’improvviso. La prossima settimana compirò la sua stessa età. E mi accorgo che un anno è passato senza che me ne rendessi conto, come se fossi rimasta chiusa in una bolla d’aria, dove a tratti è mancato l’ossigeno.

Cerco fotografie per rivivere i momenti felici, ma poi vorrei non pensare, perché i pensieri a volte fanno troppo male. Sono macigni che ti fanno sprofondare in una sorta di oblio improvviso, che arriva senza avviso e ti toglie la tranquillità.

Il tempo è passato. La vita è andata avanti, anche se lentamente. Tutto è cambiato, niente è più come prima. Ho sentito sulla pelle il lento appassire della vita. E fa male.

È passato un anno… e forse è troppo poco.

Non so spiegare cosa sia cambiato, ma so con certezza che la nostra vita non è più la stessa.
Mi chiedono:
“Come ci si sente?”
“Come si affronta tutto questo?”
La verità è che non lo so. Si cerca di sopravvivere alla nuova normalità, che però normale non è. Le abitudini cambiano, il tempo si deforma, le decisioni, gli stimoli, i pensieri… tutto si muove su binari diversi.

Non riesco a spiegarlo del tutto, perché lo vivo ogni giorno, con il dolore nel cuore, cercando però di mantenere sulle labbra il sorriso che aveva lei.

I suoi sogni, i suoi desideri, la sua gioia di vivere sono diventati come polline nel vento, che si è posato su ognuno di noi, facendo germogliare una nuova voglia di vita.
Mari era carismatica, piena di passioni, decisa a seguire la sua strada. La sua tenacia mi dava forza, mi infondeva sicurezza.

In questo anno, molte persone ci sono state accanto con amore incondizionato. Vecchie e nuove amicizie hanno trovato parole e sentimenti veri, autentici.
Abbiamo ricevuto messaggi, poesie, ricordi. E molti di essi parlavano di insegnamenti su come affrontare la vita con uno sguardo più puro, più vero.

E tutto questo mi spinge a dire: grazie.
Grazie a chi, con un sorriso, un gesto, un pensiero, continua ogni giorno a tenere viva Mari nel cuore.
Grazie a chi, ricordandola, la fa vivere ancora.

Questa volta non parlerò di arti visive. Ma se mai troverete il tempo, vi invito a guardare Anam. Il senza nome, l’intervista a Tiziano Terzani.
A molti Terzani non piace. A me, invece, piace moltissimo. E ogni tanto sento l’esigenza di ascoltare le sue parole, come fossero una medicina per l’anima.

Buona visione, se vorrete.

Testo ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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Life in Progress

Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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5 Comments


Strada principale e vie secondarie – CultMag
12.02.2021 at 09:29
Reply

[…] A un anno di distanza confesso di aver imparato a pronunciare la parola morte; una piccola bugia detta a me stessa probabilmente per sopravvivere alla perdita. […]



valigiaepasseggino
24.02.2015 at 16:43
Reply

Un abbraccio.. <3



    Claud
    24.03.2015 at 17:14
    Reply

    <3

Annamaria
16.02.2015 at 17:46
Reply

Nei nostri ❤❤



    Claud
    17.02.2015 at 08:54
    Reply

    Grazie Anna… :*

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