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Manzoni, Pollock e Klein: come spiegare la storia dell’arte ai bambini (… e agli adulti).
30.12.2015

Chiunque nella propria vita ha sentito pronunciare almeno una volta la frase «Lo potevo fare anche io!”, in riferimento ad un’opera di arte contemporanea. Espressione verbale spesso seguita da un’aria stralunata che connota il volto di colui che la pronuncia, segnando il momento fatidico di confine tra la sensatezza della ragione e la geniale stravaganza dell’arte contemporanea.

Eppure quelle opere recensite con dovizia di particolari e immancabili interpretazioni personali da una copiosa folla di amatori e critici, devono effettivamente avere un significato recondito e alcune volte le cose sono più semplici di quanto si possa credere, ma per far si che anche i più restii alle novità possano assurgere ad una tal mistica verità, serve l’aiuto di chi non ha perso quell’agilità mentale utile a spiegare l’arte con semplicità e con una buona dose di ironia.

Fausto Gilberti, “Piero Manzoni”, Corraini 2014

A guidarci in questa scoperta è l’artista e illustratore bresciano Fausto Gilberti che ha dedicato tre libri ad altrettanti maestri dell’arte contemporanea: Piero Manzoni, che va oltre la superficie del quadro per addentrarsi in luoghi sconosciuti con opere ad alto tasso di provocazione e ironia, Jackson Pollock, artista irrequieto e ribelle che oltre a dipingere era anche un provetto cuoco e infine, ma non per importanza, Yves Klein artista sensibile e provocatore che tra judo e monocromi sondava gli spazi inesplorati dell’impossibile.

Le illustrazioni di Fausto Gilberti, caratterizzate da esili figure stilizzate dai grandi occhioni circolari sono tratteggiate con un segno semplice ma raffinato, riuscendo a dar vita a storie affascinanti che partendo proprio dalla biografie degli artisti giungono a narrare le grandi innovazioni concettuali e tecniche della storia dell’arte.

Ed ecco che vestito con cravatta e camicia bianca «Piero voleva diventare un artista e abbandonò gli studi per dedicarsi alla pittura» creando «opere bizzarre che nessun altro aveva mai fatto», come la linea lunga sette chilometri e le basi magiche, mentre in un giorno di maggio inserì «la sua cacca in una scatoletta di metallo creando così la sua opera più famosa: la Merda d’artista».

Fausto Gilberti, “Jackson Pollock”, Corraini 2015
Fausto Gilberti, “Jackson Pollock”, Corraini

Jackson Pollock, invece trovò l’ispirazione per dipingere i suoi quadri, così strani e così diversi rispetto a quelli dei suoi amici dell’espressionismo astratto, una volta giunto in una fattoria con la moglie Lee e il loro cane, e lì, in quel luogo così ameno e così tranquillo, sperimentò «un nuovo modo di dipingere: dipingere in movimento», facendo sgocciolare e schizzare il colore sulla tela posta sul pavimento del suo studio.

E infine Yves Klein, che in un giorno qualunque della sua vita «decise che, da quel momento, avrebbe dipinto quadri di un solo colore: Blu! Ma non un Blu qualsiasi, Yves voleva un Blu unico, il suo Blu. Mescolò colore in polvere, colla e altri ingredienti segreti. E dopo vari esperimenti trovò il Blu che cercava. Era un Blu luminoso, vellutato, che gli ricordava il Blu del cielo e il Blu del mare. Lo chiamò International Klein Blu!» ma era un genio e la sua mente era sempre all’opera, anche davanti alle intemperie che utilizzò per dipingere le sue opere.

Non è facile raccontare a grandi e piccini la vera essenza di questi tre grandi artisti, ma i libri di Fausto Gilberti hanno il merito di farlo e di riuscirci, editi dalla casa editrice Corraini, sono brevi ma arguti, impossibili da non amare per la semplicità con cui raccontano concetti densi di significato della storia dell’arte contemporanea.

Fausto Gilberti, “Yves Klein”, Corraini 2015
Fausto Gilberti, “Yves Klein”, Corraini 2015

Articolo scritto per la rivistaFrizzifrizzi

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Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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