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Il “Canto di Natale”, un insegnamento valido tutto l’anno
24.12.2019

È arrivato il periodo dei film natalizi e tra gli immancabili, A Christmas Carol, film tratto dal romanzo scritto da Charles Dickens nel 1843, un’opera commovente e stimolante per il pensiero.

Quasi ogni anno, dalla data di uscita del film, il 2009, mi piace vederlo accanto al caminetto, con le miei pantofole pelose, mentre sgranocchio le mandarle al cioccolato, perché a Natale divento il classico stereotipo natalizio: felice delle lucine, delle ghirlande, delle mandorle al cioccolato. Mi perdo nell’osservare le bancarelle, mangiare crauti, stinco e castagne (per me tipico piatto natalizio). Una vera felicità per me, ma certo non per chi mi sta intorno, che solitamente non sopporta la mia euforia, a esclusione di colei da cui molto ho ereditato la passione, mia madre.

Il mio spirito natalizio nasce il 3 dicembre 2016 alle ore 20:52, quando per la prima volta sono arrivata a una conclusione sconcertante: «a fanculo il Natale! Ho voluto far finta di crederci da tre anni a questa parte, ma era un’illusione». Parole che scrissi di getto sulla mia agenda, insieme alla frase: «non si può essere felici», che letto così, suona come la versione negativa del «non può piovere per sempre» de Il Corvo.

Sta di fatto che quel giorno decisi di spegnere le luci dell’albero, fino a quando il destino beffardo non fece il suo corso.

Ricordo che all’epoca della drastica decisione ero in ospedale con mamma e proprio lì, nelle sale asettiche e impregnate di odore di disinfettante, le lucine hanno deciso di seguirmi.

Il 7 dicembre 2016, un’infermeria dell’ospedale mi chiede una mano per trasportare un pacco davanti alla stanza di mia madre dove era comparso, senza che me ne accorgessi, un alberello di natale. Non ci potevo credere, una vera congiura!

Sta di fatto che quelle lucine ogni notte erano lì a illuminare la stanza e a ricordarci che il Natale era alle porte. Quella stessa sera confesso a un amico la mia avversione verso gli alberelli luminosi e lui mi rispose: «Nooo, non farlo Claudia, […] egoisticamente io ho bisogno di te che mi fai vivere ancora questa festa».

Frontespizio del libro A Christmas Carol con le illustrazioni di John Leech.

Da quel giorno le cose sono cambiate, sono successi tanti eventi nella mia vita e in parte ho mutato il mio punto di vista. Lavoro su me stessa da ormai molti anni, cadendo talune volte, ma cercando sempre di rialzarmi. So che non potrà più essere quello che è stato ed è difficile essere felici in un giorno così, quando chiaramente senti che avresti voluto viverlo diversamente, però cerco di ritrovare lo stesso spirito e la stessa voglia di festeggiare come quando “c’era un prima e come quando eravamo tutti insieme”.

Oggi eccomi qui, accanto al camino, godendomi coloro che amo, perché infondo tutto sto “gran pippone” sul Natale vuole avere una conclusione, che è anche abbastanza scontata: credo che il Natale possa insegnarci tanto in merito ai nostri comportamenti quotidiani, perché – proprio in questi giorni – abbiamo il tempo di stare a casa con chi amiamo.

Ho sentito dire i regali sono oggetti dovuti e se è così non fateli; se è puro “capitalismo”, allora regalate una foto del vostro momento più bello insieme. Svegliatevi prima di lei o di lui e preparate la colazione e una lettera.

L’importante non è l’oggetto ma la sorpresa nella più banale quotidianità, come portate un cartoccio di castagne calde quando fuori è freddo, un barattolo di tonno se questo è particolarmente amato e vi posso giurare che poi sarete pienamente appagati. La cosa strana è che, oltre aver strappato un sorriso alla persona che amate, voi vi sentirete felici.

Riprendo in mano Canto di Natale di Charles Dickens e rifletto: lo Spirito del Natale passato è una figura luminosa che conduce Scrooge attraverso la sua infanzia e lo sappiamo bene, il passato può essere stato felice o triste, ma in qualunque caso è lì a ricordarci chi siamo stati. Abbiamo amato, siamo stati amati, abbiamo perso e abbiamo incontrato nuove persone e, anche se non possiamo cambiare ciò che è stato, possiamo semplicemente prendere quei ricordi e far in modo che questi possano renderci più forti nel presente.

Lo Spirito del Natale presente mostra a Scrooge la festa di Natale in casa del suo dipendente, che nonostante la povertà e la malattia del figlio, è felice insieme alla sua famiglia: ciò che più conta a Natale, ma sopratutto è ciò che più conta nei restanti 364 giorni dell’anno. Si potrà litigare, si potranno dire cattiverie, ma si sa che queste ci verrano perdonate dalle persone che amiamo, perché semplicemente ci conoscono e sappiamo benissimo che basta un piccolo gesto per cambiare un momento di incomprensione.

Lo Spirito del Natale futuro mostra a Scrooge un oscuro destino e l’unico modo per renderlo migliore è cambiare la sua vita nel presente.

Leggere Dickens vuol dire riflettere su ciò che siamo stati, ci pone davanti alla nostra felicità, ai nostri rimpianti o alle nostre tristezze, facendoci ripercorrere con la mente il nostro vissuto, fino al punto in cui tutto è cambiato. Dall’altra parte ci fa guardare al nostro presente, ci fa voltare verso le persone che amiamo e che possiamo abbracciare ora, perché sono lì intorno a noi, oppure – se queste sono lontane – nulla ci impedisce di sentirle o fare una videochiamata.

Il presente è ora… e nell’incertezza dei mesi futuri, del continuo susseguirsi di accadimenti, alcuni scelti, altri imposti da cui si cerca di districarsi per ritagliarsi quel minimo di tranquillità per sorridere sempre, la cosa più razionale sarebbe prendere sotto braccio lo Spirito del Natale futuro e proseguire per la propria strada.

Questi tre fantasmi Dickens li ha creati per mostrare a Scrooge quale fosse il significato del Natale, un periodo di pace e di amore condiviso ma, fuor di metafora, credo che altrettanto importante sia stare bene con se stessi e con le persone che ci circondano, perché realmente non sappiamo cosa accadrà un domani, e se un domani tutto dovesse mutare, allora è sempre meglio non aver rimpianti.

Come scrive Dickens: «onorerò il Natale nel mio cuore, e cercherò di conservarmi in questo stato d’animo per tutto l’anno. Vivrò nel passato, nel presente e nel futuro, e i tre spiriti saranno sempre presenti in me».

***

Fine della sdolcinatezza natalizia, ora potete pure non fare regali, non accendere lucine e odiare le feste, questo è lecito, ma spero abbiate capito che non è il soggetto principale dello scritto! Un caloroso abbraccio, come non mai!

Testi di ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati

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Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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