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Il ricordo di un volo eterno. Emozioni e sensazioni di una giornata al Museo per la Memoria di Ustica
27.06.2015

Il cuore e i suoi battiti sono l’elemento chiave per comprendere l’opera Les Archives du Cœur di Christian Boltanski, mostra tenurasi dal 23 aprile al 31 maggio presso il Museo per la Memoria di Ustica di Bologna.

Un progetto iniziato nel 2008 e forse destinato a non vedere mai la fine: un archivio sonoro che raccoglie i battiti cardiaci dei visitatori, registrati su base volontaria. Un gesto semplice, intimo e quasi sacro: il visitatore siede accanto al tecnico, poggia un fonendoscopio sul petto, indossa le cuffie e ascolta il proprio cuore per circa venti secondi, mentre sullo schermo compare il grafico delle frequenze cardiache.

Subito dopo, riceve un CD con la registrazione del proprio battito, numerato progressivamente e accompagnato dal nome e cognome. Una copia digitalizzata entra a far parte dell’archivio centrale di Teshima, in Giappone, che oggi conserva oltre sessantamila battiti.

Un’opera estremamente suggestiva, attraverso cui Boltanski riesce a catturare lo scorrere dell’esistenza e a trattenere “un’istantanea” di un cuore nel presente. Ma l’artista non si illude: sa bene che la vita è in continuo movimento. Così, questo archivio di cuori palpitanti si trasforma nel suo opposto – in un archivio di cuori che potrebbero smettere di battere da un giorno all’altro.
Rimane il suono, il ricordo di un attimo che non esiste più.

Boltanski non cerca risposte, ma pone domande. Invita a riflettere sulla fugacità della vita, sulla bellezza dell’attimo, sull’importanza dell’esserci.
Come a volerci chiedere:
Come ci si può salvare?

Libretto e cd contenente la registrazione dei battiti cardiaci. © Claudia Stritof. All rights reserved.

A queste riflessioni si intrecciano quelle nate dal luogo che ha ospitato l’opera: il Museo per la Memoria di Ustica, inaugurato il 27 giugno 2007 negli spazi dell’ex Magazzino ATC di Bologna.
Un museo concepito per custodire e ricordare il Douglas DC-9 dell’Itavia, aereo caduto il 27 giugno 1980, e voluto con determinazione dall’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, presieduta da Daria Bonfietti, sorella di una delle vittime e senatrice della Repubblica. Una donna che, con coraggio e perseveranza, ha preteso verità.

Appena varcata la soglia della grande sala rettangolare, si viene colti da sensazioni contrastanti: angoscia, dolore, rispetto.
Si ha quasi timore di disturbare il riposo eterno di quel gigante di ferro, stanco, frammentato, giacente sul pavimento.
I battiti del cuore accelerano, il respiro si fa più corto, mentre immobili sul ballatoio si osserva il relitto silenzioso, dilaniato come le vite degli ottantuno passeggeri a bordo del volo Bologna–Palermo.

Il museo ospita l’opera permanente A proposito di Ustica, realizzata dallo stesso Boltanski, da sempre attento ai temi della morte, della memoria e della fragilità dell’esistenza.
Un’opera che coinvolge profondamente lo spettatore, sinesteticamente, dal primo all’ultimo istante della visita.

Nella penombra della sala, il tempo si sospende.
Sorge un cortocircuito temporale: passato, presente e futuro si confondono.
Il passato è rappresentato dal relitto, recuperato dopo otto anni dal fondale marino e collocato a un livello inferiore rispetto al visitatore.
Il presente è il nostro stare lì, affacciati sul ballatoio, ma viene subito messo in crisi dagli ottantuno specchi neri disposti lungo le pareti: simboli degli spiriti dei passeggeri, in cui il nostro sguardo è invitato a riflettersi e a perdersi.

È allora che si apre una nuova dimensione: quella del pensiero potenziale.
Frasi, sogni, frammenti di desiderio che i passeggeri avrebbero potuto pensare un attimo prima del silenzio.
Una bambina che aspetta il primo bagno al mare. Una voce che sussurra: «Mi sento sicura quando la mamma mi tiene per mano».
Un uomo che riflette su come dire addio alla fidanzata.
Un’altra donna che si chiede se indossare il vestito bianco per il battesimo.

Pensieri semplici, comuni, umani.
Promemoria per un domani che non arriverà mai.
Ed è proprio in quell’istante che il passato si fa ricordo, il presente si illumina, e il futuro si colora d’incertezza.

Christian Boltanski, Museo per la memoria di Ustica, Bologna © Claudia Stritof. All rights reserved.

Il museo è un luogo vivo, un tempio della memoria dove le anime non sono mai del tutto scomparse.
Per ricordarlo, Boltanski ha sospeso al soffitto ottantuno piccole luci tremolanti: anime che sembrano sul punto di spegnersi, ma che a ritmo cadenzato continuano a pulsare come respiri, come battiti.

Accanto al relitto, nove casse nere simili a bare custodiscono gli oggetti personali rinvenuti in mare: reliquie che non possono essere esposte, ma che devono essere coperte per rispetto.
Boltanski li ha voluti immortalare nella Lista degli oggetti personali appartenuti ai passeggeri del volo IH870, un libro in cui si rincorrono pagine di oggetti segnati dal tempo e dalla salsedine: agendine, lettere, schedine, rullini fotografici, romanzi, guanti, tabacco, una radiolina, tappi per le orecchie.
Oggetti che parlano più di mille parole.

Nel documentario Ero nato per volare, visibile nella saletta del museo, la regista Enza Negroni dà voce al relitto e sottolinea l’importanza dell’arte come veicolo per celebrare il ritorno dell’aereo.
Perché gli artisti conoscono il dolore.
Lo sanno ascoltare.
Lo sanno restituire.

“L’arte, come la verità, non si trova in superficie. Si deve cercare sul fondo.”

E lì, sul fondo, c’è tutto: non solo la tragedia, ma anche la possibilità di comprensione, di empatia, di memoria condivisa.

Christian Boltanski, Museo per la memoria di Ustica, Bologna. © Claudia Stritof. All rights reserved.

Il Museo per la Memoria di Ustica non è solo un luogo dove si custodisce il passato: è un luogo che se ne prende cura. Un luogo in cui i cuori continuano a battere, anche quando hanno smesso davvero.

Testo e foto © Claudia Stritof. All rights reserved. Courtesy Mambo.

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Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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4 Comments


Massimo
28.06.2016 at 08:11
Reply

Sono le 8 del mattino! Sei riuscita a far scendere lacrime sul mio volto!



    Claudia Stritof
    28.06.2016 at 08:23
    Reply

    Max non sai che complimento mi hai fatto. E’ sempre difficile comunicare agli altri sensazioni che si sono vissute in solitudine. Avere un tuo commento così profondo mi riempe di gioia alle 8.22 del mattino. Grazie mille e buon inizio di giornata.

Earlene
07.01.2016 at 09:25
Reply

Un grande e sincero grazie! http://cresceresognare.blogspot.com



    Claudia Stritof
    07.01.2016 at 09:44
    Reply

    Grazie mille a te e dobbiamo dire grazie al ricordo, quello è importante. Non dimenticare tanto dolore.
    “Ci sono tantissime cose da fare, tantissime scoperte da compiere, tantissimi luoghi da esplorare!” mi insegni e sono pienamente d’accordo. Registriamo la realtà per trasformarla in speranza, essendo coscienti del passato, doloroso o felice che sia. A presto e grazie per la visita.

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