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La memoria rende Liberi
26.01.2015

Tra le opere più toccanti per comprendere la tragedia dell’Olocausto, anche a livello emotivo, c’è il film Il bambino con il pigiama a righe (2008), tratto dall’omonimo romanzo di John Boyne.
Il film racconta la storia attraverso uno sguardo disarmato: quello di Bruno, un bambino tedesco di otto anni, figlio di un ufficiale nazista. Quando la famiglia si trasferisce in campagna vicino a un campo di concentramento, Bruno si annoia, si sente solo e inizia a esplorare l’area circostante.

Un giorno incontra Shmuel, un bambino ebreo della sua stessa età, rinchiuso nel campo. Separati da un filo spinato, i due instaurano un’amicizia pura, fatta di silenzi, giochi a distanza e domande a cui nessuno ha mai risposto con onestà. Bruno non sa cosa sia davvero quel “campo”, né perché Shmuel indossi sempre lo stesso “pigiama”.

La potenza del film sta proprio in questa inconsapevolezza infantile, che smaschera con semplicità la brutalità degli adulti.
Il finale è profondamente necessario: un messaggio potente che lascia lo spettatore attonito, in silenzio.
Ciò che certamente comprendiamo fino in fondo è l’orrore disumano della Shoah, proprio perché lo vediamo con gli occhi puri di un bambino che non distingue “noi” da “loro”.

Oggi, in questo giorno del ricordo, proviamo a dire ad alta voce che la vita è una. Che vale la pena essere buoni, sensibili, autentici. Che amare è più forte che odiare. Che chi ci ha lasciato, merita silenzio, rispetto e memoria.

E lasciamo spazio alle parole di Alda Merini, che meglio di chiunque altro sa dirci cosa significa restare umani:

La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.

E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri.

Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili, di finire alla mercè di chi ci sta di fronte.

Non ci esponiamo mai. Perché ci manca la forza di essere uomini, quella che ci fa accettare i nostri limiti, che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, in forza appunto.

Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà.

Mi piacciono i barboni.

Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima.

Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore.

In un tempo in cui la verità storica è continuamente messa in discussione, non dimentichiamo.
Non dimentichiamo mai.

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Fotografia e Cinema  / Life in Progress  / Trame interdisciplinari

Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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max31055
27.01.2015 at 12:00
Reply

❤️



    Claud
    27.01.2015 at 12:49
    Reply

    Ciao Max… :*

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