Per molte persone il periodo compreso tra le scuole superiori e l’università è quello delle ideologie, dei sogni e delle rivoluzioni, perché in questo arco di tempo – così importante per la formazione di un individuo – si scoprono passioni e storie di un passato lontano.
Durante le scuole superiori una delle storie che mi appassionò di più fu quella di Radio Alice, emittente radiofonica di Bologna.
Era il 9 febbraio del 1976, quando dal civico 41 di via del Pratello alcuni ragazzi trasmisero per la prima volta, dalla frequenza fm 100.6 mhz, grazie a un semplice trasmettitore militare trovato da Maurizio Torrealta.
Ogni mattina la giornata iniziava con tranquillità con la diffusione di mantra e lezioni di yoga, per poi passare alla storica canzone del cantautore barese Enzo Del Re Lavorare con lentezza e ancora dopo particolari rubriche venivano intervallate dalla musica degli Area, di Coltrane, Inti-Illimani, Jimi Hendrix e Stockhausen.
Radio Alice permetteva a ognuno di raccontare le proprie passioni: leggere un libro, recitare delle poesie, oppure parlare dei propri problemi e dei propri sogni: c’era Bifo (Franco Berardi, creatore, tra le alte cose, della famosa rivista A/traverso), poi Paolo Ricci, e perchè no, Elio Baldini e Alessandra che alle otto di sera leggevano le favole per i bambini, mentre Stefano Saviotti e Luciano Cappelli conducevano la rubrica Rasente ai muri.
Un diario pubblico, condiviso con umiltà, così come umili e semplici erano quei ragazzi, spinti semplicemente dalla voglia di condividere, dalla voglia di raccontare esperienze vissute in prima persona e di urlare al mondo eterne verità come «libertà dal lavoro, libertà dallo sfruttamento, libertà dell’abbrutimento economico, libertà di fare l’amore».
All’inizio erano in pochi, ma pian pano la radio iniziò a essere seguita con interesse da sempre più persone e «nel giro di qualche settimana la redazione esplode, arrivano ragazzi dalle scuole, femministe a cavallo della loro scopa, giovani operai delle fabbriche in lotta, e chi viene ha il diritto di prendere il microfono e dire quello che gli sembra urgente. Radio Alice è la voce di chi non ha mai avuto parola».
Radio Alice diventa un punto di riferimento per molti giovani, un modo per dire “io esisto” e voglio dire ciò che provo, cosa conosco oppure semplicemente raccontare come si vive da operai o da studenti; quali sono i dolori e quali le gioie, gridare che un mondo diverso può esistere, ma siamo noi a dover prendere coscienza del cambiamento.
La censura era assolutamente abolita: tutti potevano parlare al microfono e tutte le telefonate erano mandate in onda senza filtri, tanto che molto spesso i ragazzi ricevevano insulti e minacce, non esistevano pubblicità e i proventi derivano da eventi e concerti.
Passano un piano d’anni ed è subito il 1977!
Si proprio il ’77, anno caldo per l’Italia che è in piena protesta, e proprio a Bologna lo scontro tra forze dell’ordine e giovani si trasforma in un incubo con la morte del giovane studente Francesco Lorusso.
Radio Alice dà la notizia, segue la protesta da vicino attraverso i racconti di coloro che dalle cabine telefoniche chiamano alla radio per informare su cosa stava accadendo.
Radio Alice, per le sue idee sovversive viene osteggiata e il 12 marzo 1977 la Polizia fa irruzione nella sede della radio con l’accusa di aver diretto gli scontri violenti all’indomani della morte di Lorusso.
Erano le 23.15 al microfono c’e Valerio Minnella, che chiede aiuto al collettivo giuridico di difesa. Nell’etere si odono le voci provenire da via del Pratello 41: «Attenzione, a tutti gli avvocati, a tutti i compagni che ci sentono, che si mettano in comunicazione con gli avvocati. Attenzione a tutti i compagni che ci sentono: tentino di mettersi in comunicazione con l’avvocato Insolera e con gli altri del Collettivo Giuridico di difesa» e ancora «c’e la polizia alla porta che tenta di sfondare, hanno le pistole puntate e io mi rifiuto di aprire, gli ho detto finche’ non calano le pistole e non mi fanno vedere il mandato. E poi siccome non calano le pistole gli ho detto che non apriamo finche’ non arriva il nostro avvocato. Puoi venire d’urgenza, per favore, ti prego d’urgenza, ti prego… c’hanno le pistole e i corpetti antiproiettile e tutte ste’ palle qua… via del Pratello 41.. ok! ti aspettiamo…».
La Polizia fa irruzione, senza aspettare gli avvocati e subito: «state con le mani in alto» mentre Valerio dice «sono entrati, sono qui, siamo con le mani alzate, stanno strappando il microfono» e poi il silenzio da Radio Alice, chiusa per volere della Procura della Repubblica.
Nulla esisterà più di Radio Alice e nulla sarà più lo stesso per quelli studenti nonostante venga riaperta una radio dal nome Collettivo 12 marzo.
Così nasceva e così veniva oscurata Radio Alice, radio libera italiana, che se pur per solo 13 mesi ha segnato la storia della radiofonia italiana, facendosi portatrice di una cultura dell’amore e della conoscenza libera e per tutti.
Tutto era finito, ma non gli insegnamenti di Radio Alice: ognuno doveva esser fiero di quel che era, della propria lingua e del proprio accento, ma soprattutto del proprio pensiero, essere fieri anche del proprio lavoro ma ricordarsi sempre di lavorare con lentezza / senza fare alcuno sforzo / chi è veloce si fa male e finisce in ospedale / in ospedale non c’è posto e si può morire presto / Lavorare con lentezza senza fare alcuno sforzo / la salute non ha prezzo, quindi rallentare il ritmo / pausa pausa ritmo lento, pausa pausa ritmo lento.
Testo ©Claudia Stritof. All rights reserved.
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