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James Nachtwey: la Memoria del passato
01.03.2018

La guerra: arma dei potenti, devastante annientamento dei popoli, perdita di libertà individuale e collettiva, nel corso dei secoli ha stravolto l’animo di intere generazioni e mutato il destino di interi paesi. I ricordi dei sopravvissuti, le parole penetranti dei poeti e le visioni tragiche degli artisti sono ciò che di più potente rimane alle future generazioni per prendere atto di ciò che è stato e far in modo che tali atrocità non vengano commesse nuovamente. Monito, memoria, crescita: l’arte è tutto questo, stimola la riflessione e, come scriveva George Bernard Shaw, è un modo per guardare dentro la propria anima.

Goya, più di ogni altro artista, è riuscito a cogliere con assoluta lucidità e mostruoso realismo l’umana brutalità degli eventi bellici nella celebre serie di incisioni I disastri della guerra: immagini crude e penetranti che proprio in virtù del loro taglio cronachistico riescono a comunicare allo spettatore la tragicità della vita e l’irrazionalità che caratterizza ogni guerra. Non è un caso che uno dei più grandi fotoreporter contemporanei, James Nachtwey, abbia definito Goya «il patriarca dei fotografi di guerra».

James Nachtwey ha fatto della veridicità storica e della trasparenza delle informazioni il baluardo concettuale delle sua arte perché testimone diretto delle innumerevoli tragedie che hanno segnato il nostro secolo ma anche, e soprattuto, per essere riuscito, tramite le proprie immagini, a sollecitare l’opinione pubblica in merito a tutte le ingiustizie sociali che giornalmente flagellano il nostro presente.

La battaglia per il controllo di Mostar è avvenuta di casa in casa, di stanza in stanza, tra vicini. Una camera da letto è diventata un campo di battaglia. Bosnia-Erzegovina, Mostar, 1993. © James Nachtwey/Contrasto

Il suo obiettivo sempre posto a distanza ravvicinata ai soggetti da lui ritratti manifesta con forza penetrante tutta la carica emotiva del momento vissuto, donando all’osservatore immagini forti e crude perché compito della fotografia è dare «una voce a coloro che altrimenti non l’avrebbero» e «stimola l’opinione pubblica e da forza al dibattito pubblico».

Nachtwey, cresciuto negli anni della Guerra del Vietnam, si è reso conto di quanto poteva essere importante la libera circolazione delle informazioni per una società che si reputava democratica, così per amor di verità si è spinto in America centrale durante le guerre civili, in Guatelama, El Salvador, Kossovo, India, Libano, Cisgiordania, Gaza, Israele e molti altri luoghi martoriati da gravi conflitti armati. È così che la sua fotografia, un singolo istante sotratto alla continuità temporale, ha reso indelebili momenti inafferrabili che sarebbero rimasti celati ai più se Nachtwey non li avesse colti con la sua macchina fotografica, il mezzo che più di tutti riesce a trasmettere la terribilità del reale, rendendo vivi e tangibili attimi tragici.

Le sue immagini raccontano di un mondo brutale davanti al quale non si può rimanere impassibili: un cumulo di corpi di soldati serbi su un camion attendono di essere scambiati per altri prigionieri con le forze nemiche, un ragazzino completamente nudo rannicchiato su un letto di ferro nell’orfanotrofio locale di Grozny, il volto di profilo di un sopravvissuto a un campo di concentramento Hutu in Ruanda con gli occhi umidi che guardano di fronte a sé mentre il viso è solcato da profonde cicatrici, un cecchino dietro la finestra di quella che un tempo era una camera da letto e che ora è divento trincea casalinga nella città di Mostar in Bosnia-Erzegovina.

Un uomo porta in braccio il figlio mentre tenta di attraversare il confine con la Macedonia. Macedonia, 2016. © James Nachtwey/Contrasto

La mostra James Nachtwey. Memoria, curata da Roberto Koch e dallo stesso James Nachtwey, è la più grande retrospettiva concepita sull’artista e racconta il mondo vissuto in prima persona dal fotoreporter americano: un compendio di arte e bellezza certamente, ma prima di tutto un inno al reale, alla storia e alla vita, che attraverso i suoi scatti è stata tramutata in penetrante poesia visiva. Un’immersione in ciò che è stato, in ciò che al giorno d’oggi è e in ciò che sarà se gli stessi uomini non si prenderanno la responsabilità di ascoltare l’altrui grido di aiuto. Come ha scritto lo stesso fotografo: «sono stato un testimone. Ho dato conto della condizione delle donne e degli uomini che hanno perso tutto, le loro case, le loro famiglie, le loro braccia e le loro gambe, la loro ragione. E, al di là e nonostante tutte queste sofferenze, ciascun sopravvissuto possiede ancora l’irriducibile dignità che è propria di ogni essere umano».

***

Promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Civita, Contrasto e GAmm Giunti, con il contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione Forma per la Fotografia, la mostra James Nachtwey. Memoria è inoltre accompagnata da un meraviglioso catalogo pubblicato da Contrasto e Giunti. Affrettatevi!!

***

James Nachtwey. Memoria

a cura di Roberto Koch e James Nachtwey

1 dicembre 2017 – 4 marzo 2018

Palazzo Reale di Milano, Piazza Duomo 12

www.palazzorealemilano.it

***

Una madre veglia sul figlio. Sudan, Darfur, 2003. © James Nachtwey/Contrasto

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Fotografia e Cinema  / Recensioni e Mostre  / Sguardi d'Autore

Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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Comment


Maggie
10.03.2018 at 11:15
Reply

Grazie! Quando vieni a trovarci?



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