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Viaggio nell’eterno: il Cimitero degli Inglesi di Firenze
07.03.2016

Se mi chiedessero cosa mi manca di Firenze, risponderei senza esitazione: il Cimitero degli Inglesi. Era il mio rifugio, un luogo in cui riflettere e ritrovare un po’ di silenzio interiore.

Un’oasi spirituale tra i viali

Situato nel cuore di Firenze, tra i trafficati viali di circonvallazione, il Cimitero degli Inglesi sorprende per la sua bellezza raccolta e la quiete quasi irreale. Piccolo, immerso nel verde, punteggiato da statue, lapidi e cipressi, si presenta come un luogo fuori dal tempo, capace di regalare uno spazio intimo di contemplazione.

Appena varcato il cancello, sembra che ogni rumore della città svanisca. Il tempo si sospende, i passi diventano leggeri e tutto invita al raccoglimento.

Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.
Tomba di Arnold Savage Landor. Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.

Storia e trasformazione del cimitero

Fondato nel 1865 e chiuso nel 1877 durante il Risanamento di Firenze, il cimitero venne salvato dalla demolizione grazie al suo valore storico e artistico. In origine adiacente alle antiche mura, oggi si trova al centro di una rotatoria, assumendo una caratteristica forma ovale. Un piccolo mondo a sé, protetto dal tempo e dalla modernità.

Un percorso tra arte e memoria

Attraversando il vialetto in ghiaia, si sale lungo la collina fino a raggiungere la sommità dove si trova la colonna commemorativa donata da Federico Guglielmo IV di Prussia nel 1858. Intorno, i cipressi abbracciano il visitatore con il loro verde solenne.

Le tombe, scolpite in epoca Romantica, sono di una bellezza struggente. Angeli, simboli, figure in preghiera, scheletri bendati che falciano gigli: ogni scultura racconta una storia, ogni lapide custodisce un frammento d’eternità. Tra i profumi di rose ed edera, il tempo sembra fermarsi.

Simboli e personaggi illustri

Tra i sepolti più celebri troviamo:

  • Elizabeth Barrett Browning, poetessa inglese, la cui tomba fu disegnata da Frederic Leighton
  • Walter Savage Landor, poeta e scrittore
  • Jean Pierre Vieusseux, letterato francese

Le tombe sono ricche di simboli iconografici: la corona d’alloro (immortalità e gloria), l’ancora (fede e speranza), la clessidra (il tempo che scorre). Una vera lezione di iconografia funeraria in pieno centro cittadino.

Un’isola dei morti (e dei vivi)

Si dice che proprio il Cimitero degli Inglesi abbia ispirato Arnold Böcklin per il suo celebre dipinto L’isola dei morti, dove il silenzio e la solennità diventano arte. Del resto, lo stesso Böcklin aveva qui sepolto la figlia Mary, morta prematuramente.

Camminando tra le tombe, mi ritrovo spesso a pensare a La Collina di Edgar Lee Masters, poesia che sembra scritta per un luogo così. Su questa collina dormono poeti, artisti, filosofi e sognatori: ci ricordano, silenziosamente, che la vita è breve e va vissuta intensamente, prima che sia troppo tardi per sognare.

Perché visitarlo

Il Cimitero degli Inglesi non è solo un luogo storico o artistico: è un rifugio dell’anima, un piccolo mondo dove trovare bellezza, spiritualità e memoria. In un’epoca che corre veloce, fermarsi qui è un atto di resistenza, un invito alla lentezza, al rispetto per la vita e per chi ci ha preceduti.

Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.
Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.

Testo e immagini ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.
Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.
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Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.
Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.
Cimitero degli Inglesi. ©Claudia Stritof. All rights reserved.

Testo e immagini ©Claudia Stritof. All rights reserved.

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Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

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