• Home
  • Arte
  • Fotografia
  • Press – Collaborazioni di Cult Mag
  • Musica
  • Speciali
  • About CultMag
Intervista ad Adriano Fida.
Marzo 25, 2016

Adriano Fida, classe 1978, svolge un percorso artistico importante, che dalla scuola d’arte di Palmi, prosegue presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, per poi affidare la sua formazione artistica al maestro Silvano Gilardi in arte Abacuc. Da poco tempo il pittore ha raggiunto un altro importate traguardo venendo selezionato da Vittorio Sgarbi tra i cinque vincitori della mostra-concorso Expo arte italiana, con l’opera The sound of the soul. Ho incontrato il pittore calabrese per farci raccontare di più riguardo la sua opera.

Partiamo dalle origini. Nasci a Reggio Calabria e vivi a Rosarno, un paese purtroppo conosciuto per le storie non sempre felici di cronaca, ma sappiamo che Rosarno è molto altro, una terra antica e saggia che risale al periodo magno-greco. Il tempo dei miti e degli dei, elementi ben visibili – vuoi dagli elementi iconografici, vuoi dai titoli delle tue opere – nella tua arte. Qual’e il legame con il passato mitico della tua terra?

Anche se oggi vivo a Roma è naturale che io sia fortemente legato con la terra di Medma (antico nome di Rosarno). Sono cresciuto in una Rosarno difficile ma di terreno fertile, ricca di storia e di cultura, in cui proprio il periodo magno-greco ha favorito l’evoluzione del pensiero artistico-culturale della terra. Sono cresciuto ascoltando i racconti degli storici e degli appassionati del mio paese sulle divinità greche, il che mi ha permesso di portare quell’abbagliante patrimonio dentro la mia immaginazione fino ad oggi che ho effettivamente la possibilità di figurare con la pittura quei corpi prima immateriali.

Quale evoluzione ha subito la tua poetica e quali le nuove suggestioni artistiche ricevute in seguito al trasferimento a Roma?

A Roma mi sono avvicinato intorno ai 25 anni e trasferitomi definitivamente a 30. Come ogni città importante e imponente diventa anche invasiva intellettualmente e fisicamente, e in quanto tale mi ha donato  la possibilità di aprire gli occhi sull’arte e sulla mia vita. Qui ho conosciuto molti artisti importanti del panorama artistico attuale, li seguivo da diversi anni tramite internet e riviste del settore e vedere le loro opere dal vero, insieme a quelle dei grandi maestri del passato, hanno giovato alla mia evoluzione di pensiero e gusto artistico, oltrepassando così certi canoni che in precedenza creavano limiti.

Garzone di bottega prima, ora maestro nella tua scuola romana di recentemente apertura. Spiegaci qualcosa in più su questa tua nuova esperienza…

Vero! Prima allievo del maestro Gilardi nella sua bottega di Affresco in provincia di Torino (a lui devo tanto e lo omaggerò a vita), ora la mia scuola di pittura romana dove insegno ricette e metodi dell’arte antica, da quella fiamminga a quella preraffaellita avvicinandomi all’iperrealismo. Negli anni è diventata una vera bottega, una fucina d’arte quasi d’altri tempi, dove crescono nuovi artisti tramite i miei insegnamenti. In molti mi chiedono perché lo faccio, consigliandomi di seguire il banale concetto, «ama l’arte e mettila da parte», ma per me non è così! La condivisione non deve fermarsi ai social, condividere è sinonimo di divulgare, di tener in vita e se dovessimo pensarla diversamente tutto potrebbe prima o poi morire. Nell’arte dei miei allievi vive una parte del mio sapere che spero tramanderanno a loro volta. Ecco perché preferisco il detto «finché c’è memoria c’è vita».

Teschi e frutta sono elementi quasi sempre presenti nelle tue opere, simbolo per eccellenza del memento mori. Come affronti la diade morte/vita nella tua arte e di conseguenza nella tua intimità?

Sono considerato un pittore figurativo simbolista, adoro i simboli e il loro sussurrato messaggio. Credo che il concetto della Vanitas, in quanto ammonimento alla caducità dell’esistenza umana, sia il massimo ideale. Rifletto sempre sulla vita e sulla morte e comunemente si pensa la vita come amore e la morte come dolore, ma io preferisco rispondere con una mia tela che rappresenta Eros e Thanatos, riferendomi anche alla teoria di Freud e all’innato istinto di vivere e morire che diventa lo scopo della vita stessa, lo stimolo per eccellenza. L’anima di ognuno di noi è retta dall’equilibro che queste due forze raggiungono e la molteplicità dei comportamenti è data dalle varie possibilità di svolta che l’uomo ha per risolvere una situazione.

Abbiamo già accennato alla tela The sound of the soul – attualmente esposta a Villa Bagatti Valsecchi. A mio avviso l’opera già dal titolo denota una vasta profondità concettuale, con un preciso rimando all’immensità del proprio essere. Mi piacerebbe un tuo pensiero rispetto a quest’opera…

Esatto. The sound of the soul è una tela molto intima che mi riporta a quando ero fanciullo e ascoltavo il suono del mare all’interno di una conchiglia. In quel momento magico potevi essere anche sulle Alpi ma riuscivi a vedere il tuo mare, quello dove ti divertivi con la tua famiglia e che tanto vorresti rivivere. Un momento di felice malinconia che tieni per te e che non racconti facilmente perché ne sei geloso e si ha la paura di essere banalizzati e deturpare quella fantastica immagine. Ecco The sound of the soul letteralmente è il suono dell’anima, invita a guardare dentro ognuno di noi, in un intenso percorso spirituale ed emotivo, con l’intento di tirar fuori la vera immagine del proprio essere, così come ci riesce una conchiglia nella visione del proprio mare.

Questa immagine è diventata l’artwork dell’album degli Oblomov – duo di base a Bologna composto da Ilja llic e Zachar – potresti raccontarci come nasce questa collaborazione?

Gli Oblomov  sono fantastici, hanno dato voce e musica alle mie tele e non solo! Nel progetto c’è un altro grande artista di fama internazionale, Flavio Sciolè, regista, attore, performer e tanto altro, il quale ha creato i video degli Oblomov, trasmessi durante i loro live a ciclo continuo su un vecchio televisore. I video li porterò anche nelle mie mostre future. Con Ilja llic e Zachar ci siamo conosciuti in un mio viaggio in Russia all’entrata di un mostra, parlavano l’italiano a sufficienza per essere compresi, da lì ci siamo spostati per bere una vodka. Sai, una delle prime domande per rompere il ghiaccio è «cosa fai nella vita?», ed è da questa semplice domanda che nasce tutto.

Se ti chiedessi di citare un verso delle loro canzoni che ti ha particolarmente colpito?

Tra i testi ci sono frasi scritte in precedenza da me per le mie tele e da questo hanno tratto grande ispirazione. Ne riporto un paio: in The sound of the soul dice «le anime fluiscono nella pietra eternamente nera come l’aurea scia di una stella che nel cadere si spegne nel nulla», mentre in Sirene in burlesque «nonostante conosca la mia fine mi farò trascinare da quel soave canto», qui ritorna il concetto della Vanitas. Poi ce ne sono tante altre ma riempirei  la pagina.

Potresti darci un’anticipazione sulle tue prossime mostre e sugli eventi a cui parteciperai?

Ho da poco terminato una mia personale qui a Roma dal nome Pyros e qualche giorno fa ho avuto la conferma dal mio curatore Marco Dionisi per  la prossima personale a Palazzo Flangini a Venezia nel mese di Marzo. So che si sta lavorando per una futura esposizione al MACRO di Roma, poi Milano, Berlino, Pechino e New York (ancora devono uscire le date certe), il programma prevede un percorso molto impegnativo con possibili mostre collaterali.

Testo a cura di Claudia Stritof e pubblicato sulla rivista aARTic (19 marzo 2016).

Adriano Fida, The sound of the soul, olio su tela, 60x80

Adriano Fida, The sound of the soul, olio su tela, 60×80

***

Da quando abbiamo fatto l’intervista Adriano non si è fermato un attimo e dal 2 al 30 aprile sarà in mostra a Palazzo Flagini di Venezia, con l’esposizione dal titolo “MYTHOMORPHOSIS” di ADRIANO FIDA.

Inoltre è uscito il volume The Art in Monography, Vol XVI – Adriano Fida, edito da BlackWolf Edition-Publishing.

***

Adriano Fida. The golden King, olio e oro su tela, 50x60

Adriano Fida. The golden King, olio e oro su tela, 50×60

Oblomov cover.

Oblomov cover.

Adriano Fida, Vanitas, olio su tela, 40x80

Adriano Fida, Vanitas, olio su tela, 40×80

Condividi con i tuoi amici:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
  • Altro
  • Fai clic per condividere su Flipboard (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su Reddit (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
Share

Arte  / Press - Collaborazioni di Cult Mag

Claudia Stritof
Claudia Stritof, calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da "Le straordinarie avventure di Penthotal" di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola. Ama la fotografia, collabora con una galleria d'arte di Bologna che adora, ama il mondo del circo e i tatuaggi anche se ne ha solo uno e microscopico. Le piace raccontare ciò che c'e di bello nel mondo, ma anche ciò che è triste perché la vita non è “tutta rosa e fiori” come spesso la raccontano. Pensa fermamente che aveva ragione quel gran furbacchione di Henry Miller quando diceva “il cancro del tempo ci divora” e prima che il tempo la divori, ogni giorno lei si alza e si ricorda che vivere non è scontato.

You might also like

Il meraviglioso mondo di… Rocciolo!!!
Febbraio 13, 2016
Dall’ozio nascono i fior: Oblomov live
Gennaio 22, 2016
Icone! Pier Paolo Pasolini e Terry O’Neill
Gennaio 12, 2016

Leave A Reply


Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Segui Cult Mag...



  • About me

    Calabrese dal cognome un po' strano. Pensa che la frase “ce lo caghi che sei un artista” tratta da 'Le straordinarie avventure di Penthotal' di Pazienza sia geniale, eppure studia arte fin da piccola.

    Read More

  • Follow CultMag

  • Per contattarmi, inviare comunicati stampa, segnalare mostre e concerti inviare una email all’indirizzo: cultmag.it@gmail.com


  • About CultMag
  • Disclaimer
©CultMag 2014/2021